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Le 'buone pratiche' dei nonni

Tradizioni, ricordi e memoria storica: il Centro Sociale Anziani di Vanzaghello tra i protagonisti della cosiddetta 'Vetrina delle buone pratiche' di ANCeSCAO.
Vanzaghello - Il Centro Anziani

L’hanno intitolato ‘Non abbandoniamo la vita’, proprio per rimarcare ancora di più quel bisogno negli anziani di sentirsi sempre partecipi e di continuare ad interagire nella società, anche quando i rapporti con le nuove generazioni si fanno sfilacciati o si è sopraffatti dal progresso che, con rapidità, sopravanza ogni preparazione e limita la capacità individuale e le ablitià lavorative. E loro la vita non l’hanno e non la stanno abbandonando di certo, anzi grazie al costante impegno ed alla quotidiana attività sono stati tra i protagonisti della cosiddetta ‘Vertina delle buone pratiche’ di ANCeSCAO. Un progetto specifico e di grande rilievo, insomma, che, nato nel 2009, ha portato il Centro Sociale Anziani di Vanzaghello a diventare un punto di riferimento per il paese e per le persone (dai giovani agli adulti). “Un’idea che parte da una parole semplice, ma fondamentale, ossia raccontare - spiega il presidente Angelo Boldrini - Raccontare per essere vivi, attivi e per continuare a dare quel nuovo, pescato proprio nel vissuto, trovato nelle tradizioni e riversato in una società mutevole e sempre diversa. Raccontare di se stessi, infatti, significa combattere la memoria, spesso debole, e generare il futuro, costruendo il ponte tra ciò che precede e quello che sarà”. In tale direzione, allora, ecco che ci si è mossi, mettendo in campo, appunto, una serie di ‘buone pratiche’, per arrivare alla popolazione e condividere con lei i vari momenti. “Tre in totale gli step realizzati - prosegue Boldrini - Il primo: un gruppo di appassionati ha prodotto alcuni libri, dove si descrive con leggerezza e, talvolta, con ironia, l’epoca difficile del primo e del secondo dopoguerra, fino agli anni ‘70/’80, lo spirito umanitario che univa gli abitanti e le sensazioni ed i sentimenti del periodo. Ciascuno ritrova, leggendo o ascoltando i testi, un po’ di sé, della sua famiglia, della lingua parlata in casa dai nonni e così via. Ci si convince che la conservazione del patrimonio linguistico locale non puà essere rinviata, né si può delegare l’ente o la scuola a compiere quella salvaguardia che, però, è alla portata di ognuno di noi. Si percepisce che c’è possibilità di essere ancora indispensabili e utili”. Quindi, la memoria storica. “Abbiamo pubblicato ulteriori volumi, oltre a due DVD (‘C’era una volta... i nostri anni felici in oratorio’ e ‘C’era una volta... quando eravamo ragazze’) ed a quattro mostre (‘Le Famiglie’, ‘I Gruppi’, ‘Gli Oratori’ e ‘I Matrimoni’). La memoria storica locale, appunto, e la descrizione di una società così differente e, per certi aspetti, lontana dall’attuale, può aiutare a costruire il senso di identità sociale dei ragazzi e rende vivo il legame tra presente e passato”. Infine, quello che è stato descritto come il coronamento dei due passaggi precedenti. “Perché tutto ciò non rimanga solo per ‘vecchi’ e per i pochissimi che già sanno - conclude il presidente - si è cercato un approccio didattico, coinvolgendo insegnanti e studenti delle Elementari e Medie. In particolare, quaranta anziani, a turno, nel corso degli anni, si sono recati nelle classi quinta Elementare e seconda Media e hanno trattato quaranta argomenti diversi, ma sempre inerenti il vissuto locale e le tradizioni del paese (il contenuto degli incontri è stato messo in internet, nell’ambito del progetto europeo ‘Nobits’, e ad oggi ha avuto 500 mila visualizzazioni). Non solo, abbiamo continuato ricostruendo, illustrando e traducendo in attività, per due anni di seguito, i ‘giochi di una volta’, con i quali si sono cimentati circa 400 alunni, mentre con i giovani di terza Media sono stati promossi momenti dedicati agli anni ‘60, che, poi, hanno dato luogo ad una mostra. Insomma, ‘buone pratiche’ che uniscono, fanno riflettere e, soprattutto, tengono accesi i ricordi”.

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