Milano / Malpensa
Brexit: salto nel vuoto
- 16/01/2019 - 18:08
- Attualità
Una serata che entrerà di diritto nella storia della politica europea. Martedì 15 gennaio 2019 verrà ricordato come il giorno del fallimento politico di Theresa May, leader inglese incaricata con il preciso scopo di portare a termine, assicurando il minor costo e il maggior vantaggio al suo paese, la volontà popolare espressa nel referendum sulla Brexit del 2016. Non ce l’ha fatta. Possiamo dirlo ormai, non con soddisfazione, evidentemente. A meno di clamorosi colpi di scena, la Brexit avverà come previsto il 29 marzo e avverrà senza alcun accordo tra le due parti in divorzio. Sarà quella che l’ex leader del parito indipendentista inglese, promotore dell’uscita dall’Unione Europea del Regno Unito, Nigel Farage definiva “Hard Brexit”. Non ci sarà nessun accordo, perché non si ha, tecnicamente, il tempo per ridiscuterne un altro. Le possibilità che questo non accada sono veramente minime, ma vale comunque la pena di riportare le due alternative nelle mani della May. In una prima eventualità potrebbe riproporre al parlamento un piano di recesso, modificato d’accordo con l’UE, entro il 21 gennaio, che però dovrebbe comunque essere approvato. In seconda battuta potrebbe ritirare definitivamente entro il 29 marzo la domanda d’uscita. Tuttavia appare ragionevole pensare che, senza concessioni da parte di Bruxelles circa un possibile slittamento della Brexit, queste possibilità non si verifichino, lasciando cadere le relazioni tra UK e Unione Europa nel buio dell’incertezza. Nell’ignoto legislativo, che attrarrà a sè la disciplina delle frontiere, dei permessi, del lavoro, degli accordi commerciali e di chissà quant’altro. Per dovere di cronaca, riavvvolgiamo il nastro. A partire dall’11 luglio 2016, giorno in cui la May ha preso residenza in quel di Downing Street, è incominciato il percorso biennale, che avrebbe dovuto condurci oggi ad un accordo che tutelasse allo stesso tempo Inghilterra, Unione Europea e volontà popolare. Le trattative sono state condotte per mano di Dominic Raab presso il negoziatore di Bruxelles, Michel Barnier e hanno raggiunto un primo esito positivo nel novembre 2018, quando è stato approvato dai 27 membri dell’Unione Europea una bozza di accordo, che prevedeva libera circolazione di merci, ma non di servizi e capitali, moderate limitazioni alla libera circolazione delle persone e una frontiera posta tra l’Irlanda del nord e l’Irlanda stessa, per favorire il commercio con Bruxelles. Questo accordo avrebbe dovuto avere il benestare del Parlamento inglese pochi giorni dopo, ma i primi segnali di pericolo arrivavano chiari anche dai banchi del governo conservatore inglese. Theresa May ha optato per posticipare a ieri il voto sul testo e ha dovuto affrontare in prima persona una mozione di sfiducia, che la vedeva perdente in partenza, ma che è riuscita a superare, ricompattando il gabinetto. Giunti al giorno decisivo, però, nonostante una forte campagna politica alla ricerca della comunione di intenti, il deal della May è stato brutalmente cassato. Sono stati ben 432 i no a questo tipo di accordo e solo 202 gli assensi. Il premier inglese affronterà oggi stesso una seconda mozione di sfiducia nelle aule di Westminster, ma uscirne indenne si preannuncia più difficile della prima volta. In tutto ciò però, lungi dal considerare di pari importanza il destino politico della May da quello dell’Inghilterra, occorre mantenere la concentrazione su cosa ne sarà di questa Brexit. Era veramente il miglior accordo possibile, come ha sostenuto per mesi la May? L’eventuale sfiducia porterà un nuovo premier o sarà il preludio di nuove elezioni? Come potete benissimo notare, l’assoluta mancanza di certezze, per primo nel governo inglese, è il presupposto migliore per la più sregolata delle fuoriuscite dall’Europa. Il Regno Unito sarà inevitabilmente vulnerabile, così come l’Unione Europea non ne uscirà certamente rafforzata, ritrovandosi zoppicante, per essere andata con lo zoppo. Ma più di tutti, alla fine, pagheranno quest’incertezza, non solo legale, tutti i cittadini, che da un giorno all’altro potrebbero veder mutare, senza alcuna tutela, la propria vita.
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