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Ospedale in Fiera: la rabbia dei donatori

L'Ospedale in Fiera, il vanto regionale per la sfida al Coronavirus, si è riusciti a realizzarlo. Ma è davvero servito?
Milano - Fiera Milano City

"Avevamo fatto una promessa e l'abbiamo mantenuta. Non abbiamo realizzato un ospedale da campo, come purtroppo a volte in emergenza ci siamo trovati costretti a fare in passato. Non abbiamo realizzato un lazzaretto, lo abbiamo detto sin dall'inizio. Qui in Fiera abbiamo creato un vero e proprio ospedale specialistico. Un ospedale ideato e costruito nel rispetto del paziente e di tutti gli operatori sanitari che li assistono. Perche' e' proprio la figura del paziente al centro di quest'opera. Chi entra qui avra' un ambiente, una struttura, attrezzature e assistenza ottimale per le proprie esigenze di salute".
Così diceva Guido Bertolaso lo scorso 31 marzo. L'Ospedale in Fiera, il vanto regionale per la sfida al Coronavirus, si è riusciti a realizzarlo. Ma è davvero servito?
Una struttura che, a fronte di un investimento tra i 21 e i 26 milioni di euro (la cifra esatta ancora non è quantificata), ha portato soccorso a poco meno di una ventina di pazienti totali.
Un ospedale talmente utile, che si avvia ad essere smantellato a breve, sebbene il presidente Attilio Fontana continui a ripetere che proprio la sua inutilità sia stata un clamoroso successo.
Ma visto che è stato realizzato con molti contributi di donatori privati, molti, adesso vorrebbero capirci di più, soprattutto alla luce della non scelta di strutture già disponibili (come l'ex Ospedale di Legnano).
"Di quei 21 milioni, 10.000 euro li ha donati il mio Studio, avendo io insistito perché fossero destinati proprio lì e non ad altre iniziative anti-Covid19. Sono un pirla". È il tweet che il 13 maggio scorso l’avvocato milanese Giuseppe La Scala, a capo di uno studio legale che annovera 200 avvocati e 150 dipendenti, ha lanciato in rete.
Forse, a emergenza finita, sarebbe il caso che arrivino risposte.

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