Milano / Malpensa
Giornata Mondiale del Teatro
Un anno fa chiudevamo i cinema e i teatri, sospendevamo le stagioni teatrali chi con scetticismo chi più convintamente, ma intimamente consapevoli che era la cosa giusta da fare. Sulla scia di una ripresa, dimostratasi poi una falsa partenza, nell’estate/primo autunno del 2020 tutti noi abbiamo sfoggiato lo slogan il teatro è un luogo sicuro, anche qui consapevoli che nel pieno rispetto delle regole i rischi sono esponenzialmente limitati; e tutto il mondo della cultura è pronto a ripartire, questa volta si spera definitivamente, appena ci saranno le condizioni per farlo.
Ma come spesso accade, nei momenti in cui si distoglie l’attenzione dal fare ci si ritrova inevitabilmente a pensare non più al come, ma al perché.
Il Teatro, che oggi simbolicamente festeggiamo nella sua giornata mondiale, è un risvolto, forse il più alto ed emblematico, della Cultura. E potremmo aprire ora la parentesi delle frasi fatte per sottolinearne il ruolo educativo, formativo, sociale… ma varrebbe forse la pena iniziare a crederci veramente. Ci crediamo veramente nel fatto che la cultura, intesa in ogni sua più ampia sfaccettatura, sia veramente utile? O viviamo piuttosto nella concezione che sia unicamente “interessante”, espressione di una vitalità intellettiva, edonistica e in una buona dose, autocelebrativa?
Se per un attimo riflettessimo sul fatto che la cultura non è solo interessante, ma è utile? Utile per chiunque, a qualsiasi livello e in qualsiasi campo. E non per l’esaltazione fine a sé stessa di concetti, opere, autori imparati a memoria e ripetuti alla maestra o professoressa di turno per puro compiacimento della propria media scolastica. È utile perché è il pensiero critico ciò che rende liberi, la capacità di riflettere, di guardare criticamente il mondo circostante; e il Teatro, la letteratura, la musica, la cultura in ogni sua sfera applicativa deve, anzi dovrebbe, volgere all’educazione e sollecitazione dello spirito critico. E se questo ci rende liberi, la cultura ha il preciso scopo di educare alla libertà.
Ecco dove il mondo della cultura sta avendo sempre più difficoltà; ci rivolgiamo sempre a nuove generazioni portando capitoli e pagine, dimenticandoci sempre più di spiegare a cosa servono; dimenticandoci, forse anche noi stessi a lungo andare, dov’è l’utilità, perdendoci edonisticamente dietro l’interesse suscitato.
Ma ciò che nasce come innocente dimenticanza, talmente ovvia da non dover essere sottolineata, entra generazione dopo generazione sempre di più nell’oblio. Dovremmo forse riflettere di più sull’accusa che troppo spesso è indirizzata a nuove generazioni così difficilmente coinvolgibili in qualsivoglia progetto sociale e così indifferenti di fronte a valori che fino a qualche decennio fa erano considerati fondanti. Se dobbiamo cercare una colpa, forse è il mondo stesso della cultura, in ogni sua declinazione, ad avere la responsabilità più grande: essersi dimenticato di trasmettere il suo profondo senso di utilità.
Tutto ciò è sotto i nostri occhi: la partecipazione politica, espressione più alta del “senso dello Stato”, è in vorticosa decrescita di generazione in generazione. La classe politica stessa, nella deleteria ricerca del consenso, degenera sempre più cercando di farsi accogliere e farsi capire da generazioni totalmente avulse da un mondo, quello della politica, che si è sempre disinteressato a loro. Non del loro voto, intendiamoci; ma della loro capacità di discernere il complesso.
Andare a Teatro non significa soltanto andare a vedere un testo o un’opera. Significa soprattutto andare a vedere qualcosa su cui riflettere, su cui discutere, qualcosa da giudicare. Invece abbiamo perso il giudizio critico di fronte al teatro; nel professionale, andiamo a vedere un prodotto che, con poche eccezioni, inconsapevolmente trattiamo come “assoluto e intoccabile”. Nel locale, andiamo a vedere l’amico o l’amica che recita o, in ambito scolastico, creiamo l’occasione per saltare qualche ora di lezione in un’alternativa modalità di ricezione para-nozionistica. Così pensiamo forse di trasmettere la passione per il Teatro? Nello stesso modo, magari, in cui cerchiamo di inculcare la passione per la Musica propinando terribili congetture acustiche con flauti dolci alla scuola Primaria?
E in questo contesto una riflessione sul Teatro locale per motivi pratici si riduce ad un accenno: il ruolo che questo enorme gruppo di volonterosi (anch’essi sempre più esigui di generazione in generazione) svolge necessita una riflessione strutturale proprio alla luce delle nuove consapevolezze. Il teatro locale è l’anello di congiunzione tra il mondo del teatro “professionale” e “serio”, se vogliamo, e la gente comune, soprattutto in territorio di provincia. Se non riusciamo a suscitare interesse nel nostro pubblico (e anzi spesso nemmeno riusciamo a portarlo fisicamente in teatro) le nostre energie e i nostri investimenti si concretizzano in mero autocompiacimento, destinato ad un’ineluttabile disfatta socio-economica. Dobbiamo creare nuovi paradigmi, nuove reti, nuove modalità per arrivare a tutti e soprattutto ai giovani, che sono coloro che possono dare aria e nuova linfa vitale a questo settore così importante ma così poco considerato. Ma
Per suscitare interesse e svolgere appieno il nostro ruolo, tuttavia, è più che mai fondamentale essere competitivi con il bagaglio di “aspettative dello spettacolo” che il pubblico, educato anche dalla televisione, in qualche modo si aspetta. Ciò significa supporto tecnico, impiantistica audio/luci di qualità e relativa gestione di qualità, significa regia, disegno complessivo, preparazione specifica del personale, preparazione tecnica di attori. Significa pianificazione, logistica, organizzazione, struttura. Significa questo e molto di più, ma soprattutto significa essere consapevoli del proprio ruolo sociale.
Di pari passo vanno gli altri soggetti della Cultura locale: orchestre, complessi musicali, cinema.. ad una sempre maggior specializzazione e miglioramento deve corrispondere una sempre maggior apertura e capacità di coinvolgere un pubblico anche e soprattutto in termini contenutistici.
Usciamo dall’idea che la cultura che noi cerchiamo di promuovere serva ad “altri” che se non la colgono “peggio per loro”. Serve soprattutto a noi! Prima ancora che ai bilanci di teatri e cinema in lento svuotamento (e già da parecchio prima del Covid), serve alla società e al mondo in cui viviamo e che stiamo costruendo! Serve in buona parte anche a noi stessi operatori culturali a qualsiasi livello, non per essere “interessanti” agli occhi del pubblico, ma per essere utili!
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