Milano / Malpensa
L'Heysel: "Un ricordo sempre vivo"
- 29/05/2015 - 10:35
- Castano Primo
- Sport
- Turbigo
I cori, gli abbracci, le sciarpe sventolate in aria e le magliette con i nomi dei campioni di allora mostrate con orgoglio e soddisfazione, poi all’improvviso il boato, le urla e il panico. Impossibile dimenticare, perché al di là di quale sia la tua fede calcistica, la strage dell’Heysel ha colpito indistintamente tutti gli sportivi del mondo. Lo sa bene il castanese Paolo Croci, juventino da sempre e che quella sera era proprio in curva Z, la dove tutto è cominciato. “Non dimenticherò mai quei momenti – racconta oggi il 72enne (che all’epoca di anni ne aveva 42) – Siamo entrati allo stadio poco prima delle 19 (ero con lo Juventus club di Castano e Turbigo, in pullman eravamo partita la notte prima per seguire la finale di Coppa Campioni tra la Juve e il Liverpool). All’inizio la situazione sembrava tranquilla: qualche sfottò, qualche coro (mi ricordo ad esempio che ho scambiato la mia sciarpa bianconera con una tifosa inglese), ma nulla che facesse presagire ciò che invece purtroppo è accaduto”. E’ stato un attimo. “Ho cominciato a sentire le grida di paura, ho visto la gente che correva e cercava di mettersi al sicuro, altri ancora a terra che non riuscivano a rialzarsi. Allora, subito abbiamo iniziato a scappare e con grande fatica, alla fine, siamo riusciti a scendere verso il terreno di gioco (i nostri posti erano più o meno a metà della curva) e una volta qui siamo entrati in campo. Mi guardavo attorno per trovare i miei amici, poi ho sentito qualcuno che mi chiamava e sono andato diretto sulla panchina dove mi sono seduto e sono scoppiato a piangere”. I minuti intanto passavano e finalmente Paolo e il gruppo arrivato dal nostro territorio sono riusciti ad uscire dallo stadio. “Ci siamo messi alla ricerca di un telefono per avvisare casa che stavamo bene – conclude – Quindi siamo tornati sull’autobus, ma mancavano tre persone che erano partite con noi. Non c’erano più, erano rimaste bloccate all’interno e solo dopo alcune ore finalmente ci siamo ritrovati, potendo così rientrare a Castano”. “Immagini che non ho mai dimenticato – ribadisce Fulvio Griffanti, anche lui castanese e anche lui all’Heysel quel 29 maggio del 1985 – Fortunatamente mi trovavo in un altro settore dello stadio e quando ho visto quello che stava accadendo, immediatamente sono uscito. Fuori ricordo ancora la gente a terra, con i soccorritori che stavano praticando il massaggio cardiaco”.
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