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mercoledì 25 dicembre 2024 | ore 09:30

Università: matricole e laureati

Inchiesta - Studenti in università

Da qualche settimana, il Politecnico di Torino ha deciso di introdurre una norma ‘stanga-fuoricorso’: il Magnifico Rettore ha infatti deciso che tutti coloro che entro due anni dall’iscrizione non avranno conseguito i crediti relativi al primo semestre del corso di studi saranno automaticamente dichiarati decaduti e dovranno ricominciare la loro carriera universitaria, a partire da test di ingresso e prima immatricolazione. Una proposta che non sta mancando di fare discutere, ma che intercetta un problema che nel nostro Paese rimane molto serio, che si riassume in una duplice inadeguatezza: quella del sistema universitario nazionale e quella dei nostri studenti. Ecco qualche numero, tratto dall’ultima indagine Almalaurea sul profilo dei laureati italiani: oggigiorno, solo 3 diciannovenni su 10 si immatricolano all’università, con un trend in costante calo dopo gli anni del boom delle iscrizioni in nome della parità di opportunità. Su 100 giovani di età 25-34 anni, i laureati costituiscono solo il 22%; la media europea a 21 Paesi è pari al 37%, la media OCSE è pari al 39%. Si tratta di numeri che certificano, al di là di giudizi di merito sulla qualità dell’istruzione impartita in Italia (a parere di chi scrive molto superiore a quella di molti altri Paesi a noi molto vicini), quanto poco le nostre autorità pensino a valorizzare ed incentivare il settore dell’educazione. Ma veniamo allora all’inadeguatezza dei nostri studenti (che si spiega forse nel fatto che, nonostante tutto, i corsi di laurea italiani non sono poi così una passeggiata in termini di difficoltà di successo): la durata media degli studi è pari a 4,6 anni. Più nel dettaglio, è di 4,6 anni per i laureati di primo livello, 7,1 anni per i magistrali a ciclo unico e 2,8 per i magistrali biennali. Su cento laureati, 45 terminano l’università in corso: in particolare, sono 44 laureati triennali, 34 laureati a ciclo unico e 54 magistrali. Il voto medio di laurea è pari a 102,2; in particolare, è 99,4 per i laureati di primo livello, 103,8 per i magistrali a ciclo unico e 107,5 per i magistrali biennali. Questi magri risultati non possono che riflettersi in un ingresso nel mondo del lavoro penalizzato e penalizzante: sempre secondo Almalaurea, che ha recentemente indagato il profilo dei laureati nel mondo del lavoro, il titolo di studio è la caratteristica considerata più importante dalle aziende che assumono, mentre il sesto fattore più importante è la velocità del percorso di studi e l’ottavo è la votazione di laurea. I responsabili della selezione si sono espressi su varie problematiche, dichiarando un limitato orientamento pratico degli insegnamenti universitari (72%), scarsa attenzione al placement da parte delle università (38%), difficoltà nel comunicare ai laureati le reali richieste aziendali (36%). Ma cosa succede negli Atenei più scelti dai ragazzi del nostro territorio? Partiamo dal colosso, l’Università degli Studi di Milano, meglio conosciuta come la Statale: l’Ateneo registra 10.906 immatricolati triennali nell’anno accademico in corso, a fronte dei 3.597 delle lauree magistrali, segno che il secondo step del 3+2 rimane appannaggio di una minoranza di studenti. In questa università è più difficile arrivare all’iscrizione fuoricorso: si è definiti tali, infatti, se non si è terminato il percorso accademico entro l’aprile del quarto anno di frequenza alla triennale e del terzo per la magistrale. Un Ateneo in forte crescita come l’Università di Milano-Bicocca, invece, presenta un numero di immatricolati pari a circa la metà rispetto alla Statale, ma presenta un numero di laureati (nell’anno solare 2015) rispetto alle immatricolazioni dell’anno accademico in corso molto incoraggianti: nelle sole lauree triennali, sono 3.996 i laureati a fronte di 6.485 immatricolati (prendiamo naturalmente i due valori come riferimento assoluto per confrontare seppur in maniera imperfetta quanti studenti varcano le porte dell’Ateneo per la prima volta e quanti finiscono il loro percorso di studi). Numeri decisamente più esigui quelli dell’Università del Piemonte Orientale di Novara, in cui si osserva come il numero dei fuoricorso sia ingrossato dalle lauree a ciclo unico, come Giurisprudenza e Medicina, che non rientrano nel percorso 3+2: a fronte di 398 iscritti a questo tipo di laurea secondo gli ultimi dati, i laureati dell’ultimo anno sono stati 289, mentre 468 sono gli iscritti fuoricorso.

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