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domenica 24 novembre 2024 | ore 11:45

L'amianto che uccide: rinviati a giudizio

Otto i decessi accertati e tutti per mesotelioma. Erano impiegati alla centrale termoelettrica, adesso sono arrivati i rinvii a giudizio. A maggio, inizierà il processo.
Turbigo - La centrale termoelettrica

Dovranno rispondere di omicidio colposo, per avere omesso di applicare le leggi sulla salute e sicurezza sul lavoro, esponendo indebitamente i lavoratori alle fibre di amianto. Otto decessi, tutti per mesotelioma e tutti, inoltre, erano impiegati alla centrale termoelettrica di Turbigo (ex Enel). I rinvii a giudizio sono arrivati qualche giorno fa e, il 15 maggio prossimo, inizierà, ufficialmente, il dibattito davanti alla quinta sezione penale del Tribunale di Milano, anche se per la parola “fine” vera e propria, molto probabilmente, bisognerà attendere ancora del tempo. Comunque, un tassello importante è stato raggiunto. “Basta morti sul lavoro e del lavoro! Speriamo in un processo giusto e celere e che si arrivi, presto, alla sentenza”. Non hanno mai smesso di ribadirlo le famiglie delle vittime, sono tornati a ripeterlo, adesso, dopo che si è saputo dei rinvii a giudizio, e lo stesso hanno fatto anche le varie realtà ed associazioni che, fin da subito, sono scese in campo al fianco di quanti lavoravano alla centrale turbighese e dei loro familiari. Dall’Associazione Italiana Esposti Amianto, passando per Medicina Democratica, insieme in difesa della salute e delle persone. Tanto è stato fatto, però tanto si può e, soprattutto, si deve continuare a fare, perché l’amianto non lascia scampo. Una battaglia che dura, ormai, da più di 30 anni, in principio semplici ipotesi e supposizioni, ma che, col tempo, sono diventate sempre più tragiche e terribili verità. “Grossi quantitativi di polvere di coibente con amianto sono andati dispersi sugli impianti che sono i nostri ambienti di lavoro…” – così si poteva leggere sull’esposto presentato alla magistratura dal consiglio unitario dei delegati della centrale termoelettrica nel 1987; due anni dopo, ecco la costituzione a Casale Monferrato dell’AEA (Associazioni Esposti Amianto) e, contemporaneamente, si va avanti con le richieste di incontro con i vertici dell’Enel (appunto, per discutere della situazione), i controlli e le verifiche. Nel 1991, poi, il primo caso accertato di mesotelioma (alla fine, come detto, saranno 8 i morti per questa patologia) e, attorno alla metà del 2000, si istituisce il registro esposti ed il protocollo sanitario, e, contemporaneamente, c’è l’incontro con l’allora direttore generale dell’Asl MI1 e con la commissione dei medici, oltre alla trasmissione degli esiti dell’iscrizione al registro ed alla partecipazione alle sedute della giunta regionale per confrontarsi e ricostituire il fondo per il finanziamento della rimozione dell’amianto. Davvero tante, ancora, le serate che l’AIEA, puntualmente, organizza nel territorio per rapportarsi con la cittadinanza e a Castano, infine, è stato creato, con la collaborazione dell’Amministrazione comunale, uno sportello amianto che il secondo ed il terzo martedì di ogni mese è a disposizione della popolazione. E, ora, i rinvii a giudizio, in attesa del processo.

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