Milano / Malpensa
“Ricordare è far rivivere”
“Ricordare è far rivivere”: queste parole hanno aperto la conferenza in preparazione alla 29° Giornata Nazionale della Memoria delle vittime innocenti delle mafie, che si celebra il 21 marzo, cui hanno partecipato studenti di terza e quarta dell’ISIS Bernocchi. Marisa Fiorani, ospite d’onore, ha raccontato la storia di sua figlia Marcella Di Levrano, assassinata nel 1990 per aver reso una testimonianza chiave per il Maxiprocesso di Lecce, che accertò l’esistenza della Sacra Corona Unita pugliese. L’incontro è stato organizzato dal Laboratorio storico sociale dell’Istituto insieme al presidio di Legnano dell’associazione Libera contro le mafie. Marisa ha ricordato tutte le tappe del difficile cammino insieme alla figlia: l’incontro fatale di Marcella con l’eroina quando frequentava l’istituto magistrale di Brindisi, gli anni terribili della dipendenza, in cui arrivò a farsi usare dai fornitori in cambio delle dosi, poi la disintossicazione quando scoprì di essere incinta e si trovò a dover crescere da sola una bambina. Marcella non poté mai liberarsi del suo passato: continuò a ricevere minacce da persone legate alla malavita. Il 24 giugno del 1987, senza dire nulla alla madre, Marcella decise di andare alla questura di Lecce e fare nomi e cognomi dei boss che gestivano il traffico di eroina nelle piazze di Brindisi. Volle mantenere l’anonimato, ma la sua testimonianza fu registrata e trascritta. Sulla base di quelle trascrizioni venne istituito il Maxiprocesso iniziato nel novembre del 1990. L’8 marzo di quell’anno Marcella, allora ventiseienne, non tornò a casa. Il suo corpo fu ritrovato il 5 aprile nel bosco dei Lucci, una proprietà privata tra Mesagne e Brindisi. “Quando andai a denunciare la sua scomparsa, non mi presero sul serio. Mi dissero: ‘I drogati fanno così, poi tornano’. Sui giornali scrissero che si trattava di una prostituta, ma io sapevo che non era vero”, ha raccontato Marisa, che più volte negli anni aveva cercato aiuto dalle forze dell’ordine, vedendosi sbattere la porta in faccia. “Non mi costituii parte civile nel procedimento penale, non avevo più fiducia nella giustizia”, ha ricordato ancora. “Fin dal primo giorno però ho cercato la verità. Mi sono rivolta all’associazione Libera, che mi ha sostenuta in questa lotta.” Nel 2020 Marisa Fiorani accettò l’archiviazione definitiva del procedimento per l’omicidio di sua figlia: “A quel punto venne fuori tutta la verità che non avevo mai potuto conoscere, perché ebbi il diritto di leggere gli atti processuali”. Nel corso degli anni, le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia avevano permesso di capire il movente dell’assassinio: Marcella era diventata una testimone scomoda. Il riconoscimento del sacrificio di Marcella venne allora anche dallo Stato, che nel luglio 2022, con decreto ministeriale, la dichiarò “vittima innocente di mafia”. Alberto Santacatterina, il pm che chiese l’archiviazione nel 2019, in una testimonianza video ha definito il gesto di Marcella “un atto totalmente gratuito e di generosità smisurata”, soprattutto in un’epoca in cui non era previsto alcun beneficio per i collaboratori di giustizia, un’epoca in cui anche solo affermare l’esistenza della mafia era quasi impensabile. Ecco perché, sempre per citare Santacatterina, “quello che ha raccontato Marcella ha fatto storia”. Oggi Marisa Fiorani si dichiara “orgogliosa di quella figlia”, la cui memoria è vivo esempio per le nuove generazioni. “Il valore di queste testimonianze è inestimabile”, commenta la dirigente Elena Maria D’Ambrosio. “Come scuola, accogliendo il ricordo di Marcella Di Levrano e di tutte le vittime innocenti di mafia, facciamo nostra la battaglia di Marisa Fiorani per la verità e la conoscenza: la mafia ha paura della cultura”.
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