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Grossa Coalizione, grandi questioni

Rubrica 'Nostro Mondo' - Grossa Coalizione in Germania 2018

In una conferenza stampa congiunta, Angela Merkel, Martin Shulz e Horst Seehofer hanno dichiarato che è stata raggiunta l’intesa per formare un governo di coalizione che guiderà la Germania fino al 2022. Niente è stato dato per scontato; i malumori all’interno della Cdu e dell’ Spd sono ben noti dopo la notevole perdita di consenso cristallizzata nelle elezioni di settembre. I cristiano democratici hanno ottenuto il 32,9%, la più bassa percentuale dal 1949, i socialdemocratici il 20,5%, cioè il peggior risultato elettorale dal secondo dopoguerra. Si è infine infranta una regola, non scritta, del sistema istituzionale tedesco: “Niente alla destra della Cdu”; come sappiamo, l’ultradestra è ora rappresentata nel Bundestag e si colloca all’opposizione (una scelta anche comoda per gonfiare i propri consensi). Merkel, come rappresentante del primo partito, ha avuto quindi il compito di cercare modi e mezzi per formare un nuovo governo. Per questioni meramente numeriche, risulta impossibile un’alleanza solo con i liberali o con i Verdi; gli equilibri politici sarebbero comunque fragili con i primi che, contrariamente ai secondi, si stanno posizionando in un alveo più conservatore e non sono favorevoli a ulteriori processi di integrazione europei. Questa eventuale compagine governativa è perciò fallita a novembre.
Esteri, Lavoro e Finanze sarebbero i tre ministeri cruciali a guida socialdemocratica; in apparenza una piccola vittoria di Martin Shulz, il quale, sin dalla campagna elettorale, ha considerato non più procrastinabili nuovi investimenti nel settore educativo, tecnologico e sociale. Invece il ministero degli Interni, centrale quando la sicurezza diventa sempre più importante per l’opinione pubblica, è stato affidato a un rappresentante dell’ala bavarese del Csu, sostenitori di una moderazione dello slittamento “a sinistra” dei cristiani democratici per frenare l’avanzata dei nazionalisti.
L’ultimo scoglio da superare è il dissenso della base dell’Spd, contraria alla grande coalizione perché consapevole della capacità di Merkel di far propri temi socialdemocratici (diritti civili e politiche sociali), erodendo così il sostegno nei confronti del partito. Gli sforzi della Cancelliera perciò sono stati tutti protesi a dare una buona rappresentanza all’Spd per evitare che i suoi tesserati votino contro la formazione del nuovo governo, scongiurando in questo modo o un governo di minoranza o un ritorno alle urne.
Le questioni che attendono la Germania non sono poche; da sempre centrale in Europa, non ha al momento rivali non perché sia una specie di Paese della Cuccagna, bensì perché nessuno tra quelli che sbraitano (solo in sala stampa, mai durante i vertici) contro le sue politiche si è sforzato di creare un fronte alternativo.
La Germania ha beneficiato del sistema multilaterale di commercio ed è perciò contraria a ogni ipotesi isolazionista o protezionista, preferendo risposte coordinate a problemi comuni, più complicate ovviamente da raggiungere. Lo sguardo tedesco è rivolto anche a est, dove mantenere un canale di contatto con Putin è necessario per non far implodere la questione ucraina. Anche i paesi dei Balcani sono sotto monitoraggio, per via di “rigurgiti” autoritari dopo che la loro identità nazionale è stata umiliata per decenni dal governo sovietico. È di grande interesse per i tedeschi cercare di mediare l’insorgere di contrasti commerciali tra Usa e Cina, essendo partner economici di entrambi. Infine nel 2016, assumendo la Presidenza di turno del G20, la Germania (primo esportatore europeo verso l’Africa sub-sahariana) ha sottolineato l’urgenza di creare sviluppo economico e sociale per i paesi africani, partendo però dallo sviluppo del settore privato.

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