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domenica 22 dicembre 2024 | ore 07:06

Chi è il vero vincitore?

“Ogni rivoluzionario ad un certo momento diventa conservatore”. La sensazione è che ci sia una frase tanto giusta e semplice per questo passaggio politico in sole otto parole.
Politica - Luigi Di Maio e Matteo Salvini (Foto internet)

Non vi dirò la fonte, né potrò assicurarvi che andrà in questo modo, ma la sensazione è che ci sia una frase tanto giusta e tanto semplice, tale da poter descrivere questo passaggio politico in sole otto parole: “Ogni rivoluzionario ad un certo momento diventa conservatore”. Ci avevano raccontato di un Mattarella fuori dalle sue linee di competenza, di attentato alla Costituzione italiana; addirittura la Meloni, in cerca di qualche attenzione, si era esposta insieme a Di Maio per l’”inpingment”, “inpiccment” o insomma, come si chiama. Era saltato un governo. Colpa di Mattarella, ci dicevano; non lo voleva concedere. Poi le pressioni dei mercati e dell’Europa. E ora? Tutto finito. I rivoluzionari sono diventati i nuovi conservatori. Ma cos’è cambiato in soli 5 giorni, perché si potesse tornare indietro e costituire il “governo del cambiamento”? Domanda complessa, certo. Risposta banale, forse, ma una risposta è pur da dare; dunque, a mente fredda, eccola. Col senno del poi, possiamo dire che Mattarella, meglio noto come il Presidente della Repubblica, tanto ben conosceva i meccanismi delle cose di potere da poter pensare che la questione si risolvesse piegandosi al diktat delle nuove forze. La trattativa è la regola del gioco ed è nelle facoltà del Presidente esercitarla in tutela degli interessi del paese. L’ha fatto e lo farà ancora. La nomina di Savona è stata solo la ”vittima” sacrificale da porre sull’altare, quando, evidentemente, la bocciatura era rivolta all’intera impronta politica che questo governo avrebbe voluto dare alle sue iniziative. Non lo sapremo mai, ma è lecito pensare che Mattarella, nel rimandare a casa il primo tentativo di governo, si aspettasse una sorta di comeback più istituzionalizzato. Ed è proprio questo, a mio avviso, quello che ha ottenuto e cercato fin dall’inizio. Basta leggere la lista dei ministri presentata il 27 maggio e confrontarla con quella nominata il 1 giugno: ribaltata! Non solo per quel che riguarda l’insostituibile euroscettico Savona, il quale è stato relegato ai “rapporti con l’UE”, senza portafoglio, affidando, per contro, il ministero dell’Economia a un tecnico decisamente più europeo come Tria, ma anche, solo per fare un esempio, il ministero degli esteri, delegato a Milanesi, già ministro di Monti e Letta, dunque establishment purissimo. Alla fine, tra nomi e materie, i cambiamenti totali sono stati almeno otto. Non vi viene da pensare che ci sia un vincitore?

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