Milano / Malpensa
L’infinita stupidità della censura
- 29/12/2017 - 11:29
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Nel 2018 ricorrerà il centenario della scomparsa del pittore austriaco Egon Schiele e i musei di Vienna si preparano all’evento con diverse esposizioni sponsorizzate in tutta Europa. Circa un mese fa, alcuni manifesti, che riproducono due nudi di Schiele, sono però stati censurati dalla compagnia di trasporti che gestisce la metropolitana di Londra. L’ente del turismo viennese ha replicato con intelligente ironia: “Siamo spiacenti, hanno cento anni ma sono ancora troppo audaci”.
Non è la prima volta che le opere del pittore austriaco destano scandalo, tanto che nel 1912 è stato anche arrestato per aver diffuso “immagini immorali”. Esponente importante dell’espressionismo austriaco, Schiele vive in pieno l’atmosfera febbrile della Vienna di fine ‘800/ inizio ‘900; nonostante l’apparente mentalità conservatrice, la città è in pieno fermento culturale e discipline molto diverse tra loro prendono spunto le une dalle altre. Si sviluppa una pittura che si focalizza sul soggetto e sulla sua interiorità, che propone all’esterno gli stati d’animo dell’uomo. Da tempo non è fondamentale rappresentare la realtà esterna in modo oggettivo; ora l’attenzione si sposta definitivamente sul soggetto, su come sente, e non solo su come interpreta, l’ambiente circostante. Le problematiche esistenziali si riflettono nella scelta di colori forti e in contrasto tra loro, nei tratti decisi e quasi aggressivi, nelle emozioni esasperate e nella forte polemica sociale. Nella pittura di Schiele, più che il colore, a prevalere è una linea nervosa e immediata che dà vita a figure scalfite, graffiate, inquiete, osservate con uno sguardo crudo ma non inclemente. È nata la psicanalisi, le pulsioni umane non sono più sconosciute e Schiele non ha paura di affrontare i tabù del suo tempo o di entrare in un mondo fino ad allora tenuto ben nascosto. È un artista audace e non perché ritrae persone svestite: per buona parte del ‘900 il corpo non è più un’astrazione classica, ma un palcoscenico, persino involontario, dove le paure degli individui sono protagoniste e si mostrano senza maschere. Un nudo può far vedere l’essere umano in tutta la sua vulnerabilità. Schiele è coraggioso perché sbatte in faccia che ciò che “scarnifica”, ciò che turba in profondità, non è mai rassicurante. Forse è ancora troppo intrepido in un momento in cui il dolore è ostentato, masticato in fretta e dura il tempo di una pausa pubblicitaria o di un click su una tastiera.
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