Milano / Malpensa
Crisi politica: le due strade di Salvini
- 09/08/2019 - 09:57
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Lo avevamo scritto in tempi non sospetti il 7 giugno: “Salvini ha acceso il fornello sotto la pentola a 5 Stelle” (https://www.logosnews.it/node/47198) e avevamo individuato marzo 2020 come il mese della crisi. Eppure, dato che anche la logica è ormai divenuta opinione, eccoci ad agosto a riprendere il filo di una narrazione che si è rivelata perfetta con l’eccezione della tempistica. Per raziocinio, infatti, sarebbe stato politicamente più lungimirante far saltare il banco o subito dopo l’inversione dei poli, che si è concretizzata al Governo dopo le elezioni europee. In quel modo lo stesso Salvini, accreditato al 35% in quel periodo, avrebbe avuto il tempo per formare un Governo e approcciarsi alla manovra economica con la calma necessaria. Oppure attendere marzo, per lasciare solo formalmente ai 5 Stelle l’onore e sempre più concretamente l’onere di una finanziaria per il disinnesco dell’iva. La scelta del leader leghista pare, invece, essere stato un mezzo passo, incominciato con il tentativo di raggiungere il 40% da solo, che ancora dista due punti percentuali, ma che non si è concluso per la paura che diventasse una caccia alle sirene. I segnali di allarme sono suonati chiari per la Lega, che dopo la questione dei soldi russi probabilmente ha capito che è meglio riscuotere immediatamente, lasciando ogni eventuale discorso sull’eventuale partner di Governo a quando i numeri saranno scritti nero su bianco. Lo stesso premier Conte ha ieri ufficializzato: “Salvini vuole capitalizzare il consenso elettorale di cui gode”. E Salvini non ha nascosto le carte: “Parola agli italiani; andremo da soli ed eventualmente ci cercheremo compagni di viaggio”, che in linguaggio decodificato si legge come andremo a fare campagna elettorale al sud, cercheremo di colmare il gap al 40% e, se non ce la faremo, abbiamo Giorgia Meloni già pronta a fornirci il suo potenziale 7%, per un Governo che duri 5 anni. E, detto fuori dai denti, è l’unica strategia politica che ha altissime chances di funzionare. Al di là delle dichiarazioni di facciata delle opposizioni che ricercano immediatamente il voto come alternativa, quasi nessuna di queste spera che effettivamente si vada alle urne ad ottobre. Il PD ne uscirebbe probabilmente ancora al di sotto del 20%, cosi come i 5 Stelle. Allo stesso modo Forza Italia crollerebbe drasticamente verso nuovi minimi storici. Dunque, la Lega si proietta verso 5 anni da protagonista e, se dovessimo scommettere oggi un euro, credo che lo farà da sola. “Fare con le tasse quello che si è fatto con l’immigrazione” è già lo slogan della nuova campagna elettorale salviniana e, c’è da crederci, frutterà consenso. La speranza è poi che realmente qualcosa si muova, perché l’immagine dell’Italia che esce da tutta questa vicenda è l’immagine di un Paese con problemi enormi, che in un anno e pochi mesi costituisce due Governi, di cui il secondo pronto a smantellare le riforme del primo (reddito di cittadinanza), per finanziare le proprie (flat tax). L’assurdo: il secondo Governo ha votato le riforme del primo. Intanto il l’Italia rimane ferma.
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