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domenica 22 dicembre 2024 | ore 12:01

Ma ora chiamatela 'Eutanasia'

Ore 20.10 di lunedì 9 febbraio:termina la vita di Eluana Englaro
Generico - bottiglie

Ci sono infinite morti private che si consumano nel dolore delle famiglie e degli amici; ci sono morti pubbliche, per destino o per necessità, che scatenano i sentimenti popolari. Quasi morbosi. Ma a livello mediale tutto è come quando morì Papa Giovanni Paolo II: niente immagini, la telecamera che al limite scorge un movimento delle tende e poi solo ‘voci’ che vengono riportate. Eluana è morta, o meglio, ed è giusto dirlo, è stata ‘aiutata’ a morire. E il punto focale è proprio questo, ma per capirla, per chi ancora non avesse ben chiara la storia, vediamo di ripartire dall’inizio. La giovane Eluana studia all’Università Cattolica, abita a Lecco e come tanti ragazzi della sua età passa i momenti liberi con gli amici. La notte del 17 gennaio 1992, malgrado inizialmente non dovesse uscire, raggiunge degli amici. Al ritorno una strada ghiacciata provoca lo schianto della sua Bmw contro un palo. Sbatte la testa. Subito trasportata in ospedale, viene soccorsa, ma all’arrivo dei genitori, di ritorno urgente dalla vacanza in cui si trovavano, la diagnosi non lascia dubbi: “Frattura dell’osso frontale e una frattura-lussazione della seconda vertebra cervicale; emorragia nell’emisfero cerebrale sinistro e lesioni in diverse parti del cervello”. I primi due anni, tra coccole della mamma e cure riabilitative, non danno i frutti sperati. Nel 1994 viene portata in cura dalle suore misericordine di Lecco. L’anno seguente il padre Beppino lancia la sua battaglia per divenirne tutore e poi per ottenere ciò che secondo lui la figlia vorrebbe: non vivere in quello stato. Ricorsi su ricorsi fino alla sentenza della Corte di Appello di Milano nel luglio dello scorso anno. E il viaggio fino ad Udine per l’ultimo capitolo della sua vita. In questi 17 anni Eluana non è apparentemente cosciente, trascorre le giornata mantenendo normalmente lo stato di veglia e di sonno, senza aiuto di un respiratore o altro per poter vivere. L’unico aiuto esterno è l’alimentazione e l’idratazione. Proprio le cose che andavano tolte per concretizzare la sentenza. Nello scorso ottobre un’emorragia sembra che possa portarla alla morte, ma incredibilmente si riprende da sola in soli quattro giorni. Dopo dispute legali e molti ‘no’, come quello della Regione Lombardia di ospitarla in una sua struttura, il padre Beppino ottiene il ‘via libera’ dalla casa di riposo ‘La Quiete’ di Udine. E’ l’ultima tappa. Venerdì scorso, alle 6 del mattino, viene sospesa l’alimentazione e la nutrizione. Il decreto del Governo per fermare la sentenza non viene firmato dal Presidente della Repubblica Napolitano, i nuovi testimoni che contrastano il parere del padre Beppino sulle reali volontà della figlia non fanno in tempo a fermare la procedura. E’ l’inizio della fine. Una fine rapida per arresto cardiocircolatorio la sera di lunedì, mentre il Senato discute il caso in aula. Gli interrogativi: l’alimentazione è trattamento terapeutico? La volontà ‘presunta’ può arrivare a togliere una vita? La percezione di coscienza e dolore era realmente nulla? Interrogativi inquietanti su quello che rimarrà, probabilmente, il primo ed unico caso di eutaniasia in Italia.

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