Milano / Malpensa
Riccardo Bauer
- 13/10/2022 - 10:01
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Quella che commemoriamo oggi è “una vita dominata da un ideale che diventa destino”. La vita è quella di RICCARDO BAUER, una delle voci più autentiche ed autorevoli dell’Italia repubblicana, temprato dal senso del dovere, modellato da un rigore morale inattaccabile. L’ideale che diventa destino, la sua stella polare, è la dialettica fra libertà, democrazia, tolleranza, giustizia sociale, rispetto dei diritti, valori e principi-guida di una vita intera.
L’occasione per ricordare questa figura esemplare di padre della patria è il 40° anniversario della scomparsa (avvenuta a Milano il 15 ottobre 1982), celebrato dalla pubblicazione, curata editorialmente da Francesco Oppi del Guado, di una parte del suo epistolario (recentemente riordinato): 150 lettere inedite, che rivelano un’esistenza forgiata da un’etica cristallina, testimoniata da un unico credo: “Sono arciconvinto che la politica della schiena dritta è e sarà sempre la migliore” (lettera del 31.5.1927).
Oppositore del fascismo della prima ora, quindici anni passati tra carcere e confino (dal 1926 al 1943), tra i fondatori del Partito d’Azione, esponente di spicco del CNL a Roma e membro della Assemblea Costituente dopo la Liberazione, fino ad oggi la vita di Riccardo Bauer è stata analizzata specialmente per il suo antifascismo e per la sua battaglia per la libertà e la democrazia. Questo primo corpus epistolare, suddiviso in quattro fasce temporali, va a coprire il gap, scoprendo la sua vena patriottica durante la Grande Guerra ed il suo temperamento dopo il 1945, quando lasciò la politica attiva per dedicarsi alla ricostruzione dell’Umanitaria, dove si era formato professionalmente, imparando “la profonda distinzione tra democrazia e demagogia” (lettera del 6.11.1969). Da quel momento, e fino alla scomparsa, le sue lettere (e i suoi scritti) mostrano la sua costante, rigorosa analisi critica della politica e della società dell’Italia repubblicana, insistendo a più riprese, fin dai primissimi anni della ricostruzione, morale e materiale del Paese, che se “il fascismo è caduto, non si sono modificate sostanzialmente le tare da cui il fascismo è stato generato: scetticismo, furberia, conformismo” (lettera del 10.12.1952).
La Grande Guerra. La famiglia. L’antifascismo. Il carcere. Il confino. La Liberazione. L’Europa. La politica. L’Umanitaria. La società civile. 150 lettere per delineare la figura di un anti-eroe per antonomasia. Con una avvertenza dello stesso Bauer: “Questo è un libro sesquipedale, leggetene solo qualche riga per giorno, in dose omeopatiche”.
RICCARDO BAUER (1896-1982)
Fiero antifascista e patriota democratico. Volontario nella guerra 1915-18, fu più volte ferito (dalla guerra tornò “abbondantemente bucherellato”, menomato all’orecchio destro e, sotto la scapola destra, con una scheggia di shrapnel, “quell’ospite di piombo per grazioso dono austriaco” - lettera del 10 dicembre 1931), e decorato con una medaglia di bronzo al valore, due croci di guerra e un encomio solenne.
Si laureò all’Università Bocconi nel dicembre del 1920, divenne poi segretario del Museo Sociale della Società Umanitaria. Da subito avversario del fascismo, e sostenitore delle idee di libertà e democrazia, fin dal 1922 collaborò alla rivista Rivoluzione Liberale di Piero Gobetti, per poi fondare con Ferruccio Parri e altri, nel luglio del 1924 (dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti), il settimanale Il Caffè (con l’identico titolo del foglio settecentesco dei fratelli Verri), proponendosi come “l’opposizione più irreducibile contro quelle teorie e quella pratica di violenza, sopraffattrici della libertà di coscienza, e del diritto politico, che hanno caratterizzato e caratterizzano il regime presente” (a detta di Bauer, Il Caffè fu “il periodico più sequestrato durante il fascismo”).
Nel 1926, dopo le leggi “fascistissime”, con Carlo Rosselli organizzò la fuga di Filippo Turati dall’Italia. Più volte arrestato, nel 1927 fu confinato a Ustica, dove conobbe Carlo Rosselli, e poi a Lipari. Liberato nel 1928, rientrò a Milano e riprese la propria attività politica su base clandestina; insieme a Ernesto Rossi, Parri e altri più giovani (Umberto Ceva, Mario e Alberto Damiani, Max Salvadori), pose le basi del movimento di «Giustizia e libertà» con l’obbiettivo di accentuare la lotta antifascista. Ma per il tradimento di un aderente (Carlo Del Re, la cosiddetta “spia del regime”), fu arrestato il 30 novembre del 1930, trasferito a Roma nel carcere di Regina Coeli, e condannato nel maggio 1931 dal Tribunale Speciale a vent’anni di reclusione, trascorsi per la maggior parte a Regina Coeli, in compagnia di Ernesto Rossi, e poi al confino, nell’isola di Ventotene, dove erano stati destinati anche Ernesto Rossi, Sandro Pertini e Altiero Spinelli e qui rimase fino al luglio del 1943.
Dopo l’8 settembre 1943 fu tra gli organizzatori della Resistenza a Roma, capo della Giunta militare del CLN ed esponente del Partito d’Azione, di cui era stato uno dei fondatori. Nel 1945 venne nominato Consultore nazionale, ma abbandonò presto la politica attiva per dedicarsi all’opera di ricostruzione della Società Umanitaria, “una delle poche cose che ci fosse in Italia meritevoli di rispetto e che, naturalmente, è uscita sconquassata ma non doma dalla cura radicale del fascismo e della guerra”. Sotto la sua guida, l’ente milanese tornò ad occupare un posto rilevante a livello nazionale e internazionale, specialmente nel campo della formazione e dell’educazione degli adulti.
Dimessosi dall’Umanitaria dopo la contestazione del 1969, dai primi anni ’70 fino alla scomparsa, fu alla testa della LIDU, la sezione italiana della Lega Internazionale dei Diritti Umani, e del Comitato per l’Universalità Unesco, impegnato sul fronte della pace e della solidarietà tra i popoli. Fu collaboratore di riviste politiche e culturali (da Relazioni Internazionali a Il Ponte, da Critica sociale a Nuova Antologia) e di quotidiani (l’Avanti! e il Corriere della Sera, sotto la direzione di Mario Borsa prima e di Alberto Cavallari poi). Tra le pubblicazioni: Kermesse Italica (1958), Alla ricerca della libertà (1959), Il dramma dei giovani (1977), ABC della democrazia (1980). Le sue memorie, Quello che ho fatto. Trent’anni di lotte e di ricordi (a cura di Piero Malvezzi e Mario Melino) vennero pubblicate postume nel 1987.
Di Bauer ci rimangono gli scritti e tutto il suo epistolario, che stanno a testimoniare (come diceva Bauer di Ernesto Rossi, amico e compagno di lotta), “finché la parola libertà ancora farà balzare in petto il cuore degli uomini, come la libertà si serva con l’intelletto, col sacrificio di sé, con assoluta dedizione”.
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