Milano / Malpensa
“In cerca di giustizia”
- 01/12/2014 - 08:57
- Sociale
Ieri sera l’Arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, ha presieduto in Duomo la Messa nella terza Domenica dell'Avvento ambrosiano. Il Duomo gremito di fedeli ha visto anche la presenza dei movimenti ecclesiali Comunione e Liberazione, Focolari, Rinascita Cristiana, Regnum Christi.
L'Omelia dell'Arcivescovo Angelo Scola del 30 novembre 2014
1. In cerca di giustizia
«Voi che siete in cerca di giustizia, voi che cercate il Signore» (Lettura, Is 51,1a). Sono le parole con cui Dio si rivolge al suo popolo durante il doloroso travaglio dell’esilio babilonese. Sono le stesse con cui si rivolge a noi oggi perché nell’azione liturgica la Parola di Dio raggiunge ciascuno di noi qui ed ora fino a descrivere il più profondo del nostro cuore, quello che, forse, non sappiamo o non osiamo nemmeno dire.
Sorelle e fratelli, chiediamoci allora: che cosa cerchiamo? Se siamo qui è perché – magari confusamente, non del tutto consapevolmente e decisamente – siamo in cerca di giustizia, intesa come piena verità della nostra persona, siamo in cerca del Signore.
2. Riconoscere nella realtà la presenza di Dio
Che cos’è la giustizia? Quando un uomo è giusto? Ce lo siamo ricordato altre volte: quando tende a vivere con autenticità tutte le relazioni costitutive (con Dio, con gli altri e con se stesso. È, in sintesi, il contenuto dei Dieci Comandamenti).
Ma qual è la strada che conduce alla giustizia? Per gli ebrei di più di 2500 anni fa che vivevano il travaglio dell’esilio babilonese, come per noi oggi che ne stiamo vivendo un altro non poco doloroso, la via maestra che conduce alla giustizia è tornare alle radici della propria fede: «Guardate alla roccia da cui siete stati tagliati, alla cava da cui siete stati estratti. Guardate ad Abramo, vostro padre, a Sara che vi ha partorito» (Lettura, Is 51,1b-2).
Dio stesso ci educa a cercarLo, cioè a scorgere la Sua azione nelle vicende del Suo popolo. Dio stesso ci conduce attraverso la nostra personale storia e la storia della famiglia umana.
3. Le opere testimoniano di me
Il brano tratto dal Vangelo di Giovanni documenta che intorno alla persona di Gesù iniziano la polemica ed il rifiuto. Si apre una discussione accesa: chi sono i necessari testimoni dell’autenticità della “pretesa” salvifica di Gesù?
Gesù chiama a testimonianza le opere che Egli stesso compie: è un criterio di giudizio elementare che ogni uomo tocca con mano ogni giorno. Molto più che dalle parole noi siamo convinti dai fatti.
I fatti, da una parte, si impongono: non ci chiedono il permesso di accadere, si presentano nudi dinanzi a noi, anche quando meno ce lo aspettiamo. D’altra parte, però, accadendo, provocano sempre la nostra libertà. E nel rapporto tra realtà e libertà non si danno “automatismi”. I fatti accadono, ma ci domandano di decidere: questo rende “drammatica” la nostra esistenza. La nostra è una libertà sempre chiamata in causa, mai compiuta una volta per tutte. È proprio perché la libertà si compia che, vigilanti, aspettiamo l’Avvento del Signore.
Nel passaggio del Vangelo di oggi, però, la testimonianza che autentica la missione di Gesù è ancora più radicale: «Le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato» (Vangelo, Gv 5,36). Le opere di Gesù testimoniano l’autenticità della Sua “pretesa” di essere il Messia. Ma le Sue opere non vengono da Lui. Egli le fa ma è il Padre che gliele ha date da compiere. Il Padre opera in esse. Il Padre è quindi il vero testimone. E le Sacre Scritture lo attestano: «Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me» (Vangelo, Gv 5,39). Bisogna notare che il verbo compiere nel testo greco dice molto di più di un semplice eseguire. Ha in sé l’idea del portare a compimento. Gesù opera fino alla fine, fino al «tutto è compiuto» (Gv 19,30) che Egli pronuncerà sulla croce. Quella che è in gioco è la relazione profonda d’amore tra il Padre e il Figlio nello Spirito Santo.
4. Noi diventiamo ciò che abbiamo scelto con il nostro amore
Al cristiano è dato di partecipare alla testimonianza di Cristo. SeguendoLo, diventa a sua volta testimone. Ma è tale solo se, come Gesù fa con il Padre, lascia trasparire le opere che lo Spirito di Gesù fa in lui, attraverso di lui, talora nonostante lui. Dio, infatti, come scrive Paolo ai cristiani di Corinto, «sempre ci fa partecipare al suo trionfo in Cristo e diffonde ovunque per mezzo nostro il profumo della sua conoscenza. Noi siamo infatti dinanzi a Dio il profumo di Cristo per quelli che si salvano e per quelli che si perdono: per gli uni odore di morte per la morte e per gli altri odore di vita per la vita» (Epistola, 2Cor 2,14-15).
Afferma Gregorio di Nissa: «Nell’attaccamento amoroso noi diventiamo ciò che abbiamo scelto con il nostro amore, o profumo di Cristo [se lo accogliamo] o cattivo odore [se lo rifiutiamo preferendogli altro]» (Gregorio di Nissa, Omelia sull’Ecclesiaste). Per il cristiano il quotidiano diventa così l’ “eroico”. Le azioni concrete della vita di ogni giorno, in forza della presenza dello Spirito Santo e della fede, comunicano Cristo e il Suo «odore di vita» (Epistola, 2Cor 2,15). Ciò domanda la disponibilità del cuore. In cosa consiste? Per dirlo con la parola evangelica, Egli ci vuole poveri. Perché povero è colui che vive nello stupore di ciò che Dio fa.
5. La giustizia di Dio è la sua misericordia
«Ma la mia salvezza durerà per sempre, la mia giustizia non verrà distrutta» (Lettura, Is 51,6b). La promessa raccolta da Isaia si è compiuta in Gesù. Le profezie si sono adempiute. Questo è il titolo della Terza Domenica di Avvento. Gesù è la misericordia del Padre fattasi carne. La giustizia di Dio è la sua misericordia. Papa Francesco ci aiuta a comprenderlo: «Colui che ci ha invitato a perdonare “settanta volte sette” (Mt 18,22) ci dà l’esempio: Egli perdona settanta volte sette. Torna a caricarci sulle sue spalle una volta dopo l’altra. Nessuno potrà toglierci la dignità che ci conferisce questo amore infinito e incrollabile» (Evangelii gaudium, 3).
In questa settimana teniamolo particolarmente presente attraverso gesti concreti di riconciliazione e di perdono. Il primo e più semplice modo per abbandonarci a questo sguardo di Dio su di noi ed accoglierlo è farne l’esperienza personale nel sacramento della Riconciliazione. Amen.
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