Milano / Malpensa
"Scuola, almeno tu che puoi..."
- 05/03/2021 - 10:22
- Editoriali
- Scuola
Chissà quante volte, o almeno parlo per esperienza personale, sarà capitato di sentirci ripetere dai più anziani "Vai a scuola, almeno tu che puoi; se avessi avuto io l'opportunità". Già, peccato, però, cari nonni (i miei me lo dicevano sempre) che ormai da un anno a questa parte, al di là di qualche sporadica occasione, sembra che in classe con i 'nostri' compagni non ci vogliano far andare più. E sia chiaro, nessuno qui sta discutendo e mettendo in dubbio la criticità del periodo, nè tantomeno la presenza del virus, ma dopo 12 mesi (sì, perchè è questo il tempo che è passato da quella che è stata ribattezzata la prima ondata del Covid-19; fine febbraio-marzo del 2020) permetteteci che qualche domanda e perplessità sulla gestione e su alcune decisioni ci vengano. Sempre gli istituti scolastici, appunto; sempre gli alunni, le cosiddette future generazioni, bambini e ragazzi per i quali si continuano a spendere parole, messaggi, spesso pure slogan "E' da loro che bisogna ripartire", "Sono il nostro presente e il domani", "Dobbiamo sostenerli", ecc... Eppure quando è davvero il momento di trasformare le semplici frasi in fatti concreti e mirati, ecco che si sceglie come al solito la via della chiusura. Fermi tutti, insomma: un copione, purtroppo, già visto e rivisto l'anno scorso e nel nuovo. 'Stop' alle attività in presenza e accendiamo ancora i computer per la didattica a distanza. "Meglio prevenire che curare" (è un vecchio detto, che in molti, tra le istituzioni stanno ribadendo quasi quotidianamente) ci mancherebbe, ma stavolta il tempo per programmare, organizzarsi e studiare, in modo particolare, azioni e interventi mirati e concreti per evitare che ciò accadesse ancora c'era; altroché se c'era. Invece no, nuovamente, si è preferito lasciare tutti a casa, per di più annunciandolo da un giorno all'altro.
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