Milano / Malpensa
Colui che ha cambiato il mondo
- 25/12/2018 - 07:40
- Editoriali
- Sociale
La nascita di Gesù Cristo, che festeggiamo con grande solennità e con belle tradizioni antiche e nuove, non ebbe quasi alcuna visibilità o rilievo nel momento in cui si realizzò. Eccettuata la visita dei sapienti Magi, venuti in cerca del Bambino da lontano, spinti da un misterioso presagio, quel che avvenne a Betlemme nell’anno zero della nostra era fu un fatto piuttosto oscuro: si trattò di un bambino, venuto al mondo un po’ frettolosamente, in una stalla, apparentemente nato da una coppia sconosciuta, durante un viaggio per un censimento dell’Impero romano; solo alcuni pastori, avvertiti da segni soprannaturali, accorsero alla grotta dove il piccolo giaceva su di un po’ di paglia. In seguito questa vicenda fu studiata e recuperata dalla Comunità degli amici di Gesù, che ricostruirono ogni dettaglio con cura ed affidarono alle pagine immortali dei Vangeli la custodia dell’evento prezioso della nascita di Cristo. Ma cosa motivò questa indagine e ricostruzione di fatti? Perché tutta questa attenzione per quel parto, che ora è universalmente noto e venerato come “il Natale”? Sicuramente per le parole eccezionali e potenti di quel bambino, diventato un uomo straordinariamente buono e capace di donare senso e speranza a tutta l’umanità. E poi per i miracoli, che allora, come ancora oggi, avvengono per opera e nel nome di Gesù. Inoltre Egli volle donare la sua vita per ogni persona: il suo non era solo un nobile insegnamento, bensì una scelta di vita. Ma l’evento fondamentale, che getta un fascio di luce vividissima e sfolgorante sulla nascita di Cristo e che ne permette la comprensione è la sua Resurrezione, dopo la morte sulla Croce. Il Natale, slegato dal risorgere glorioso di Cristo, rimane un commovente episodio, come tanti altri, della storia dell’umanità, che spinge a sentimenti di umana tenerezza e compassione, magari anche un po’ sdolcinati. Ma alla luce delle Resurrezione, la nascita di quel Bambino è svelata nel suo più profondo mistero: Dio è con noi, è all’interno della nostra storia, nella nostra umanità, presente ed amico, ci salva dal peccato e dalla morte. I primi cristiani sapevano molto bene tutto questo e contemplavano il Natale attraverso la lente della Resurrezione. Ci sono artistiche testimonianze nelle sepolture dei cristiani nell’ultima stagione imperiale romana; quando il cristianesimo, da tollerato, divenne culto accettato dell’Impero, le famiglie più abbienti cominciarono a farsi scolpire sarcofagi ricoperti di simboli cristiani, che richiamavano il destino eterno dell’uomo; uno di questi simboli era proprio la nascita di Gesù, riletta a partire dalla Resurrezione. Vi si vede il bambino deposto in una mangiatoia, che ha la forma di un sarcofago; è un bimbo vivo, ma avvolto in strette fasce come si usava per un morto; presso quella mangiatoia si sfamano, non di fieno, ma del piccolo bimbo, i famosi asino e bue (che nei Vangeli non sono menzionati). I due simpatici animali, ormai universalmente presenti del presepe, rappresentano la nostra umanità, che a causa del male e del peccato diventa in qualche misura bestiale e che solo nutrendosi del Cristo risorto, che già esce vivo dalla mangiatoia-sepolcro, mistero dell’Eucarestia, può recuperare la propria vera identità e nobiltà. Il Natale è dunque nascita di Colui che donerà la sua vita per amore di ogni essere umano e che risorgerà, donando ad ognuno una vera speranza di felicità per il presente e per l’eternità.
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