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venerdì 27 dicembre 2024 | ore 03:56

La lotta alle mafie e al terrorismo

Nei giorni scorsi l'ex procuratore antimafia e antiterrorismo Franco Roberto ha incontrato gli studenti di Busto Garolfo e Inveruno. Un progetto sulla legalità.
Busto Garolfo - L'ex procuatore Franco Roberti durante l'incontro

Che cosa sono il terrorismo e le mafie? La voce è di chi da sempre è in prima linea nella lotta e nel contrasto. Lo ha fatto prima come procuratore nazionale antiterrorismo e antimafia, lo sta facendo adesso incontrando i giovani. Pochi minuti prima delle 11, allora, quando il dottor Franco Roberti entra nell’auditorium Don Besana della Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate, dove ad attenderlo ci sono gli studenti delle classi quinte degli istituti ‘Mendel’ di Villa Cortese e dell’IIS di Inveruno (la conclusione del progetto di ‘Cittadinanza attiva. Educare alla legalità’ che ha visto gli stessi giovani protagonisti con un percorso importante di conoscenza, confronto e riflessione). Ed è proprio da quel concetto di cittadinanza attiva che l’ex procuratore dà il via all’appuntamento. “Oggi possiamo fare il punto su una tematica di grandissima attualità, ma che al tempo stesso vede i cittadini un po’ smarriti”. Da una parte, insomma, la globalizzazione con il suo bene e il suo male, dall’altra la cittadinanza, fatta di valori e norme giuridiche, fino ad arrivare appunto al terrorismo ed alle mafie. “Le mafie vivono sfruttando le disuguaglianze, facendo affari con i ricchi senza scrupoli e reclutando nelle proprie fila la manovalanza criminale, i disperati, i disoccupati, i rassegnati, quelli che non vedono la possibilità di un futuro, di realizzarsi nella piena legalità. E questo sta succedendo non solo nel nostro Paese, non solo qui in Lombardia, ma anche all’estero (in Svizzera, in Olanda, in Germania, in Australia, in Canada). Abbiamo mafie italiane che sono al tempo stesso locali e globali, perchè da un lato mantengono il radicamento nel territorio d’origine (la ‘ndrangheta in Calabria, la camorra in Campania e cosa nostra in Sicilia), però poi si propagano seguendo il filone dei ‘soldi sporchi’ in tante altre zone d’Italia e fuori confine. In che cosa, allora, abbiamo mancato?” Ecco la domanda che Roberti si è posto. Che cosa è venuto meno nel contrasto? “Quando l’anno scorso, grazie al ministro della Giustizia Andrea Orlando, sono stati costituiti gli Stati Generali dell’Antimafia, siamo partiti proprio da questo interrogativo. Come è possibile che le mafie non siano state sconfitte dalla modernità? Com’è che, dopo il sacrificio di persone che hanno lottato con grande impegno, dedizione e attenzione, siano ancora ben radicate nel nostro Paese? Vedete, la vera forza di queste realtà sta fuori dalle organizzazioni, sta in chi entra in rapporti dall’esterno, è la cosiddetta ‘area grigia’, dove si incrociano gli interessi mafiosi con altri illeciti. C’è stata, per intenderci, una domanda esterna ai gruppi che si è unita con l’offerta mafiosa, consentendo alle organizzazioni di arricchirsi. Questo, alla fine, ci è mancato: non siamo riusciti a spezzare il vincolo e a combattere efficacemente la corruzione dilagante (non dimentichiamoci, ad esempio, che quando si parla di omertà, spesso non deriva dalla paura, bensì da convenienza, connivenza e opportunismo; il patto corruttivo che lega il corrotto e il corruttore, che nella maggior parte dei casi è un mafioso, avviene senza alcun accenno all’intimidazione mafiosa; la violenza e le minacce, anzi, sono mantenute come armi di riserva a garanzia del rispetto dei patti corruttivi)”. E poi, dunque, il terrorrismo. “Come Nazione è stata messa in campo una significativa azione di contrasto - conclude l’ex procuratore - Quello interno, dopo un’iniziale difficoltà e diverse tragedie, lo abbiamo vinto, tra l’altro utilizzando soltanto gli strumenti della normativa ordinaria, senza ricorrere mai a leggi speciali. Nel gennaio del 1980, fu fatta dal Parlamento la prima legge sui collaboratori di giustizia che funzionò benissimo. Forti dell’esperienza passata, allora, stiamo affrontando adesso anche il terrorismo internazionale, che è diverso, è radicato su base ideologica di tipo jiahdista, islamista, pertanto ha connotazione religiosa molto forte e soprattutto, mentre quello interno fu sconfitto perchè alla fine fu isolato dal contesto sociale, lo stesso non può dirsi per quello internazionale che ancora oggi gode di sostegno politico e finanziario di alcuni Stati. Come si può combatterlo, dunque? Noi italiani, dopo la strage di Parigi, ci siamo organizzati con una serie di azioni specifiche e mirate che stanno dando ottimi risultati. Il problema, però, è la rete. Sappiamo bene che lo stato islamico, sconfitto sul territorio, si è trasferito in buona parte qui, così abbiamo bisogno di indagare sulla rete rispettando i principi costituzionali di riservatezza e al tempo stesso assicurando la sicurezza ai soggetti ed alle Nazioni. Una problematica enorme: è possibile reprimere la libertà delle persone in nome della tutela dei cittadini? Un discorso più che mai aperto e fondamentale. Ora si cominciano ad avere le prime prese di posizione e queste ultime tendono a far prevalere le esigenze di sicurezza sui diritti di libertà dei cittadini. Il compito più difficile, comunque, è trovare un punto di equilibrio tra i due campi e in tale direzione si sta lavorando, con la realizzazione di un sistema di controllo della rete che passa attraverso l’affidamento di mezzi digitali, portando ad individuare documenti radicali, cioè a rischio di atti di violenza di matrice islamista, attraverso l’inserimento di parole chiave, per arrivare ad individuare tali testimonianze che, non solo ovviamente vengono rimosse, ma danno il via alle indagini, per vedere chi le ha postate e chi ha aderito; il ché sarebbe un passo avanti enorme per identificare coloro che, utilizzando la rete, fomentano l’odio ideologico diffondendo la violenza terroristica”.

"Bisogna dare ai giovani le giuste chiavi di lettura"
Mafie e terrorismo: com’è la situazione in questo momento nel nostro Paese? Franco Roberti è arrivato a Busto Garolfo per parlare con i ragazzi appunto di questi due temi, ma più in generale di legalità e rispetto dei diritti e doveri di ciascuno. E, allora, proprio da qui abbiamo voluto partire con la nostra intervista. “Per quanto riguarda il contrasto al terrorismo, abbiamo messo in campo le risorse ed anche le esperienze migliori per prevenire possibili attacchi. E, infatti, fino ad ora in questo ci siamo riusciti - spiega l’ex procuarore - L’intervento, poi, a seconda dei casi e in base a ciò che viene accertato, si articola sia sul piano amministrativo che su quello della giurisdizione penale. Credo, pertanto, che funzioni molto bene, perchè abbiamo un sistema di prevenzione ottimale. Per le mafie, invece, il discorso è diverso, in quanto queste ultime sono ancora molto forti e radicate, pure in territori diversi da quelli di origine; dunque, l’importante è non abbassare mai la guardia e continuare con il contrasto patrimoniale, in quanto se il fine delle associazioni mafiose è l’arricchimento, serve agire proprio nell’ambito delle ricchezze, togliendole alle mafie e restituendole ai cittadini”. Oggi incontrerà gli studenti: i giovani devono essere il punto di partenza per il presente ed il futuro? “Naturalmente anche con i ragazzi è fondamentale il discorso della legalità e del rispetto dei diritti e dei doveri - continua”. Di appuntamenti con le scuole ne ha fatti altri nel corso degli anni: che cosa le hanno lasciato e le lasciano? “Una grande sensibilità dei ragazzi a quello che è lo scenario che hanno davanti e che spesso non riescono a decifrare perchè mancano loro le chiavi di lettura. Pertanto, è importante spiegare la realtà, dicendo loro sempre la verità ed esortandoli a rispettare le leggi, ma naturalmente queste ultime devono essere chiare, uguali per tutti, affinchè vengano applicate in modo conforme alla Costituzione. E ciò serve a far capire che rispettare queste leggi è più conveniente che infrangerle”.

'Cittadinanza attiva. Educare alla legalità'
‘Cittadinanza attiva. Educare alla legalità’: un progetto che si è sviluppato durante tutto l’anno scolastico in vari momenti e iniziative. “Attraverso l’educazione alla legalità, appunto - afferma la dirigente Marisa Fiorellino (coordinatrice della proposta è stata Silvia Acconciaoco) - abbiamo voluto coinvolgere gli studenti sul fenomeno criminale che registra una continua espansione su tutto il territorio nazionale. Prendendo spunto, allora, dalle esperienze, dalle situazioni concrete di vita dei ragazzi e dai fatti d’attualità significativi, sono stati promossi dibattiti e sono state individuate categorie di giudizio. Non solo, perchè gli alunni sono stati chiamati anche a riflettere su bullismo e violazione dei diritti umani. L’emergenza educativa ci spinge a mettere in atto delle strategie per tentare di arginare e magari eliminare lo stesso bullismo e il cyber bullismo, andando a stimolare nei giovani una riflessione sul tema che porti ad una interiorizzazione della norma sociale ed allo sviluppo di un proprio sistema etico”.

LA VIDEOINTERVISTA ALL'EX PROCURATORE FRANCO ROBERTI

L'INCONTRO CON GLI STUDENTI

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