Milano / Malpensa
La beatificazione di don Carlo Gnocchi
- 23/10/2009 - 15:13
- Attualità
Domenica 25 ottobre piazza Duomo a Milano ospiterà un evento atteso da quando il Card. Carlo Maria Martini istituì il ‘Processo sulla vita, virtù e fama di santità’ (processo Diocesano) il 6 maggio 1987, concludendolo positivamente il 23 febbraio 1991. Per un appuntamento atteso da migliaia di pellegrini, tanto che i ‘pass’ di ingresso alla piazza sono esauriti da giorni, a testimonianza di una fede viva e sincera. Dalla sua biografia: “Carlo Gnocchi nacque in un paese della pianura lombarda, a pochi chilometri da Lodi, da Enrico e Clementina Pasta, sarta. Ultimo di tre fratelli, perse il padre nel 1907, all’età di 5 anni, a causa della silicosi, malattia causatagli dal lavoro insalubre di marmista. Trasferitosi a Milano con la famiglia, perse in pochi anni i due fratelli, Mario, nel 1908, ed Andrea, nel 1915, a causa della tubercolosi. Carlo crebbe in un ambiente molto devoto e fervente, e l’assidua frequentazione alle funzioni, nel paese di Montesiro in Brianza, dove spesso si trasferì da parenti a causa della salute cagionevole, lo avvicinò a don Luigi Ghezzi, coadiutore, che lo affiancò nella scelta di entrare in seminario. Venne nominato sacerdote nel 1925, dall’Arcivescovo di Milano, Eugenio Tosi, e lo stesso anno celebrò la sua prima messa a Montesiro”. La passione primaria di Carlo Gnocchi, fin dai primi anni di sacerdozio, fu la crescita e l’educazione dei giovani avvicinatisi alla chiesa e all’oratorio. Affidato prima alla parrocchia di Cernusco sul Naviglio e, nel 1926, alla popolosa San Pietro in Sala di Milano, protrasse per anni la sua vocazione, creando un profondo legame con i suoi parrocchiani. La fama di educatore giunse al cardinale di Milano, Ildefonso Schuster, che lo nominò direttore spirituale del prestigioso Istituto Gonzaga dei Fratelli delle Scuole Cristiane. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, don Gnocchi partì volontario nel battaglione Val Tagliamento degli alpini, destinato al fronte greco/albanese. Sopravvissuto allo scontro, dedicò la sua opera all’assistenza ai feriti ed ai malati, raccogliendo le loro ultime volontà, che lo porteranno al rientro in Italia ad un viaggio per la penisola, messaggero tra le famiglie degli scomparsi. Nacque in quegli anni l’idea di creare un centro caritatevole che potesse seguire le vittime di questa guerra, che si sviluppò in futuro con la nascita della Pro Juventute. Il 28 febbraio 1956 morì dicendo “Grazie di tutto...”. L’intera Diocesi di Milano, questa domenica, si stringerà a lui regalando ai fedeli il solenne rito di beatificazione.
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