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domenica 22 dicembre 2024 | ore 12:47

RSA: gli aggiornamenti

Accorsi e Sant’Erasmo di Legnano, Golgi di Abbiategrasso, Dott. Mario Leone di Mesero, Don Cuni di Magenta, Don Felice Cozzi di Corbetta: le RSA del nostro territorio.
Mesero - Ingresso paese e RSA (foto internet)

Accorsi e Sant’Erasmo di Legnano, Golgi di Abbiategrasso, Dott. Mario Leone di Mesero, Don Cuni di Magenta, Don Felice Cozzi di Corbetta: le RSA del nostro territorio, così come tutte quelle della Lombardia, sono al momento sorvegliate speciali. Perché sicuramente sono stati commessi finora degli errori di gestione del contagio da Covid-19 nelle residenze assistenziali dedicate ai nostri anziani; ma ora che le inevitabili conseguenze e la portata dell'emergenza sanitaria sono ormai chiare, è ora di passare ai fatti, limitando i danni e impedendo che si verifichino nuovi contagi e nuovi decessi. I sindacati - CGIL, CISL e UI - in rappresentanza sia degli operatori che lavorano nelle RSA, sia dei pensionati che le abitano, stanno monitorando attentamente la situazione e, dopo una prima lettera indirizzata all’ATS Milano (l’ex ASL, per intenderci) che non ha ottenuto alcuna risposta, tornano a scrivere all’ente sanitario per sottolineare ancora una volta l’urgenza della questione. “Il tema è: sia chi ha accolto i malati di Covid-19 dimessi dall’ospedale, sia chi non l’ha fatto, in tutte le RSA il contagio si estende velocemente a tutti gli ospiti - ci spiega Vera Addamo, Segretario Generale di CGIL Funzione Pubblica Ticino-Olona, che copre i territorio di Legnanese, Magentino, Castanese e Abbiatense. - Le RSA, inoltre, non hanno disponibilità di tamponi: se non viene effettuata una sorveglianza sanitaria tra gli ospiti e tra gli operatori e non si provvede a prendere adeguate misure preventive, diventa un problema. In aggiunta in molte RSA c’è anche il tema della corretta dotazione di dispositivi di protezione individuale, che non sono solo le mascherine. I pazienti positivi andrebbero trattati con i tutoni, non con semplici camici o divise. I DPI devono essere forniti dai datori di lavoro, certo, ma è anche vero che per un lungo periodo c’è stata una difficoltà oggettiva nel reperire anche solo la singola mascherina. Il vero problema è che siamo arrivati ad approcciare questa emergenza del tutto impreparati”.

Siete riusciti a raccogliere numeri complessivi del fenomeno sul territorio?
“Ci stiamo provando, ma è difficile. Molte strutture sono omertose. Alcune denunciano il fatto di essere in difficoltà, anche perché non c’è un presidio sanitario adeguato da parte di ATS; altre invece tendono a tenere nascosta la situazione e le segnalazioni a noi arrivano da lavoratori e familiari, che non riescono a sapere cosa accade all’interno delle strutture. Gli operatori, in particolare, sono spaventati: sono a contatto con situazioni sanitarie particolari”.

La lotta al contagio nelle RSA dovrebbe comprendere misure particolari. La situazione ora vi sembra sotto controllo?
"Regione Lombardia ha fatto delle scelte, come quella di chiedere alle RSA di accogliere i dimessi dall’ospedale, a mio avviso sbagliata a priori. Le RSA non sono strutture adatte a creare nuclei di isolamento, proprio per come è organizzata logisticamente; sono luoghi che dovrebbero essere una soluzione sostitutiva all’abitazione di una persona, strutturate per accogliere situazioni complesse da un punto di vista socio-assistenziale, ma non da quello prettamente sanitario. Impreparazione iniziale, scelte non corrette e mancanza di tamponi che fanno proseguire il ciclo: l’operatore contagiato che torna a casa e contagia anche i familiari… è un tema importante. E la situazione si sta aggravando: ci vengono segnalate casi di ospiti e operatori positivi o sospetti tali, con assenza di tamponi. Ed è una situazione generalizzata sul nostro territorio”.

Ecco, allora, che si moltiplicano le richieste ai sindaci della zona di riferire sulla situazione delle RSA locali. A Magenta, dopo i 5 casi di positività denunciati dalla Don Cuni in una nota ufficiale, Progetto Magenta chiede al Sindaco Calati aggiornamenti regolari sullo stato della struttura. Stessa cosa chiedono le opposizioni a Corbetta. Il Primo cittadino, Marco Ballarini, ha comunicato in questi giorni l’esistenza di un caso accertato, positivo ma asintomatico, che al momento è in buono stato di salute. Un paio di operatori della casa di riposo hanno accusato sintomi, ma sono stati prontamente allontanati dalla struttura e posti in quarantena.

A Mesero, il Sindaco Davide Garavaglia ci ha aggiornati sui dati relativi alla Dott. Mario Leone: 22 deceduti, 23 ospiti attualmente nella struttura e 18 pazienti trasferiti (di cui 2 computati anche tra i deceduti), per un totale di 61. “Nel mese di marzo, infatti, c’è stato un nuovo ingresso”. Il Primo cittadino assicura che le cinque strutture in cui gli anziani sono stati trasferiti, tutte situate tra Milano e Pavia, non sono tra quelle che hanno scelto di ospitare i malati di Covid-19 in via di guarigione. Il raggio di azione dell’Amministrazione comunale, tuttavia, è davvero limitato: “La struttura è completamente privata, ad oggi. L’edificio è di proprietà comunale, ma è in gestione totalmente privata. Ritorna al Comune solo allo scadere della concessione data per gara d’appalto - ci spiega il Sindaco. - Noi non possiamo più toccare niente, né fare nulla fino a quel giorno, come se fosse in locazione: non si può entrare in casa dell’inquilino”. Le domande permangono, comunque: perché non sono stati eseguiti tamponi a tutti gli ospiti della struttura prima di trasferirli in altre RSA e, potenzialmente, diffondere il contagio? Il Sindaco Garavaglia ipotizza che i tamponi siano stati chiesti ad ATS, che poi avrebbe scelto di non farli. Abbiamo posto questa stessa domanda all’ATS, senza ricevere risposta. E, ovviamente, anche a Coopselios, la società che gestisce la struttura, da cui attendiamo un riscontro da diversi giorni, ma che in questo momento sceglie di non farsi trovare.

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