Milano / Malpensa
La 'sfida impopulista' di Gentiloni
- 29/03/2019 - 11:47
- Castano Primo
La ‘sfida impopulista’ (per riprendere proprio il titolo del suo libro), ma anche una serie di altri argomenti e tematiche sulle quali ha voluto porre l’attenzione. L’Italia e l’Europa, insomma, poi l’economia, il lavoro, fino ad alcuni episodi, aneddoti e ricordi della sua importante carriera. Le 21 circa di ieri (giovedì 28 marzo) quando l’onorevole Paolo Gentiloni fa il suo ingresso nella sala di rappresentanza della Villa Rusconi, là nel cuore di Castano, ospite della sezione cultura della Cooperativa Casa del Popolo e del circolo PD ‘Sandro Pertini’. La curiosità, ovviamente, è tanta, così pure l’attenzione, perché non capita tutti i giorni di trovarsi di fronte ad un ex Premier ed ex Ministro, oggi presidente appunto del Partito Democratico. Il tempo, allora, dei saluti e degli onori di casa da parte prima del segretario cittadino, Alessandro Landini, e quindi del sindaco Giuseppe Pignatiello e l’incontro comincia. “Beh… cosa dire – afferma Gentiloni – Vorrei prendere spunto, innanzitutto, dal sottotitolo del libro ‘Da dove ripartire per tornare a vincere’. Ecco, a novembre poteva sembrare qualcosa da dover chiamare quasi un’ambulanza; era quello, infatti, il periodo in cui la discussione pubblica era incentrata sulla morte e sullo scioglimento del PD, sull’inutilità di avere un partito di sinistra, ecc… Adesso, sia chiaro, siamo ancora in convalescenza, abbiamo davanti una strada molto lunga e complicata, però il fatto che ci sia una possibilità di un’alternativa comincia piano a piano a intravedersi, e pertanto quella frase, letta adesso, è meno velleitaria di come poteva sembrare quando è stata scritta. Ripeto, la strada è lunga, ma se per esempio andiamo a guardare le primarie che ci sono state solo poche settimane fa, alla fine un milione e 600 mila persone che hanno partecipato sono certamente una bella boccata di ossigeno per il Partito Democratico”. Il futuro, allora, tra gli obiettivi, senza dimenticare, comunque, il passato e il presente. “Dobbiamo capire e renderci conto che il nazional - popolusimo c’è, esiste, è reale e non va sottovalutato. Al contempo, però, visto che noi populisti non lo siamo, il passo che abbiamo il dovere di fare è quello di evitare di inseguire una simile onda e di imitarne i modi. Primo, perché non ne saremmo capaci, non è il nostro mestiere, e secondo perché non credo che sia giusto ridurre la politica ad uno scontro tra opposti insulti, opposte semplificazioni, opposte demonizzazioni dell’avversario. La politica è qualcosa che richiede conoscenza dei problemi, compromessi, fatica, mentre se la immaginiamo solo come slogan, insulti e via dicendo non andiamo lontano come Paese e, alla fine, noi di Centrosinistra perdiamo. Quindi, stiamo orgogliosamente attaccati alla passione di fare politica nel modo in cui va fatta in uno Stato civile”. Un impegno, dunque, che dovrà essere a 360 gradi, lavorando per un’Italia diversa, che non si chiuda in se stessa, bensì cerchi di crescere in un’Europa di collaborazione e condivisione. “E’ questo il percorso che vogliamo intraprendere e che, con i nostri governi, si era cominciato a seguire. Perchè, nella dinamica europea, soprattutto in quella economica, il nostro principale alleato dovrebbe essere la Francia (e lo è stato nel corso degli ultimi anni), mentre, purtroppo, allo stato attuale siamo concentrati verso altre realtà. L’Ungheria e la Polonia, ad esempio, beh… se pensiamo di doverci spostare in quella direzione, stiamo facendo un significativo errore. Non abbiamo, infatti, niente in comune con loro, anzi sono tra i più feroci ‘castigatori’ dal punto di vista dell’austerity e dei bilanci pubblici, oltre ad essere dei beneficiari netti dell’Unione Europea, ovvero sono Paesi che prendono più di ciò che danno. Ecco dove ritengo stia lo sbaglio oggi, nel fatto appunto che dovremmo stare con gli Stati che sono simili a noi e, invece, andiamo verso chi ha interessi completamente opposti rispetto ai nostri”. Populismo, anti populismo, Europa, Italia, il lavoro, l’economia: tanti i temi approfonditi nel corso della serata, intervallati, come detto, ai momenti da Ministro, prima, e da Presidente del Consiglio, poi. “Due cariche, inevitabilmente, differenti tra loro. Come amo ripetere, il ruolo di Ministro degli Esteri ti lascia due grandi cose: innanzitutto, ti permette di occuparti di questioni importanti per il tuo Paese (volendo fare un esempio potrei citare il dossier della crisi libica, dell’instabilità della Libia, è stato qualcosa su cui ho lavorato moltissimo, avendo la fortuna di avere una straordinaria collaborazione da parte degli Stati Uniti e in particolare del segretario John Kerry, con il quale si è instaurata una bellissima amicizia); quindi, hai anche l’occasione (davvero unica) di vedere il tuo Paese da fuori, di capire come nei vari Stati del mondo sei considerato e vi devo dire che in generale la cosa che ti colpisce di più è quanto l’Italia sia contemporaneamente amata e invidiata. Quando, poi, invece, sono diventato Premier, guardandomi indietro adesso sono differenti i motivi di soddisfazione per ciò che siamo riusciti a portare avanti, ma la cosa di cui vado più fiero, se vogliamo, è stata quella, in un momento veramente difficile per il Paese (sono diventato Primo Ministro per caso e non in seguito ad una vittoria elettorale, bensì dopo una pesantissima sconfitta nostra), di avere svolto il ruolo avendo avuto tutto sommato una funzione rassicurante nei confronti dell’Italia. Penso, infatti, che ci fosse bisogno, in un passaggio così difficile, di rassicurazioni e ritengo che la funzione di un governo, al di là delle decisioni importanti che deve prendere, deve essere anche questa”.
ALCUNI MOMENTI DELLA SERATA
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