Milano / Malpensa
Gita a Silent Hill
- 24/10/2022 - 09:02
- Over the Game
“Fear of blood tends to create fear for the flesh”, ossia: “La paura del sangue tende a creare paura per la carne”. Era il 1999, e con questa frase iniziava il filmato introduttivo di Silent Hill, survival horror targato Konami che catapultò le nostre PlayStation in un’esperienza orrorifica nuova e totalmente disturbante, piantando i semi di quella che sarebbe diventata una delle più celebri saghe del genere, imperniata su un elemento di distinzione tipico, il cosiddetto “orrore psicologico”. Non è facile parlare di ‘Silent Hill’, anche perché il materiale che tratteremo è così corposo e complesso, che servirebbero almeno sette articoli per riuscire a trattarlo tutto. In questo articolo, cercheremo di condensare le origini, la storia e le varie caratteristiche, che rendono ‘Silent Hill’ una delle saghe videoludiche più amate e imitate di tutto il mondo. Seguiteci in questo viaggio tra le strade della città più famosa del mondo dei videogiochi, alla scoperta dei suoi segreti e dei suoi orrori, che hanno cambiato, per non dire rivoluzionato il genere dei survival horror.
La fondazione
Il nostro viaggio tra le malsane nebbie di Silent Hill inizia nel settembre del 1996, in coda a un'estate eccezionalmente calda per gli amanti dell'horror videoludico che, dopo la scorpacciata ansiogena offerta dall'originale ‘Resident Evil’, erano più che pronti a incanalare i propri sudori notturni verso nuove frontiere di deprivazione onirica. Un'opportunità colta al volo dagli alti papaveri della divisione business di Konami che, mossi dal desiderio di cavalcare l'onda del terrore, radunarono una manciata di sviluppatori con un passato curricolare tutt'altro che eccellente, incaricati di mettere insieme un gioco action/horror dal taglio hollywoodiano. Nel team di sviluppatori (che in seguito verrà battezzato con il nome di ‘Team Silent’) c’era il giovane graphic designer Keiichirō Toyama, che si era fatto le ossa lavorando alla grafica di giochi come: ‘Snatcher’ e ‘International Track & Field’. L’idea di partenza di Konami, era una palese scopiazzatura di ‘Resident Evil’, l’unica differenza risiedeva nella visuale del gioco: se in ‘Resident Evil’ le telecamere erano fisse e impossibili da modificare; nel nuovo gioco della Konami la visuale sarebbe stata affidata ad una tecnologia a dir poco avveniristica. Tale tecnologia permetteva alla telecamera di seguire il personaggio nell’ambiente di gioco, regalando al videogiocatore un’esperienza quasi cinematografica. A differenza degli ordini della direzione centrale, gli sviluppatori del gioco erano stufi di non essere riconosciuti dall’azienda per il loro duro impegno lavorativo; e molti di loro (in primo fra tutti lo stesso Toyama) meditavano di lasciare la Konami per cercare fortuna altrove.
Fu così che il team creativo decise di infischiarsene completamente degli ordini della direzione e di procedere su un’idea di Toyama: e se invece di una grande magione infestata, fosse una grande città fantasma il luogo che il personaggio deve esplorare? L’idea era geniale, ma metterla in pratica era quasi impossibile; infatti a differenza degli ambienti chiusi, dove lo scenario è già costruito e pronto per essere esplorato, per gli ambienti aperti il discorso era diverso. A causa delle limitazioni dei motori grafici del periodo, l’ambiente di gioco negli ambienti esterni, si costruiva letteralmente sotto gli occhi del videogiocatore; il che rendeva l’esperienza di gioco alquanto ridicola e grottesca. L’idea stava per venire scartata a causa di questo difetto grafico, ma uno dei graphic designer suggeri di utilizzare la nebbia per nascondere questo difetto. Dopo una serie di ulteriori modifiche al motore grafico per aumentare la velocità di costruzione dell’ambiente, venne aggiunta la nebbia, arricchita da una sottile pioggia simile a cenere, per rendere l’esperienza ancora più estraniante; funziono. Oltre a nascondere il difetto del motore grafico, la nebbia rendeva l’ambiente angosciante e pieno di tensione, mantenendo il giocatore in uno stato ansiogeno ai limiti della sopportazione. È inutile dire che quando il team presento il lavoro finale alla direzione, questi ultimi non furono molto contenti del risultato finale, definendolo troppo spaventoso e non in linea con l’idea che avevano in mente. Ma dopo la presentazione della demo al E3 del 1998, in occasione dell'uscita di ‘Metal Gear Solid’; i dirigenti della Konami si resero conto che avevano fra le mani un potenziale successo da svariati milioni. Dopo il via libera, l’anno successivo ‘Silent Hill’ arrivò in tutti i negozi specializzati del mondo e il successo fu stratosferico.
Una storia aberrante
A differenza di ‘Resident Evil’, la cui storia era parecchio superficiale e stereotipata, la trama di ‘Silent Hill’ era intrigante e a suo modo complessa, retta da un numero contenuto di personaggi e con la possibilità di variarne lo svolgimento fino a modificarne enormemente il risultato finale. Il protagonista, un uomo di nome Harry Mason e sua figlia adottiva Cheryl sono in viaggio verso Silent Hill per una vacanza. I due hanno un incidente per evitare una ragazza che di punto in bianco si para davanti a loro in mezzo alla strada. Harry si risveglia dopo l’impatto, e scopre che Cheryl non è più in auto con lui. Inizia a cercarla per le strade della città, e incontra quella che diventerà un’amica fidata, la poliziotta Cybil Bennet, la quale si trova a Silent Hill per indagare su un traffico di stupefacenti. Harry intanto si muove per conto suo alla ricerca di Cheryl, nonostante la città sia infestata da mostri pericolosi. Nella chiesa della città incontra la stravagante Dhalia Gillespie, che lo indirizza all’ospedale. Lì incontra il dottor Kaufmann, scontroso uomo di poche parole, e Lisa, una dolce infermiera che assiste Harry in diverse occasioni. Harry incomincia a indagare sui misteri che circondano Silent Hill, e scopre che nel traffico di stupefacenti, su cui sta indagando Cybil è coinvolta una setta che pratica la magia nera e sacrifici umani. A questo punto la testa di Harry è affollata dalle domande: che ruolo ha nella vicenda la ragazza che ha causato il suo incidente, che appare e scompare come una visione in più di un’occasione? In che modo sono invischiati Kaufmann e Lisa con il traffico di stupefacenti? Cosa sono le creature che infestano la città? E soprattutto, dov’è sua figlia? Attraverso questa trama il giocatore si trovava coinvolto in una vicenda intrisa di mistero e carica di suspense; capace di insinuare in esso un senso di smarrimento e di perturbante angoscia.
Un uomo comune alla corte dell’incubo
Un’altra differenza importante che distingueva ‘Silent Hill’ da ‘Resident Evil’, risiedeva nel suo protagonista principale. Se in ‘Resident Evil’ avevamo un commando d'élite addestrato e preparato per qualsiasi situazione, nel videogioco della Konami abbiamo un semplice uomo alle prese con l’orrore e la follia. Di Harry sappiamo che è uno scrittore rimasto vedovo, padre di una bambina adottata, e benché il suo amore di padre gli da il coraggio per affrontare situazioni allucinanti, questo non fa di lui un atleta e nemmeno un tiratore scelto. Basta farlo correre un po' per causargli attacchi di fiatone, e soprattutto, ha una pessima mira. Per il giocatore risultava frustante sparare e mancare il bersaglio, sprecando proiettili preziosi. Come nei romanzi di Stephen King, Harry è una persona volutamente normale, non è allenato e non ha mai sparato un colpo in vita sua. Inoltre, la sua resistenza fisica è piuttosto bassa, e bastano un paio di attacchi per fare in modo che il suo stato di salute precipiti. Tutte queste caratteristiche, aiutavano il giocatore ad immedesimarsi meglio con il personaggio, rendendo la tensione tangibile e palpabile, e lo aiutavano a capire che avrebbe dovuto programmare le sue mosse con ingegno e astuzia, se voleva arrivare al livello successivo.
Gli orrori della nebbia
Anche i mostri che il giocatore affrontava durante la partita erano differenti. Infatti, al posto degli zombie e delle creature mutanti, ci si trovava ad affrontare un intero bestiario di esseri aberranti e dai tratti inquietanti. Questi esseri potevano spuntare dalla nebbia o dal buio in qualsiasi momento, lasciando il giocatore spiazzato e totalmente impreparato davanti a questi incubi in carne e ossa. Oltre all’aspetto, le movenze lente e gli scatti improvvisi, rendevano questi esseri imprevedibili e ancora più pericolosi agli occhi del giocatore. L’unico modo per capire se si trovavano in zona, era attraverso l’utilizzo di una radio tascabile recuperata da Harry a inizio gioco. Quando un mostro si trovava in zona la radio cominciava a crepitare; più il mostro era vicino, più le interferenze radio aumentavano fino a impazzire del tutto. Nonostante questo espediente aiutasse il giocatore a prepararsi alla lotta o alla fuga, non lo aiutava a capire da dove sarebbe arrivato l’attacco. Inoltre, l’incredibile varietà delle creature, costringeva l’utente a stare sempre all’erta e a non abbassare mai la guardia. Per il design delle creature, si deve lodare il lavoro svolto dal game designer Masahiro Ito, che si è inspirato a molte fonti cinematografiche e letterarie. L’aspetto dei mostri ricorda a tratti le opere di R. H. Giger e a tratti gli esseri aberranti che popolano la fantasia dello scrittore inglese Clive Barker. L’origine dei mostri è dovuta ai poteri di Alessa Gillespie, la figlia di Dhalia. Alessa ha il potere di alterare la realtà e di piegarla alla sua visione del mondo. Questi poteri si sono attivati dopo che sua madre tento di sacrificarla al dio della setta di cui è a capo. In seguito al fallito sacrificio, Alessa fece sprofondare la città nel suo eterno incubo popolato di mostri, che altro non sono che la manifestazione fisica delle sue paure e del suo eterno dolore.
Una sirena dall’altro mondo
Per quanto riguarda la meccanica di gioco, l’utente poteva esplorare la città liberamente, pur nei limiti della mappa in dotazione al personaggio. Era possibile anche esplorare vari ambienti interni facoltativi, alcuni dei quali contenenti informazioni sulla storia della città, oggetti extra e, non meno importante, in certi casi la possibilità modificare la storia e accedere a ben cinque finali alternativi a fine gioco. La particolarità di Silent Hill, era che si spostava fra tre piani di realtà differenti, e tutti e tre rappresentavano i tre stati dalla psiche umana: abbiamo la città normale che rappresenta il conscio; poi abbiamo la città perennemente avvolta dalla nebbia infestata da mostri, che rappresenta l’inconscio, la parte che non conosciamo e dove le paure si manifestano; e per ultimo abbiamo L’Otherworld, che rappresenta il subconscio, dove vengono rinchiuse le paure e i desideri proibiti; quest’ultima dimensione divenne l’incubo perenne di ogni videogiocatore. Durante il gioco, una sirena d’allarme antiaereo si metteva improvvisamente a suonare nella nebbia; questo era il segnale che il personaggio stava per essere catapultato nell’Otherworld, un posto paragonabile all’inferno: il buio era totale, l’unica zona illuminata era circoscritta al lume della torcia, e gli scorci di ambiente diventavano sporchi, ogni dettaglio sembrava impregnato di buio, sangue, ruggine e marcescenza. Lo spazio di manovra si riduceva notevolmente (spesso anche metà del pavimento spariva, sostituito da grate metalliche sospese sull’abisso) e ciò spesso impediva di evitare i mostri correndo o lasciandoseli alle spalle. Non solo, ma l’Otherworld li rendeva ancora più grotteschi e pericolosi, e il numero di proiettili o di attacchi per abbatterli aumentava sensibilmente. In alcuni punti, misteriosi e inquietanti macchinari si mettevano rumorosamente in funzione, alimentati da motori invisibili. Le fiamme spuntate nel buio mostravano sacrifici umani disposti come monumenti agli inferi. La radio portatile impazziva di interferenze, mentre lamenti inumani riempivano incessantemente l’aria, e rumori provenienti dalle pareti facevano trasalire il giocatore. L’atmosfera era molto credibile, il pericolo era presente ovunque, come una malattia altamente infettiva. Uscire dall’Otherworld regalava ogni volta un profondo sospiro di sollievo, ma mai la certezza di doverci tornare, quando la sirena avesse suonato di nuovo dal profondo della nebbia.
Un nuovo concetto di terrore
Grazie a quello che poi sarebbe stato definito orrore psicologico, il gioco riusciva a spaventare l’utente non sfruttando effetti “jumpscare” a più riprese, bensì seguendo il gusto horror tipicamente giapponese di insinuarsi nella psiche delle persone, creando un’estesa, indefinita ma palpabile sensazione di angoscia. La nebbia che rende vaghi i contorni, il buio che impedisce di vedere, ospedali, scuole, luna park, luoghi definiti sicuri dove le persone si sentono protette, trasformati nel peggiore degli incubi. La possibilità che basti un piccolo seme di follia perché il tuo migliore amico ti punti una pistola addosso e prema il grilletto. Come già detto prima, l’angosciante realtà incarnata dall’intera Silent Hill altro non è che la visione malata delle paure e del dolore di una bambina. Creature dalle forme indefinite e dai tratti animaleschi, che diventano bestie feroci, i compagni di scuola mutati in spietati mostriciattoli assassini, dottori e infermiere che infrangono il loro giuramento nel modo più abbietto, causando deliberatamente tutto il dolore possibile e inimmaginabile a chi dovrebbero invece curare. È il mondo che si capovolge, mandando irrimediabilmente in frantumi ogni nostra certezza basilare sul mondo che ci circonda. E questa possibilità sconcerta e terrorizza ancora oggi come allora.
Influenze maligne
Silent Hill è un videogioco unico nel suo genere, specie nelle varie fonti d’inspirazione che lo caratterizzano. Se Resident Evil prendeva spunti dai film di George A. Romero, gli sviluppatori del virtuoso Team Silent, prendevano a piene mani da numerose citazioni e rimandi alla tradizione horror occidentale. Si potrebbe scrivere un intero libro sui vari riferimenti e easter eggs presenti nel gioco, ma ci limiteremo ad alcuni esempi: ad esempio, le opere di H. P. Lovecreft e di Edgar Allan Poe si respirano nelle atmosfere cupe e soffocanti, nelle situazioni terribili al limite del delirio, nelle creature del mondo sommerso, nella setta perversa pronta a sacrifici tremendi; ma anche scrittori contemporanei come Stephen King e Dean Koontz sono presenti, al punto da apparire nei nomi di due strade di Silent Hill, insieme a quelli di altri scrittori del genere: Bachman Road (Richard Bachman era lo pseudonimo scelto da King agli esordi della sua carriera) e Koontz Street. Riguardo a quest’ultimo, la vicenda di Alessa presenta somiglianze con Melanie, la ragazzina vittima suo malgrado di esperimenti scientifico-occulti da parte del padre nel romanzo ‘Incubi’, del 1985. La resa visiva di ambienti come l’ospedale, la scuola e la città stessa sono dei chiari copia e incolla di pellicole famose: il primo ricorda molto una scena del film ‘Allucinazione perversa’, diretto da Adrian Lyne nel 1990; in tale scena, il protagonista entra in ospedale, e man mano che avanza per i corridoi l’ambiente intorno a lui comincia a cambiare, diventa più sporco, cupo, e popolato da creature deformi e dall’aspetto demoniaco. La scuola di Midwich (il cui nome è un riferimento alla cittadina di Midwich; luogo del romanzo ‘I figli dell’invasione’ di John Wyndham), è palesemente copiata dalla scuola elementare del film ‘Un poliziotto alle elementari’ diretto da Ivan Reitman nel 1990. Per finire, la città, con le sue atmosfere cariche di mistero e segreti, è un chiaro omaggio alla serie ‘I segreti di Twin Peaks’, creata da David Lynch nel 1990. Il lavoro di Lynch è molto presente nel gioco, e si caratterizza per una forte componente surrealista, sequenze angosciose e oniriche, immagini crude e strane talvolta disturbanti o grottesche, ed un sonoro estremamente suggestivo. Oltre a Lynch, le altre fonti d’inspirazione cinematografica includono i lavori di Stanley Kubrick, Alejandro Jodorowsky, John Carpenter e Dario Argento; quest’ultimo è sicuramente il più omaggiato all’interno del gioco, poiché oltre ai nomi di Dhalia e Alessa (in origine Daria e Asia), le cui prime lettere richiamano le iniziali del regista; ci sono anche forti riferimenti al film ‘Suspiria’, specie nella colonna sonora del gioco; inoltre, camminando per le strade, ci si può imbattere nel ‘Metropol Theatre’, lo stesso cinema del film ‘Demoni’ diretto da Lamberto Bava nel 1985, e prodotto dallo stesso Argento. Silent Hill, nonostante le sue varie influenze cinematografiche e letterarie, riesce ad essere originale e innovativo allo stesso tempo, consegnando all’immaginario collettivo una nuova visione del terrore che avrebbe fatto scuola negli anni a venire.
Silent Hill incontra Hollywood
Era inevitabile che alla fine la città dei sogni incrociasse il suo cammino con la nebbiosa Silent Hill. Tutto comincio quando il produttore Samuel Hadida e suo fratello Victor (già produttori per il franchising di ‘Resident Evil’), ricevettero una telefonata dal regista Christophe Gans. In quel periodo la PlayStation si era largamente espansa in tutto il mondo, e Gans, oltre a essere un grande regista, era anche un accanito videogiocatore, e uno dei suoi giochi preferiti era proprio quello con protagonista la città fantasma della Konami. Dopo aver convinto i due fratelli a sostenerlo per il suo nuovo progetto, l’ultimo ostacolo da superare era convincere la Konami a cedere i diritti di sfruttamento del videogioco. I Giapponesi sono sempre molto restii a concedere le licenze poetiche dei loro prodotti ai paesi stranieri, e con Gans non furono da meno. Ma nonostante tutto, Gans non si diede per vinto; fu così che pochi giorni dopo, invio un video appello ai dirigenti della Konami. In questo video, oltre a esprimere il suo amore per il franchis, Gans aveva anche montato delle sequenze girate di proprio pugno in cui mostrava come sarebbe stata la sua visione per il film. I dirigenti della Konami (tra cui lo stesso Toyama) rimasero sbalorditi da tali sequenze: gli ambienti, la fotografia, i suoni e persino i mostri; sembravano scene prese direttamente dal gioco. Grazie a questo video, Gans e i fratelli Hadida ottennero i pieni diritti di sfruttamento dell’opera, e l’anno successivo i lavori poterono finalmente cominciare. Per scrivere il copione del film, venne ingaggiato lo sceneggiatore di ‘Pulp Fiction’ Roger Avary, il quale, dopo una serie di prime bozze della sceneggiatura, concordo con il regista che la storia così com’era non andava bene per il grande schermo. Allora i due decisero di modificare drasticamente la trama e i personaggi della vicenda al centro del gioco, pur mantenendo l’ambientazione e la struttura della trama. A parte i personaggi di Cybil, Dhalia, e Lisa (che appare in un breve cameo), i personaggi di Harry e il dottor Kaufmann, vennero completamente scartati. Al posto di Harry Mason, ci sarebbe stata Rose Da Silva, la madre di Sharon, una ragazzina tormentata da incubi inerenti alla misteriosa città di Silent Hill. Mentre la setta esoterica che compie sacrifici umani, venne sostituita da una setta di cacciatori di streghe fondamentalisti. Quando Gans E Avary spedirono la sceneggiatura ai dirigenti della Konami, questi gliela rispedirono indietro con una nota di lamentela sul fatto che non ci fossero personaggi maschili nella storia. Dopo un ulteriore riscrittura e l’aggiunta dei personaggi di Christopher Da Silva (marito di Rose) e dell’ispettore Thomas Gucci, le riprese poterono finalmente cominciare. Il film di ‘Silent Hill’ è un caso veramente atipico; se da un lato abbiamo il completo stravolgimento della trama e dei personaggi originali, dall’altro abbiamo l’adattamento fedele e maniacale dell'atmosfera caratteristica del gioco: l’onnipresente nebbia, la pioggia di cenere che sembra una sinistra neve cancerogena, l’Otherwolrd con i suoi ambienti marcescenti e rugginosi, e i mostri, tra i quali spicca in prima posizione il mostruoso Pyramid Head del secondo capitolo della saga, la fanno da padrone per la prima ora del film; il tutto condito con la stessa colonna sonora dei videogiochi, composta da Akira Yamaoka, compositore originale della serie. Ciò nonostante, nella parte finale, il film deraglia completamente sia a livello di trama che di atmosfera, perdendo ogni suo significato filosofico e diventando una semplice lettera di denuncia contro il puritanesimo e il fanatismo religioso, due cose che non centrano niente con la saga originale. Nonostante tutto, il risultato finale, per buona parte di critica, pubblico generalista e appassionati del videogioco originale, è stato più che positivo. Anzi, il primo film tratto da ‘Silent Hill’ è stato da molti salutato come la miglior trasposizione su celluloide di un videogioco. Il film di Christophe Gans ha atmosfera da vendere e un sotto testo psicologico di tutto rispetto, in cui la vera protagonista è la città stessa con le sue strade avvolte dalla nebbia, i sui vicoli bui, i suoi grigi edifici e i suoi mille segreti che aspettano solo di essere rivelati, con tutto il loro orrore.
Siamo al lavoro per offrire a tutti un’informazione precisa e puntuale attraverso il nostro giornale Logos, da sempre gratuito.
La gratuità del servizio è possibile grazie agli investitori pubblicitari che si affidano alla nostra testata.
Se vuoi comunque lasciare un tuo prezioso contributo scrivi ad amministrazione [at] comunicarefuturo [dot] com
Grazie!