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domenica 24 novembre 2024 | ore 03:31

"Quei militari tenuti nascosti..."

Cuggiono - Un cortile storico del paese

In questi giorni che si celebra il ricordo della Liberazione e dei sacrifici di chi lottò, spesso donando la vita, per la pace, riemerge tra antichi documenti una storia di casa nostra. Una storia che testimonia come la comprensione umana vada oltre la capacità di dialogare tra lingue diverse, la storia del coraggio di portare avanti degli ideali e riconoscere il valore della vita umana. “Mio padre è deceduto nel 2010 - ci racconta Enrica Nosotti - Mettendo a posto alcuni sui documenti mi sono imbattuta in alcune lettere che riprendono storie che nemmeno ricordavo più”. Torniamo agli anni conclusivi della Seconda Guerra Mondiale, quando Cuggiono, come gran parte del territorio, vede la presenza contrapposta di truppe alleate e truppe tedesche. Battaglie, rappresaglie, accampamenti... la guerra è nel vivo e la gente non può che attendere che il tutto finisca il più velocemente possibile. Alessandro Nosotti, protagonista della nostra storia, è all’epoca fidanzato con la futura moglie Giuseppina. Abitava nella cascina ‘Croci’ di via Ticino a Cuggiono. Cuggiono - Il documento di Alessandro Nosotti“Due soldati alleati, forse americani o sudafricani, persero i contatti dal loro comando - ci racconta la figlia Enrica - mio padre e la sua famiglia li trovarono e li nascosero dietro il fienile della loro fattoria. Li sfamarono di notte, per non essere visti, e li curarono per mesi prima di riuscere ad accompagnarli al comando alleato”. Un gesto di grande umanità e di grande coraggio: “Quasi ogni giorno i tedeschi andavano in fattoria per portare via uova, ortaggi e animali, anche l’asinello a cui erano tanto legati. Per fortuna non sia accorsero mai dei soldati nascosti”. A fine guerra ecco, direttamente dal maresciallo al Comando Supremo delle Forze Alleate nel mediterraneo il “riconoscimento per l’aiuto [...] che li ha messi in grado di evitare di essere catturati dal nemico”. Ma non solo, anche il grazie per aver rispedito in patria l’anello di un aviatore americano (Harry Partridge) precipitato il 14 novembre 1944 nei pressi di Boffalora Ticino.

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