Milano / Malpensa

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C’è qualcosa di profondamente autentico nel vedere un sindaco che parla "lasciando parlare il cuore". È quanto ha fatto Lorenzo Radice, primo cittadino di Legnano, quando ha preso la parola a nome dei colleghi della Zona Pastorale IV durante l'incontro con l'Arcivescovo di Milano, Mario Delpini. Un momento che ha avuto il sapore dell’ascolto vero, della condivisione di fatiche e speranze, di quella tensione costante verso una visione di città che vuole essere molto più di un insieme di strade, uffici e servizi.
Una città che si fa comunità, ha detto Radice. Una comunità "sociale, inclusiva, educante". Parole che non restano slogan, ma che si radicano nell’esperienza quotidiana di chi amministra e di chi, nel suo piccolo o grande ruolo, contribuisce a costruire il tessuto umano di un territorio. È in questa cornice che il sindaco ha voluto richiamare gli insegnamenti del padre, portando sul tavolo dell’incontro non solo l’azione amministrativa, ma anche il valore personale e umano che guida chi sceglie, ogni giorno, di mettersi al servizio degli altri.
E proprio in questo gesto – nel parlare dal cuore e non solo dalla funzione – si coglie il senso più profondo del messaggio che l’Arcivescovo ha voluto restituire: “È prezioso richiamare dal discorso del Sindaco un Amministrare che chiama la società a essere protagonista”. Non più un’amministrazione che agisce in solitaria, calando dall’alto soluzioni preconfezionate, ma un’azione politica che si fa chiamata collettiva, invito a partecipare, a costruire, a immaginare insieme.
Il passaggio evocato da Delpini – “dallo sportello all’assemblea” – non è solo una metafora: è una sfida culturale. Significa superare la logica del “pago e pretendo”, tipica di una società individualista e impaziente, per entrare nella logica del “abbiamo un problema, costruiamo insieme la risposta”. È una rivoluzione gentile, ma radicale. Una rivoluzione che parte dall’educazione, soprattutto dei più giovani, come ricordato dallo stesso Radice. Perché l’educazione non è solo questione scolastica, ma riguarda tutta la comunità: è il modo in cui una città intera si prende cura dei suoi ragazzi, offre spazi di crescita, accompagna gli errori, coltiva speranze.
Educare, in fondo, è proprio questo: seminare con pazienza e lungimiranza, come ha sottolineato il sindaco. Senza ricette pronte, senza la pretesa di vedere subito i risultati, ma con la fiducia che, se il terreno è buono e se si lavora insieme, i frutti arriveranno.
L’incontro con l’Arcivescovo non è stato solo un momento formale, ma un’occasione di motivazione, un rilancio. Perché costruire una città che educa, che include, che ascolta, è il compito più alto che si possa condividere tra amministratori, cittadini, istituzioni religiose e sociali. Una città così non si amministra soltanto: si abita, si costruisce, si sogna. Insieme.
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