Milano / Malpensa
Cara Italia, in Libia...
- 19/04/2019 - 11:58
- Il bastian contrario
La situazione in Libia sta precipitando, ma il governo è fermo a Palermo. Nel novembre 2018 il capoluogo siciliano è stato la sede di una conferenza sul futuro della Libia, che aveva celebrato la vittoria del Primo Ministro Conte nel riunire in una simbolica stretta di mano i leader delle due fazioni libiche. Non c’era stata alcuna partecipazione diretta poi di Haftar alla conferenza, è vero, ma sembrava il segno di uno schieramento tattico di primo piano dell’Italia, oltre che una legittima sfilata politica. Eppure, ora che le cose vanno verso quei momenti in cui tocca decidere, pare fuori luogo l’immobilismo italico. Il nostro paese non può scegliere di non giocare la partita e, se non prende posizione, ha tutto da perdere. La marcia dell’esercito di Haftar, iniziata ormai da giorni, è giunta alle porte di Tripoli, dove resta arroccato il governo di Serraj, riconosciuto dalle Nazioni Unite. La Francia, che, a giudicare dai precedenti, forse sarebbe meglio non si occupasse di azioni in Libia, è invece apertamente schierata con i ribelli e ha recentemente bloccato anche una decisione europea di condanna alle mosse di Haftar. Lo scoppio di una nuova guerra nel nord Africa avrebbe un peso troppo grande per non prendere parte alle scelte che la indirizzerebbero. L’Italia tra le altre cose deve considerare alcuni elementi che la riguarderebbero da vicino, fra i quali come affrontare una nuova emorragia umana derivante dai conflitti a fuoco, che si riverserebbe inevitabilmente verso la Sicilia, quale schieramento adottare per ottenere il miglior trattamento in materia di regolazione dei rapporti tra stati e come tutelare gli interessi italiani di Eni e non solo verso giacimenti di risorse fossili. Insomma la lungimiranza richiederebbe di ricoprire un ruolo determinante, quasi decisivo, per le sorti libiche. La strada, però, parte molto in salita, e questo a causa della mancanza del sufficiente sostegno internazionale. Non si potrà contare su Macron e sull’Europa, anche se non è poi una grossa novità. Non c’è nemmeno, per il momento, un impegno così forte da parte di Trump, più interessato alle cose di casa sua, tanto da lasciare la posta più alta agli interessi della Russia. Nessuno può dire se agire con determinazione possa significare fare il passo più lungo della gamba; non farlo, certo, sarebbe ammissione preventiva di inadeguatezza.
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