Milano / Malpensa
Catastrofi più o meno naturali
- 16/08/2024 - 14:00
- Over the Game
Fin dall’alba dei tempi, l’umanità ha temuto una cosa sola: la sua disastrosa e inevitabile fine. Inondazioni, terremoti, eruzioni vulcaniche, pestilenze e altre catastrofi hanno contribuito a forgiare l’immaginario collettivo, nell’arte, nella letteratura e nell’intrattenimento. Quest’ultimo è diventato un vero e proprio genere cinematografico noto come ‘Disaster movie’, dove la catastrofe regna sovrana e l’umanità si trova a fare i conti con se stessa. Il primo esempio di film a tema catastrofico risale addirittura al 1931, quando il regista francese Abel Gance adattò per il grande schermo il romanzo ‘La fine del mondo’ di Camille Flammarion. Nel film uno scienziato scopre una cometa in rotta di collisione verso la terra. Dopo l’annuncio dell'imminente catastrofe gli uomini scatenano tutti i loro peggiori istinti; e nel mentre due influenti banchieri ingaggiano una lotta senza regole: il primo è un seguace dello scienziato che ha scoperto la cometa e vuole promuovere un'alleanza fraterna tra tutti i popoli della Terra, mentre il secondo vuole speculare sul panico provocato dell’annuncio del cataclisma globale. Da questo semplice film, completamente privo di grandi effetti speciali, si è sviluppata l’intera ossatura su cui poggiano tutte le produzioni che sono venute dopo di essa. In questa rubrica tratteremo otto film di questo genere che, nel corso degli anni, è diventato un vero e proprio fenomeno culturale anche grazie agli avveniristici effetti speciali e alle tematiche trattate all’interno di essi. Tra meteoriti che si schiantano sulla terra, catastrofi climatiche e altre calamità causate dall’ingenuità umana, ecco a voi il primo di otto disaster movie, per passare una serata all'insegna del divertimento e della catastrofe allo stato puro.
Quando i mondi si scontrano
Un celebre astronomo sudafricano fa una scoperta sensazionale: due pianeti, ancora sconosciuti, stanno per entrare nell'orbita della Terra. Causeranno terremoti, maremoti, inondazioni e alluvioni fino alla distruzione del nostro pianeta. Atterrito dalla scoperta, lo scienziato decide di sottoporre i suoi calcoli all'autorevole parere di un collega americano: Joyce Hendron. Grazie a un velivolo speciale, fa pervenire a Hendron i risultati delle sue analisi che, purtroppo, risultano corrette. Poiché il tempo a loro disposizione è minimo, gli scienziati decidono di collaborare e costruire un razzo che, nel momento dell'urto, partirà alla volta del nuovo pianeta per consentire a chi vi è a bordo di iniziare una nuova vita. Dal romanzo di Philip Wylie e Edwin Balmer, ‘Quando i mondi si scontrano’ rappresenta l’inizio dei grandi kolossal a sfondo catastrofico. Siamo di fronte a un film modesto sotto molti punti di vista. Anche se gli effetti speciali al giorno d’oggi risultano datati e alquanto ingenui, la pellicola è il primo grande sforzo, rivolto a impostare le basi per le future produzioni di questo genere. Nonostante il film sia invecchiato male, mantiene comunque un fascino nostalgico anche oggi con i suoi pregi e i suoi difetti.
...E la terra prese fuoco
Nella redazione di un grande quotidiano londinese si respira un'aria di attesa perché un elevato aumento della temperatura su tutta la crosta terrestre ha fatto diffondere notizie contrastanti. Secondo alcune fonti, il fenomeno è dovuto ad esperimenti nucleari compiuti dagli americani al Polo Sud mentre, secondo altre, da quelli dei russi al Polo Nord. Il cronista Peter Stenning e il corrispondente scientifico Bill Maguire decidono di fare luce sugli eventi ed elaborano un piano: Peter deve avvicinare una delle telefoniste dell'ufficio meteorologico per carpirle informazioni importanti. La ragazza prescelta si chiama Jeannie ma dopo poco tempo tra i due scocca la scintilla e si innamorano. Jeannie rivela al giornalista che in realtà l'orbita della terra si è spostata in seguito alle due esplosioni atomiche e, ogni giorno che passa, la terra si sta avvicinando pericolosamente al sole. Perciò scienziati e politici stanno cercando affannosamente una soluzione prima che sia tardi. Diretto dall’esperto della fantascienza inglese, Val Guest (noto principalmente per il film ‘L’astronave atomica del dottor Quatermass’), il film risulta di un’attualità impressionante ancora oggi. Praticamente privo di effetti speciali, la pellicola ha un cuore tutto spostato verso il disvelamento graduale del tragico stato delle cose di fronte all’evidenza degli straordinari avvenimenti. A differenza di altre produzioni del genere, dove i protagonisti principali sono scienziati e ufficiali dell’esercito, in questo film abbiamo l’esatto opposto; il punto di vista principale è visto attraverso un gruppo di giornalisti di una grande testata londinese che sono completamente estranei alla vicenda e, per tanto, posti al di fuori del centro della catastrofe. Il film si distingue dalle altre produzioni del genere anche grazie alle trovate fotografiche del regista e del direttore della fotografia Harry Waxman; infatti, verso le battute finali del film, la fotografia passa da un pacato bianco e nero a un arancio acceso allo scopo di insinuare nello spettatore la sensazione della temperatura in aumento. Con uno stile quasi documentaristico e un sotto testo socio – politico di chiara propaganda anti-atomica, il film di Guest è un opera potente, ingegnosa e incredibilmente profetica ancora oggi, con l’attuale cambiamento climatico che provoca fenomeni atmosferici sempre più violenti e imprevedibili.
Viaggio in fondo al mare
Una tranquilla spedizione scientifica di routine al Polo Nord si trasforma in una corsa per salvare il genere umano quando una tempesta di radiazioni cosmiche infiammano la fascia di Van Allen causando un terribile inferno sulla terra. L'ammiraglio Nelson e l'equipaggio del sottomarino atomico SEAVIEW affrontano sabotatori, creature marine giganti e attacchi di sottomarini nemici nella loro corsa per salvare l’umanità dall’attuale catastrofe globale. Ricco di atmosfere che ricordano ‘20.000 leghe sotto i mari’ di Jules Verne, il film di Irwin Allen si discosta pienamente dal celebre romanzo per raccontare una storia moderna e dai caratteristici tratti ottimisti del cinema di inizio anni sessanta. Gli effetti speciali sono di alto livello per un film di quell’epoca e risultano di grande impatto visivo ancora oggi. Ma, il vero punto di forza del film risiede nella caratterizzazione dei protagonisti, in particolare nel personaggio dell’ammiraglio Nelson, un uomo tutto d’un pezzo, ligio al dovere e con un grande senso pratico. Anche se è l’eroe principale della storia, il suo comportamento è alquanto discutibile e di grande rottura per i canoni dell’epoca. A differenza delle altre produzioni del genere, l’ammiraglio Nelson fa tutto quello che non ci si aspetta da un eroe del suo calibro, come: ignorare i colleghi delle altre nazioni, snobbare l’ONU e dichiarare di prendere gli ordini, che riguardano l’intera umanità, solo dal proprio Presidente. Oltre a questo elemento che insinua il dubbio sulla sanità mentale dell’ammiraglio, l’altro elemento di rottura è rappresentato dall’uso dell’arma atomica; se nel film ‘...E la terra prese fuoco’ la bomba era la causa scatenate dell’apocalisse, nel film di Allen, ha una funzione benefica e salvifica. Infatti il pianeta potrà salvarsi solo grazie alla detonazione in un punto preciso dell'atmosfera terrestre. Anche se quest’ultima parte è priva di plausibilità scientifica, il film si lascia seguire e regala emozioni degne del miglior cinema d’avventura anni sessanta.
Sindrome cinese
Una giornalista di cronaca mondana, Kimberly Wells, insieme al suo operatore Richard, viene incaricata di un servizio sulla centrale termonucleare di Ventana. Mentre sono nella centrale avviene un incidente che viene filmato dalla troupe. Nonostante ciò, il direttore rifiuta di mandare in onda il filmato per paura di una denuncia. Indagando da sola, Kimberly incontra Jack, il tecnico che ha diretto le operazioni durante l'incidente. Convinto che la centrale non sia più sicura e, ormai inascoltato dai suoi superiori, Jack, armato di una pistola, decide di impadronirsi della sala comando della centrale e chiede di poter fare delle dichiarazioni alla TV di Kimberly. Incomincia così un pericoloso gioco del gatto e del topo che rischia di sfociare in un incidente serio. Uscito in un periodo in cui Hollywood raschiava il fondo del filone ‘Catastrofico’, il film di James Bridges, con Jane Fonda, Michael Douglas e un magistrale Jack Lemmon, venne accolto come una ventata d’aria fresca dopo un decennio segnato da terremoti, valanghe, grattacieli divorati dal fuoco, uragani, eruzioni vulcaniche e disastri aerei, che saturarono il periodo con storie avvincenti ed effetti speciali sempre più costosi. Il titolo si riferisce al massimo rischio radioattivo, immaginando un disastro che, attraverso il manto terrestre, arriva fino in Cina: la paura nasce anche dalla consapevolezza di un’attualità che veste i codici da film di fantascienza. A differenza delle precedenti produzioni, gli effetti speciali del film sono minimi e tutto è giocato sulla tensione piuttosto che mostrare la catastrofe vera e propria. A questo scopo il regista e gli sceneggiatori puntano tutto sull’interpretazione dei tre protagonisti principali; infatti, il monito catastrofico acquista pregnanza nel momento in cui è osservato attraverso l’elemento umano di tre caratteri emblematici: l’ambiziosa reporter, il cameraman complottista e il responsabile che ha il compito di ammettere, prima di tutto a se stesso, che qualcosa non va. Grazie a questi elementi e al suo aperto messaggio antinucleare, ‘Sindrome cinese’ è considerato ancora oggi un classico del thriller di denuncia socio – politica, un film che da più parti fu accusato di isteria e allarmismo ingiustificato ma che si rivelò più realistico e profetico del previsto anche grazie all’incidente (fortunatamente contenuto) della centrale di Three Mile Island in Pennsylvania, accaduto appena 13 giorni dopo l'uscita del film.
The core
Il pianeta Terra è minacciato da tempeste magnetiche che provocano terribili catastrofi ambientali;la causa del fenomeno è misteriosa e il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti sospetta che all'origine del fenomeno ci possa essere un'arma micidiale e ancora sconosciuta. Il generale Purcell convoca a Washington un pool di scienziati; uno di essi, Josh Keyes, esperto di geofisica, scopre che dietro il mistero delle tempeste magnetiche si cela una minaccia ben più inquietante: il nucleo della Terra ha smesso di ruotare. La causa è sconosciuta e la soluzione è: un viaggio al centro della Terra per riattivare il nucleo prima che il campo magnetico collassi definitivamente. Moderno B-Movie che rispolvera il tipico catastrofismo dei mitici anni '50 attraverso una vicenda fantasiosa e senza troppe pretese di plausibilità scientifica ma, impreziosita da effetti speciali di buon livello e da un cast di solidi professionisti; ‘The core’ di Jon Amiel è di diritto un cult del disaster movie d’inizio millennio. Il film è piuttosto prolisso e privo di colpi di scena inventivi ma, rispetta le regole del genere, onora gli stereotipi con artigianale decoro e offre una maggiore cura per la psicologia dei personaggi. Le scene più coinvolgenti di ‘The core’ sono probabilmente quelle ambientate al di fuori del manto terrestre con Londra che viene sconvolta da stormi di uccelli impazziti, Roma che viene rasa al suolo da una tempesta di fulmini e San Francisco che viene incenerita dai raggi cosmici. In definitiva, un discreto film di fantascienza, senza troppe pretese, che omaggia ‘Viaggio al centro della terrà’ in chiave realistica e catastrofica.
The Day After Tomorrow - L'alba del giorno dopo
Quando il riscaldamento climatico scatena l'inizio di una nuova glaciazione le bufere rasano al suolo Los Angeles, l'oceano sommerge New York e tutto l'emisfero settentrionale viene ricoperto dai ghiacci. Ora, il climatologo Jack Hall, suo figlio Sam e un piccolo gruppo di sopravvissuti devono sfuggire alle mega-tempeste e restare in vita resistendo agli assalti del nemico più potente e spietato che abbiano mai incontrato: Madre Natura. Correva l’anno 2004 quando nei cinema di tutto il mondo usciva un film destinato a diventare il punto di riferimento per gli ambientalisti odierni. Con ‘The Day After Tomorrow’, l’esperto del disaster movie Roland Emmerich compie un salto di qualità passando da un fastidioso patriottismo (che caratterizzava pellicole come ‘Independence Day’), alla trattazione del confronto tra uomo e natura. Per rendere ancora più interessante il tutto, il regista fa affidamento su effetti speciali davvero notevoli; tempeste di grandine, tornado multipli, inondazioni e improvvise glaciazioni che congelano all’istante tutto e tutti. Ogni scena catastrofica, è caratterizzata a pieno, anche grazie alla fotografia di Ueli Steiger, che riprende ogni dettaglio e sfumatura al limite del fotorealismo, dando l’impressione che quello che sta accadendo sullo schermo stia succedendo davvero. Il film di Emmerich è considerato ancora oggi di un’attualità spaventosa, nonché, una delle pellicole di maggior successo del cinema del XXI secolo. Ciò che rese il film un successo per l’epoca non fu la trama, la recitazione dei personaggi o i monumentali effetti speciali, fu invece il messaggio di fondo contenuto in esso a renderlo un cult d’inizio millennio: l’uomo non può credere di continuare a sperperare le risorse del nostro mondo senza subire conseguenze. Un domani è probabile che la natura non sia più tanto clemente con noi. Per tanto la domanda che ci poniamo è: quando ciò accadrà, riusciremo a vedere la nostra alba del giorno dopo?
E venne il giorno
Tutto ha inizio all'improvviso, senza avvertimenti. In pochi minuti diverse morti strane ed inquietanti nelle maggiori città americane sfuggono alla ragione e sconvolgono le menti delle persone con i loro scioccanti effetti distruttivi. Per l'insegnante di scienze che lavora in un liceo di Philadelphia, Elliot Moore, la preoccupazione principale è trovare un modo per fuggire a questo fenomeno misterioso e mortale. Sebbene lui e la moglie Alma si ritrovino nel mezzo di una crisi coniugale, viaggiano prima in treno e poi in macchina assieme all'amico di Elliot, l'insegnante di matematica Julian e a sua figlia di otto anni Jess, dirigendosi verso le fattorie della Pennsylvania sperando di trovare un rifugio sicuro da questi spaventosi attacchi, che diventano sempre più forti. Nell’ormai lontano 2008, il regista M. Night Shyamalan, tornava al cinema con un film che tentò di stravolgere le regole dei disaster movie. Sebbene la pellicola sia stata un fiasco a livello di pubblico, si rivelerà incredibilmente profetica e attuale anni dopo. Immaginate che la vita di tutti i giorni venga sconvolta da qualcosa di completamente inatteso e incontrollato. Man mano che la crisi prosegue, le notizie si fanno sempre più allarmanti e confusionarie, le autorità brancolano nel buio e i cittadini comuni diventano aggressivi e diffidenti nei confronti di tutto e tutti; vi ricorda niente? Le basi per costruire un buon disaster movie innovativo c’erano tutte ma, Shyamalan stravolse completamente le aspettative del pubblico internazionale. Nonostante la tensione sia ben costruita sul modello del thriller alla Alfred Hitchcock, la trama e i personaggi risultano inconsistenti, i dialoghi assurdi e il ritmo del film veloce e sconclusionato. Ciò nonostante il film risulta inquietante e destabilizzante, non solo per la sottile parabola ecologista di fondo, ma anche grazie alla presenza del personaggio di Elliot Moore (interpretato da Mark Wahlberg). Nei disaster movie, la figura dello scienziato è sempre stata vista come il vero eroe della storia, che alla fine salva la situazione grazie al suo ingenio e acume scientifico. Qui, invece, l’eroe di turno è un normale insegnante di scienze. Parla con una voce imbarazzata, insicura e prende poche decisioni concrete per guidare effettivamente l’azione. Elliot Moore non è un eroe, infatti, nel film di Shyamalan non ci sono eroi e questo è l’aspetto più inquietante di tutta la vicenda. La pellicola tocca direttamente la paura dell’umanità per il caos. Il timore esistenziale che gli eventi possano non essere collegati e che la vita sia imprevedibile e senza senso.
Don't Look Up
La dottoranda in astrofisica Kate Dibiasky e il suo docente all'Università del Michigan Dr. Randall Mindy scoprono che entro sei mesi una gigantesca cometa colpirà la Terra e provocherà l'estinzione del genere umano. Allarmati riferiscono tutto al Presidente degli Stati Uniti:Janie Orlean. Ma, dopo essere stati snobbati e umiliati dall'amministrazione si rivolgono alla stampa e alla televisione: è l'inizio di un assurdo circo mediatico che coinvolgerà gli stessi scienziati e finirà per generare uno scontro ideologico tra allarmisti e negazionisti, ribelli e militanti filo-governativi, in un mare indistinto di dirette tv, post, tweet e reazioni social che finiscono per rendere quasi secondario l'arrivo della gigantesca cometa. Negli ultimi decenni il genere dei disaster movie si è notevolmente allargato anche grazie all’evoluzione degli effetti speciali in computer grafica. Oggi anche la più miserevole delle sceneggiature può avere successo se è condita con effetti speciali da capogiro. ‘Don’t look up’ di Adam McKay si presenta come il classico disaster movie con la meteora di turno in rotta di collisione verso la terra. Ma cosa succederebbe se, nonostante si abbiano le competenze per capire che un asteroide sta per schiantarsi sulla Terra, esse venissero bellamente ignorate sia dai governi che dai mass media internazionali, per essere trattati come le solite cassandre disfattiste? A differenza di film come ‘Armageddon – giudizio finale’ e ‘Deep Impact’, dove il patriottismo e lo spirito di collaborazione dell’umanità venivano esaltati e glorificati, nel film di McKay succede esattamente l’opposto; ricco di un graffiante umorismo nero, e con un occhio al cinema satirico di Joe Dante, il film si pone come un’istantanea del nostro presente con un realismo altamente allarmante. Il bello è che se al posto della meteora ci mettessimo un altro evento catastrofico come una nuova era glaciale, una pandemia globale, un invasione aliena o un’apocalisse zombi, il risultato non cambi. ‘Don’t look up’ affronta il cataclisma con lo sguardo cinico dell’attuale realtà. Lontano dai folli e blasonati eroismi in stile USA, il film evidenzia come l’umanità sia ormai troppo marcia e impreparata per affrontare una catastrofe di livello globale.
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