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domenica 24 novembre 2024 | ore 22:27

"La cura? Fiducia e unità"

Le disposizioni di restrizione che ci riguardano in queste settimane sono supportate e proposte da commissioni scientifiche, formate da quegli stessi medici che ci curano in ospedale.
Generica - Nord Italia dallo spazio (foto internet)

Coronavirus, la nuova peste? Mentre ovunque spopolano psicosi di massa, e i tuttologi del web tolgono le vesti di critici musicali sanremesi per indossare quelle di virologi ed esperti di epidemie, mi piacerebbe spendere due parole in lieve controtendenza. Perché, forse è il caso di dirlo, virologia è un corso di laurea specialistica, e purtroppo non si può improvvisare. Lungi da me il rinnegamento della libertà di pensiero e di opinione, anzi, fondamentale più che mai nell’attualità. E' altrettanto importante però distinguere e saper distinguere tra democrazia e meritocrazia. Perché se da un lato posso eleggere democraticamente il sindaco di un paese, dall’altro preferirei che il chirurgo che mi dovesse operare non sia eletto democraticamente, ma si trovi a svolgere il mestiere per meritocrazia. Oggi più che mai siamo immersi in questo clima, dove ognuno ha i mezzi per poter espletare il proprio democratico diritto di opinione, e spesso ne abusa, accorgendosi di non avere in fondo così tanto da dire e lasciandosi trasportare dal "sentito dire". E’ il peso della globalizzazione: l’immenso e incontrollato bombardamento di informazioni a cui siamo sottoposti ogni istante delle nostre giornate. E’ ciò che ci fa abusare dei nostri diritti democratici, usandoli per sconfinare nel campo dedicato invece ai giudizi meritocratici.
Attualmente il nostro Paese è di fronte ad un’emergenza nazionale, che è gestita da un governo, guidato ed eterodiretto da scienziati e medici, ai quali si rivolge, riconoscendo l’importanza della meritocrazia. Siamo arrivati quindi a quella sottile linea che divide la democrazia dalla meritocrazia; non ci è chiesto di capire, per quello ci sono corsi di laurea appositi; ci è chiesto di fidarci. Un’emergenza, come tutte le emergenze, lascia poco spazio ai lunghi e complessi iter burocratici. E’ invece il momento in cui siamo chiamati a sentirci parte dello Stato, a sentirci cittadini, uniti. Il nostro Presidente del Consiglio ha fatto qualcosa che prima d’ora nessuno era stato in grado di fare: unire tutte le forze politiche, o quasi, mettendo da parte la politica, perché un’emergenza non ha alcun colore. E il mondo della politica ha riscoperto forse il vero senso del proprio essere, e ha saputo cogliere questo elemento di unità così importante. Non è un momento per fare politica, non è un momento da sfruttare per le proprie personali campagne elettorali, chi lo fa, dimostra unicamente la propria mancanza di sensibilità non solo morale, ma anche e soprattutto civile.
Di fronte ai cittadini c’è una figura sicura, un governo forte, una commissione salda, che fa dell’unità la sua forza, perché questo è ciò che il mondo politico deve fare in una situazione di emergenza, questo è ciò che la gente ha bisogno. Essere rassicurata, avere notizie certe, precise, avere una persona a cui rivolgere lo sguardo, non centinaia di informazioni né centinaia di punti di vista.
Le disposizioni di restrizione che ci riguardano in queste settimane sono supportate e proposte da commissioni scientifiche, formate da quegli stessi medici che ci curano in ospedale o lavorano in sala operatoria. Nessuno sotto i ferri di una sala operatoria aprirebbe un dibattito con il chirurgo intento nel suo lavoro sulla metodologia o sul lavoro che sta svolgendo. Allo stesso modo, siamo chiamati inevitabilmente a farci una nostra idea, ma anche e soprattutto ad essere cittadini e stare al nostro posto, avendo la più totale fiducia nel sistema meritocratico e democratico nel quale siamo inseriti.
Siamo d’accordo con le restrizioni? Non lo siamo? Non è questa la domanda che dobbiamo porci, perché non spetta a noi essere d’accordo o meno; il nostro posto è, pieni di fiducia nelle istituzioni, essere parte del grande ingranaggio dello Stato. Il nostro contributo? Smetterla di diffondere allarmismo e psicosi, smetterla di diffondere punti di vista, smetterla di far circolare le miliardi di informazioni che ci bombardano.
E i risvolti economici? Non sono un economista, ma non ci vuole molto a comprendere l’immenso disastro economico di queste settimane e il peso che avrà nei prossimi mesi, soprattutto sulla piccola e media impresa, sul turismo, sul commercio. A chi si trova coinvolto in questa terribile situazione economica va la nostra totale vicinanza.
Quando ci troviamo di fronte a situazioni come queste, è normale aver bisogno di un colpevole, trovare qualcuno contro cui riversare la nostra rabbia e la nostra frustrazione. Perciò le misure di restrizione diventano eccessive, sono la causa della crisi, il governo diventa il nemico contro cui dover combattere per sopravvivere. Stiamo attenti però, nel nostro disperato bisogno di cercare colpevoli, a non perdere di vista il nostro essere cittadini, il nostro “sentirci parte dello Stato”, che non è un nemico da combattere ma la nostra ancora di salvezza.
Non è questo però il momento per la polemica, arriverà inevitabilmente l’ora del giudizio politico, ma non ora. Ora è il momento in cui essere forti, e la forza può derivare unicamente dall’unità.
Riscopriamo ora di cosa voglia dire avere una Sanità pubblica, che ogni giorno affronta mille problemi e mille difficoltà, ma che ora più che mai fa sentire la sua importanza.
Riscopriamo ora cosa voglia dire vivere in un mondo globale, che va ben oltre i confini nazionali, e riscopriamo ora come questo valore civile fondamentale porti con sé delle problematiche, per esempio un virus che oggi può fare il giro del mondo in pochissimo tempo. Ma la globalizzazione e l’essere cittadini del mondo sono dei valori civili e morali che non dobbiamo perdere in nessun modo. E se ora li vediamo come la causa delle attuali disgrazie, dovremmo invece pensare a cosa sarebbe il mondo senza tali valori. E come noi, dovrebbero farlo tutti gli altri Paesi, che ora chiudono le porte convinti ancora che i confini nazionali possano salvarli. La chiusura in sé stessi non è mai la strada. Il problema di un singolo Stato nel mondo globale diventa un problema di tutto il mondo; solo quando lo capiremo e agiremo tutti insieme potremmo risolvere i grandi problemi dell’attualità, a partire da un piccolo virus che, alla sua comparsa in Cina, tutti hanno guardato con sufficienza, perché convinti ancora che la distanza geografica abbia un peso nel 2020.
Solo l’unità ci può salvare, e la consapevolezza di non essere cittadini di uno stato, ma cittadini del mondo. E comportandoci da cittadini del mondo.

di Matteo Cassani

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