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giovedì 26 dicembre 2024 | ore 02:08

Gli scatti della Pro Patria

Il racconto di Marco Giussani, fotografo ufficiale dell'Aurora Pro Patria 1919: "Il nastro dei ricordi, appunto, mi riporta esattamente a sei mesi prima, in una fredda e umida serata di novembre".
Busto Arsizio - Marco Giussani

Al triplice fischio finale, per qualche instante, lo "Speroni" è stato avvolto da un silenzio surreale. Poco dopo, sono iniziati i festeggiamenti della squadra ospite che ha portato a casa la qualificazione al turno successivo. Per i giocatori, i dirigenti, i collaboratori e i tifosi si interrompeva bruscamente un sogno. Svegliarsi improvvisamente, dopo una stagione andata oltre qualsiasi aspettativa, che ha fatto sognare una comunità intera, è traumatico. I giocatori, stremati, sia fisicamente che mentalmente, si sono ritrovati vicini al cerchio di centrocampo. Come se in quello spazio, dove qualcuno in piedi con le mani sulle ginocchia e altri scrutando un punto indefinito nel cielo, cercassero il conforto. Tristi e avviliti, ma tutti uniti, tutti vicini. Uno dei segreti di questa squadra è stato proprio quello: il gruppo. Forte, determinato e unito, sempre, nelle vittorie e nelle sconfitte. Fortunatamente quei secondi sono durati pochissimo perché un applauso scrosciante dei presenti allo Speroni in concomitanza con i cori degli ultrà bianco‐blu hanno messo i brividi a tutti. Si, perché oltre ai risultati sportivi, che ovviamente per una Club sono importantissimi, le emozioni e la passione sono cardini imprescindibili. In un calcio globalizzato, che guarda ai profitti come il punto massimo, per noi romantici di questo meraviglioso sport, ci sono cose più importanti. Io, in piedi ad applaudire questi ragazzi speciali, nella mia solita postazione. Ed è proprio quando termina qualcosa che si tirano le somme e si viene pervasi da un ciclone di ricordi ed emozioni. Il nastro dei ricordi, appunto, mi riporta esattamente a sei mesi prima, in una fredda e umida serata di novembre. La partita di campionato tra Pro Patria e Pro Sesto, inizialmente prevista per le ore 15, per una problematica “Covid” viene posticipata alle ore 19. Per la prima volta varcavo le porte dello "Speroni". Ritirata la pettorina e il mio pass “Fotografi” andavo a posizionarmi dietro ai cartelloni pubblicitari. Per me era tutto nuovo....non era soltanto la prima partita per e con la Pro Patria, ma era in assoluto il mio esordio come fotografo sportivo. Per me, che sono cresciuto tirando calci ad un pallone nutrendomi con ore e ore di partite in televisione, è stato un passaggio quasi naturale. Unire la mia professione di fotografo alla mia passione per il calcio è (lo dico spesso e volentieri) un privilegio. Tornando a quella umida sera di novembre, ero posizionato a qualche metro dall’estremo difensore della Pro Sesto. Macchina fotografica settata ai minimi particolari e un super teleobiettivo. La fotografia sportiva è un'arte; richiede preparazione, concentrazione e un’attrezzatura che permetta di documentare tutto al meglio. Azioni, espressioni, gioie e dolori. I protagonisti sono loro: i gladiatori sul campo e il loro strumento di battaglia, il pallone. Non ho avuto neanche il tempo di ambientarmi che al quinto minuto Sean Parker trasforma in rete un assist perfetto di Giorgio Spizzichino. Che dire, non poteva iniziare meglio. Il suono meraviglioso della rete che viene gonfiata dal pallone, le urla di gioia, Sean Parker che allarga le braccia, Arisitidi Kolaj dietro di lui e poi un grande abbraccio collettivo. Bello, tutto veramente bello. La foto di Sean Parker che esulta per me rimarrà per sempre la più bella, la più importante. Quello scatto, del mio esordio, descrive esattamente ciò che significa per me la fotografia unita al calcio. Cogliere l’attimo e trasmettere agli altri le emozioni e le sensazioni di quell’istante. La partita, come tutti sappiamo, finì con una sconfitta. Con il senno di poi, vedendo come si è andato il resto della stagione, è stato un ko che non ha lasciato strascichi. Quello che rimane è l’imprinting con
questa società. Impossibile non essere coinvolti dall’ambiente, gioire e piangere delle vittorie o sconfitte. La mia grande motivazione, unita ai risultati professionali, ha spinto la Società a promuovermi come fotografo ufficiale. Un grande attestato di stima, ma anche una grande responsabilità. Trasferte più o meno lunghe, pioggia, vento o sole ero presente. Felice di svolgere il mio lavoro in un contesto veramente stimolante. Riscaldamento dei portieri, seguito da quello dei giocatori di movimento. L’ingresso in campo delle squadre e poi tutta la partita, che ovviamente viaggiava velocemente. Ottocento/novecento foto a partita, scattate in poco più di due ore. E poi la fase della post produzione. Ore e ore a riguardare gli scatti, selezionare i migliori per riuscire a soddisfare la platea ma anche me stesso. Il mio stile mi porta a scattare fotografie molto “strette”. Cogliere non solo l’azione di gioco, ma anche le espressioni e la frenesia del momento. Ho avuto la fortuna di conoscere questi splendidi ragazzi. Parlandoci di persona e con conversazioni fatte di parole scritte tramite uno smartphone. Il fotografo di una squadra di calcio può diventare parte integrante del contesto. Questo accade quando da entrambi le parti ci si stima e si lotta per un obbiettivo comune: il bene della Società. Ho avuto la fortuna di avere vissuto tutto questo. I titoli di coda mi portano ai ringraziamenti. Alla Presidentessa Patrizia Testa, al Direttore Sportivo Sandro Turotti, al Mister Ivan Javorcic, ai giocatori, ai collaboratori e ai tifosi. Il ringraziamento più grande va a Nicolò Ramella, vero professionista e amico a cui va la mia più grande stima. Grazie per avere creduto in me.
Per sempre bianco‐blu, per sempre tigrotto.

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