Milano / Malpensa
In camper per la 'Vecchia Signora'
Lo speaker che annuncia le formazioni: Buffon, Bonucci, Barzagli, Dybala, Higuain e via via tutti gli altri. I cori che si levano da una parte all’altra e poi l’inno ufficiale che risuona sul campo e sugli spalti. Adesso sì che l’attesa è davvero finita! Si comincia: pochi minuti ancora e sarà solo e soltanto il terreno di gioco a parlare. Certo, alla fine, avrebbe voluto tornare a casa con un epilogo differente, ma comunque, al di là del risultato, il ricordo e le emozioni rimarranno per sempre stampate nella memoria e nel cuore. Da Manchester, passando per Berlino e infine Cardiff... per lei, per la ‘Vecchia Signora’. “Beh non potevo assolutamente mancare - racconta il 34enne Fabio Francini - La Juventus si giocava la partita dell’anno, eravamo in finale di Champions contro il Real Madrid. Ci speravo, ci credevo che questa sarebbe stata la volta buona. Sì, è vero, purtroppo sappiamo tutti come è andata a finire (purtroppo), però è stata lo stesso una serata indimenticabile”. Fabio, da Cuggiono in Galles e in fondo un veterano delle finali bianconere. “Già! Prima, infatti, ero stato anche a Manchester (nel 2003) e a Berlino (nel 2015). E quindi, lo confesso, non avrei mancato l’appuntamento di quest’anno per niente al mondo”. Detto... fatto, allora, e si va. “Sono partito, con un gruppetto di amici, giovedì scorso attorno a mezzogiorno - continua il 34enne, tra l’altro uno dei componenti del direttivo dello Juventus Club di Cerano, in provincia di Novara - Volevamo vivere il viaggio a pieno e così abbiamo deciso di andarci in camper. Una tappa in Francia, il passaggio in Inghilterra e poi venerdì sera siamo arrivati a Cardiff. Avevamo un giorno davanti e l’abbiamo passato visitando un po’ la città e alcune zone attorno”. Fino al sabato, appunto, l’ora ‘x’, il momento più atteso. “Siamo entrati allo stadio circa 2 ore e mezza prima del fischio d’inizio - spiega il cuggionese - Il clima era già vivace: sono stato subito colpito dal tetto che copriva la struttura. Ho seguito altre due finali e diverse trasferte dei bianconeri in vari Paesi d’Europa (quest’anno, ad esempio, sempre in Champions League, oltre alle gare interne allo Juventus Stadium, sono stato a Barcellona), ma era la prima volta che guardavo una partita in uno stadio coperto. Sulle tribune era un misto di gioia e tensione; i cori, qualche sfottò con i tifosi avversari, all’inizio si sentivano soprattutto i supporters juventini, poi quando la sfida è cominciata ci si alternava con i tifosi del Real Madrid. Il silenzio al momento del gol di Cristiano Ronaldo, eravamo come pietrificati, quindi il pareggio di Mandzukic ci ha rianimati. “Forza ragazzi!”. “Juve, Juve...” e nel secondo tempo, purtroppo, sapete tutti come è andata a finire. Eravamo senza parole, tristi (è ovvio), comunque è stata un’esperienza indimenticabile che rifarei altre cento, mille volte. Appena fuori dallo stadio, quindi, le solite frasi che si dicono dopo una sconfitta in un appuntamento di questo tipo: “Basta. Adesso non voglio più parlare di calcio almeno per un bel po’ di tempo”, poi però, a mente fredda, ci pensi e ti accorgi che la fede e il cuore vanno oltre un risultato negativo. Dopotutto, lo dice anche il nostro inno “Juve... storia di un grande amore” e una stagione, anzi per essere precisi gli ultimi anni fantastici non si cancellano in 90 minuti. E allora ci siamo e ci saremo sempre”.
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