Milano / Malpensa
Di corsa nel deserto
Il deserto sullo sfondo, la fatica di ore e ore di corsa, la grande forza di volontà, ma anche la consapevolezza che tagliare il traguardo avrebbe avuto un significato ben più profondo del solo portare a termine la competizione. E Massimiliano Pandini, alla fine, ce l’ha fatta: un’altra straordinaria esperienza (o impresa, come qualcuno l’ha ribattezzata) conclusa, soprattutto l’ennesimo sogno che è diventato realtà per Niccolò, quel ragazzo conosciuto qualche anno fa ed al quale il 46enne di Castelletto di Cuggiono aveva fatto una promessa... “Correrò per te; quando parteciperò ad una gara è come se tu sarai lì con me e insieme arriveremo alla fine”. “Perché Niccolò, purtroppo, tutto questo non potrà mai farlo - racconta - Da sempre, infatti, è costretto a vivere su una sedia a rotelle; non si muove, non è in grado di leggere, scrivere o parlare (era la notte tra il 5 e il 6 aprile del 2000 quando è venuto al mondo con molte difficoltà, cominciando fin da subito una dura lotta per sopravvivere ed affrontando un destino che sembrava essere segnato tra uno stato vegetativo ed una vita brevissima; ha avuto una paralisi cerebrale per anossia perinatale), così il giorno che l’ho incontrato per la prima volta, mi sono detto che avrei voluto provare, nel mio piccolo, a fare qualcosa per lui e l’idea è stata appunto portare, anche se simbolicamente, Niccolò nelle varie corse alle quali ho preso e prenderò parte”. L’ultima, allora, in ordine di tempo, beh... qualcosa che dire singolare è davvero poco, ossia la ‘Oman Desert Marathon’. “Si tratta di una manifestazione che prevede 165 chilometri complessivi da percorrere in 6 tappe, interamente in autosufficienza - spiega Pandini - Certo la difficoltà di correre nel deserto e la fatica condizionata dalle temperature (l’alta umidità, il termometro che in certi tratti segnava addirittura 45 gradi), in diversi momenti, ti fanno crollare sia fisicamente che di testa (devi cercare di gestirti al meglio possibile), ma volevo e dovevo finirla per forza”. Sei, sette ore ed anche di più ogni volta, il grosso zaino sulle spalle (all’interno tutto il necessario) a rendere ancora più complicati i movimenti, però, nello stesso tempo, pure la chiara e precisa volontà di Massimiliano di raggiungere il traguardo, da una parte per mettere un ulteriore tassello nelle sue già diverse e particolari esperienze fatte in passato, dall’altra, soprattutto, per portare avanti quella promessa con Niccolò. “E, alla fine, ci sono riuscito - conclude - E’ stata un’esperienza unica ed eccezionale che, se mi chiedete se rifarei, beh... la mia risposta sarebbe sì. Competizioni di questo genere sono la mia passione e, così, anche se sono appena rientrato, mi sono messo subito a pensare quale sarà la prossima gara. Vorrei partecipare alla ‘Ultra Bolivia’ e, poi, c’è il grande sogno, la ‘Yukon Artic Ultra’ (corsa che parte dal Canada, che si svolge con i cani da slitta e considerata la più estrema al mondo; tenete conto che le temperature in quel caso possono scendere fino a meno 50 gradi)”. Due eventi, insomma, già messi nel mirino, ma che ovvio richiedono, contemporaneamente, tanto impegno e una parte economica non da poco e che qualche sponsor, quindi, potrebbe rendere più agevoli. Dopotutto, dietro ogni suo singolo appuntamento c’è, in primis, un nobile gesto.
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