Milano / Malpensa
Obesità: 800 milioni di persone nel mondo
Sono 800 milioni le persone nel mondo che convivono con l’obesità, e secondo le stime saranno 1,9 miliardi nel 2035, ovvero 1 persona su quattro, con un impatto economico stimato di 4,32 trilioni complessivamente sul pianeta a causa di sovrappeso e obesità. L’incremento stimato dell’obesità fra i bambini dal 2020 al 2035 è del 100 per cento. Sono questi i numeri allarmanti di un’emergenza globale.
Secondo i dati Istat presentati lo scorso ottobre durante il quinto Italian Obesity Barometer Summit, in Italia nel 2022 la percentuale di adulti con sovrappeso e obesità, pari al 46,3 per cento, è tornata ai livelli pre-pandemia, durante la quale si era raggiunto il picco del 47,6 per cento. Tuttavia, è solo il numero di persone con sovrappeso che è sceso, tanto che quello delle persone con obesità è passato dal 10,9 per cento del 2019 all’11,4 per cento nel 2022, con un picco del 12 per cento nel 2021. Solo il 17,2 per cento della popolazione di 3 anni e più in Italia dichiara di consumare almeno 4 o più porzioni di frutta o verdura al giorno. Oltre 21 milioni di persone, ovvero il 37,2 per cento della popolazione di 3 anni e più, dichiarano di non praticare né sport né attività fisica nel tempo libero, con marcate differenze di genere: è sedentario il 40,6 per cento delle donne contro il 33,6 per cento degli uomini. Il 59,1 per cento delle madri di bambini fisicamente poco attivi ritiene che il proprio figlio svolga attività fisica adeguata.
"Dare voce al tema e ai numeri dell’obesità significa alimentare il dibattito istituzionale sulla necessità di programmare interventi mirati in termini di prevenzione e cura - dichiara la senatrice Daniela Sbrollini, presidente Intergruppo Parlamentare Obesità, diabete e NCDs e Vice Presidente della 10^ Commissione Permanente (Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale) del Senato - È giunto il momento di mettere in pratica gli obiettivi indicati in molti dei programmi politici nazionali e internazionali degli ultimi quindici anni che hanno avuto il merito di riuscire a sensibilizzare l’opinione pubblica e politica sul tema, ma il demerito di non essere ancora attuati. Bisogna creare una forte alleanza tra istituzioni governative, parlamentari, scientifiche, accademiche e persone con obesità per coinvolgere e rendere partecipi tutti della necessità di agire ora".
"Milioni di italiani soffrono di obesità, tanto che possiamo parlare di una “pandemia silente”, ma finora non è stato concepito un piano per assicurare cure e misure di prevenzione adeguate - spiega l'onorevole Ugo Cappellacci, presidente 12^ Commissione Permanente (Affari Sociali) della Camera dei Deputati - Bisogna riconoscerla come patologia prioritaria nel Piano Nazionale Cronicità, assicurare l’accesso uniforme sul territorio nazionale alle prestazioni sanitarie e alle terapie indicate per il trattamento. Con questa nuova sensibilità e una forte volontà politica, daremo risposte concrete alle persone che vivono sulla propria pelle queste problematiche".
"Obesità, denutrizione e cambiamento climatico, condizioni riunite sotto il termine ‘Sindemia Globale’ e tra loro legate da scopi di profitto e inerzia politica, rappresentano le più grandi minacce per la popolazione mondiale - aggiunge il professor Andrea Lenzi, presidente OPEN Italy - Per affrontarle è necessario un ripensamento radicale dei modelli di business, dei sistemi alimentari, del coinvolgimento della società civile e della governance nazionale e internazionale. La governance a livello globale, di Paese e città è importante, ma di solito è frammentaria, bloccata in silos, spesso focalizzata sulla scelta individuale e incapace o non disposta a prendere le distanze da una forte influenza commerciale e da obiettivi politici a breve termine, motivo per cui è necessario lavorare insieme per cambiare percorso per una migliore salute umana e planetaria".
"Prevenire l'aumento di peso e il riacquisto di peso sono impegni essenziali per centrare gli obiettivi dell'Organizzazione Mondiale della Sanità e per far sì che sia efficace il trattamento dell’obesità, malattia responsabile di una percentuale significativa di malattie non trasmissibili (NCD), tra cui quelle cardiovascolari, diabete, malattie del fegato e molti tipi di cancro - ribadisce il professor Luca Busetto, vice-president for the Southern Region of European Association for the Study of Obesity - È anche accertato scientificamente che l’eccesso di peso rappresenta un fattore predittivo per lo sviluppo di complicanze, e l’aumento di mortalità, da COVID-19. È ora che l’obesità venga considerata una priorità sociosanitaria da tutti gli attori coinvolti, per il presente e il futuro del nostro sistema".
"L’obesità, in termini di impatto clinico e di spesa medica per il trattamento delle malattie che ne derivano, costituisce una sfida che, se non adeguatamente affrontata, finirà per condizionare le generazioni future con importanti conseguenze negative sul sistema sanitario e sulla nostra società tutta - continua il professor Rocco Barazzoni, Presidente della Società Italiana dell’Obesità - È giunto il momento di mettere in atto soluzioni di politica sanitaria e di governance clinica che siano in grado di dare risposte concrete alle persone con obesità e soprattutto che coinvolgano e siano disponibili per l’intera popolazione, al fine di aumentare il supporto e diminuire le disuguaglianze di accesso alle cure sul territorio".
"Siamo in un momento cruciale per affrontare la sfida dell’obesità - commenta il professor Paolo Sbraccia, vicepresidente IBDO Foundation - Nonostante il crescente riconoscimento come malattia cronica, l’obesità continua a rappresentare una crisi sanitaria globale. Tutte le parti interessate – operatori sanitari, responsabili politici, cittadini – devono lavorare insieme per incrementare la consapevolezza sulle cause e sull’impatto dell’obesità e trovare soluzioni per migliorare lo stato della cura di questa malattia in tutto il mondo. Attualmente, gli elevati costi associati alla prevenzione e al trattamento fanno sì che, in molti paesi, la cura dell’obesità non riceva un’attenzione adeguata. In futuro, i sistemi sanitari nazionali dovranno adottare nuovi modelli di erogazione dei servizi sanitari che seguano le indicazioni dell’OMS. La cura dell’obesità richiede lo stesso livello di urgenza riservato alle altre malattie non trasmissibili, per le quali un accesso equo alle cure, la centralità della persona e la presenza di risorse adeguate costituiscono un punto fermo dell’assistenza sanitaria".
"Nella lotta all’obesità, il contrasto allo stigma sociale costituisce un obiettivo prioritario, accanto alle politiche di prevenzione e agli interventi mirati su alimentazione e sport - spiega Giuseppe Fatati, presidente Italian Obesity Network - Occorre un approccio multidisciplinare, di cui la lotta allo stigma sia parte centrale, per far sì che sia considerata da parte dei governi, dei sistemi sanitari e delle stesse persone con obesità, come già fatto dalla comunità scientifica, una malattia cronica che richiede una gestione di lungo termine, e non una responsabilità del singolo. Questo potrebbe contribuire in modo decisivo a ridurre la disapprovazione sociale e gli episodi di discriminazione verso chi ne è affetto, oltre a incidere sulle cure e sui trattamenti per l’obesità".
"Desidero sottolineare l'importanza cruciale di riconoscere l'obesità come una vera e propria malattia cronica che richiede non solo un'attenzione clinica particolare, ma anche un intervento coordinato sia a livello nazionale che internazionale - prosegue il professor Angelo Avogaro, presidente Società Italiana di Diabetologia - L'obesità non è semplicemente una questione di scelte individuali o di stile di vita; è il risultato di una complessa interazione di fattori genetici, ambientali e sociali. L'obesità è anche un potente fattore di rischio per lo sviluppo di numerose altre condizioni, tra cui le malattie cardiovascolari, il diabete di tipo 2, diverse forme di cancro, e disturbi muscolo-scheletrici. Questo la rende non solo una questione di salute pubblica di primaria importanza, ma anche una sfida sociale ed economica significativa, con impatti profondi sul sistema sanitario, sulla produttività e sulla qualità della vita degli individui. Una letteratura ormai consolidata indica che una riduzione del 5 per cento del peso diminuisce il rischio di diabete del 40 per cento con un miglioramento clinico significativo dell'emoglobina glicata e della pressione arteriosa. Perdite di peso anche moderate hanno migliorato, non solo i più comuni fattori di rischio, ma anche esiti di malattia come steatosi epatica e apnee notturne nelle persone con diabete di tipo 2".
"Il pieno riconoscimento dell’obesità come malattia da parte del Parlamento italiano è uno dei più importanti risultati raggiunti dall’Intergruppo Parlamentare Obesità, diabete e NCDs - conclude Iris Zani, presidente Amici Obesi - Occorre ora dare un seguito concreto a questa importante conquista, con un’alleanza tra scienza, istituzioni pazienti, promuovendo la prevenzione e la lotta allo stigma, ma soprattutto sollecitando affinché la malattia venga inclusa nei LEA per fare in modo che migliaia di persone in grosse difficoltà possano ricevere le cure adeguate e poter affrontare un adeguato percorso di cura. Solo così potremo dire che si vuole realmente combattere l’obesità ormai dilagante nel nostro Paese e in tutto il mondo".
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