Milano / Malpensa
Di Maio e gli attacchi alla stampa
- 26/11/2018 - 15:32
- Il bastian contrario
- Politica
Che Di Maio non avesse mai lavorato, questo sì, era di dominio pubblico, ma che il Vice-Presidente del Consiglio avesse deciso in un futuro molto prossimo di non voler lavorare più, o per lo meno di farlo in condizioni complicate, beh questa è una notizia e, se possibile, ci sorprende. Giggino (da oggi ci sentiamo autorizzati a chiamarlo così, dato che lui chiama il Presidente cinese, che di nome fa Xi Jingping, Ping) in questi giorni ha apostrofato la categoria dei giornalisti, alla quale peraltro lui stesso appartiene (pubblicista, elenco Regionale Campania) come “infami e sciacalli”. Di rimbalzo, poi, Di Battista, il “Che” a 5 stelle, ha aggiunto, quasi che non bastasse, anche “prostitute”. Pare che anche lui non si ricordasse di essere un dipendente de ‘Il Fatto Quotidiano’, ma vogliamo credere che fosse colpa del fuso orario. Fatto sta che, dopo aver tirato fuori la loro indole da bulletti di quartiere, non solo non hanno chiesto scusa, ma hanno rivendicato le loro affermazioni con un istituzionale “quando ce vo’ ce vo’”. Di Maio, nel pronunciare certe parole, sa bene che avere un nemico comune aiuta a tenere unito il fronte, che è ormai in fase di zuffa permanente, gravemente diviso tra grillini governativi e grillini della prima ora, tuttavia non si rende conto che per lui è ora di scegliere da che parte stare. Di Battista, prossimo leader del M5S, può solo trarre beneficio da queste parole, fomentando la fede cieca dei suoi elettori, mentre Giggino, alla sua ultima legislatura, può solo che perdere il sostegno dei più “istituzionalizzati”. Di Maio, inoltre, proprio per la carica che ricopre, non può permettersi sia dal punto di vista morale, che dal punto di vista elettorale, di pronunciare certe parole. Principalmente per due motivi. Primo: il Consiglio dell’ordine dei Giornalisti della Campania sta valutando l’apertura di una procedura per la revoca del tesserino. Secondo: in lesione del principio della libertà di stampa, espresso in Costituzione all’art.21, e della dignità di chi tutti i giorni lavora per raccontare la verità dei fatti, sta fornendo egli stesso alla stampa delle buone ragioni per rendere più complicato il lavoro del M5S al governo. Dunque, a Di Maio, conviene sperare che questo governo abbia lunga vita, altrimenti non avrà più la forza per insultare la stampa, ma dovrà, necessariamente, andare a bussargli alla porta.
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