Milano / Malpensa
"Più preparati ma serve attenzione"
Una situazione ancora gestibile, ma che va monitorata e che deve far trovare pronti. Perchè se a febbraio e marzo l’impreparazione per l’onda d’urto del Coronavirus ha spiazzato tutti, ora ci sono mesi di lavoro, protocolli e una conoscenza più approfondita del virus. Il dottor Paolo Viganò, responsabile delle malattie infettive dell’Ospedale di Legnano, da noi contattato, fa il punto della situazione: “Il trend è sicuramente in risalita - ci spiega - ma è inutile snocciolare i dati e farli commentare alla gente comune. Analisi e riflessioni devono farle persone competenti, altrimenti nessuno ci capisce più nulla. Gli stessi esiti sono molto variabili, per esempio, il sierologico serve solo a capire se verosimilmente si è entrati in contatto con il virus, non dà risposte univoche”. Al momento, in Lombardia, sono solo cinque gli Ospedali dedicati con le rianimazioni (per la nostra zona è il Sacco di Milano), mentre su Legnano rimane il reparto di malattie infettive per i pazienti meno gravi e per un reparto di osservazione degenza a bassa intensità. “Attualmente si presentano al Pronto Soccorso tra i 3 e 5 casi giornalieri - ci spiega Paolo Viganò - ma riusciamo a gestirli, quelli più gravi li dirottiamo al Sacco”. “Al momento non sono in previsione immediata la riapertura di reparti Covid ma siamo pronti ad attivarci anche su Magenta in tempi rapidi se ve ne fosse bisogno”, ci confermano dall’Azienda Ospedaliera. Pazienti meno gravi? Virus mutato? Cosa è cambiato rispetto a marzo? “Il virus è assolutamente lo stesso - commenta Paolo Viganò - se avessero fatto questo numero di tamponi a marzo avremmo individuato almeno il 30% di casi in più all’epoca. Ma rispetto all’epoca sono cambiate tante cose nella conoscenza della malattia, nei tempi di intervento e nelle protezioni”. Ma andiamo con ordine. Protezioni: “Sono fondamentali - spiega Viganò - con distanziamento e mascherine, uniti al lavaggio delle mani e alla sanificazioni degli ambienti per ridurre notevolmente la carica virale del contagio, provoncando meno casi gravi”. Conoscenza della malattia: “Il punto fondamentale è intervenire per tempo. Ci sono state settimane che gente malata con sintomi e febbre alta non poteva essere ricoverata per mancanza di posti letto e ambulanze, se riusciamo ad intervenire in fase iniziale è più semplice provare a curare i pazienti”. Tempi di intervento: “Proprio questa è la vera sfida da cui dipenderà il futuro di questa seconda ondata: il perno è il medico curante. Ora con tanti sintomi similari (raffreddore, tosse, ecc.) è lui che, conoscendo i pazienti e le sintomatologie pregresse, deve cercare di indirizzare le persone a fare i tamponi o attivare terapie per il Coronavirus. Ats e medici di base saranno proprio il primo fronte di difesa per tutti, anche solo con triage telefonico; poi ci saremo noi negli ospedali, con caschi cpap e apparrecchiatura per la respirazione assistita. Altra cosa fondamentale è provvedere in tempi rapidi e in forma diffusa al vaccino anti-influenzale: tutte le categorie a rischio devono farlo, dai 65 anni in su e i bambini fino ai sei anni; così come chi lavora negli Ospedali. Se si pensa che normalmente in Italia si vaccina solo il 18% della popolazione adulta, vi è molto da lavorarci”. Per chiudere, una precisazione importante, e un consiglio: “Per tutti, è bene capire che se si parla di Covid-19 si parla di malattia, mentre se si parla di Sars-Cov2 si parla del virus. Con le attenzioni di tutti e il rispetto delle norme possiamo mitigare però questa seconda ondata”.
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