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giovedì 28 novembre 2024 | ore 11:39

Una via per Padre Damiano

Nato a Castano, Padre Damiano Noé era stato missionario per oltre 30 anni in Africa. Nel 2004 se ne era andato per sempre, dodici anni dopo la città gli intitola una via.
Castano Primo - Padre Damiano Noé

La vita intera dedicata agli altri, al prossimo e a chi aveva bisogno. Trent’anni di missioni in Africa accanto ai più deboli. E quando l’8 gennaio di 12 anni fa se ne è andato per sempre, in tanti a Castano Primo (la sua città natale) si sono chiesti che cosa si sarebbe potuto fare per mantenere vivo il ricordo di una persona tanto speciale. Dodici anni dopo, allora, sarà una via, che gli verrà dedicata proprio nel suo paese, a rendergli omaggio. Là, in quella traversa a fianco della nuova rotonda di via Vittorio Veneto, ecco appunto la via Padre Damiano Noé. La cerimonia ufficiale di intitolazione è in programma il prossimo lunedì 26 settembre alle 18: l’occasione per dire ancora una volta grazie a questo missionario per l’attività messa in campo sempre e per l’esempio che ha saputo trasmettere a più generazioni di castanesi che hanno avuto modo di conoscerlo e di incontrarlo. Nato, dunque, a Castano nel 1937, Padre Damiano Noé era entrato giovanissimo nell’ordine dei Frati Minori Cappuccini, trascorrendo i primi anni della sua formazione nel convento di Vigevano. E’ proprio durante gli studi che aveva maturato la vocazione missionaria ed aveva così espresso ai superiori il desiderio di recarsi in Africa, in Congo dove la provincia Cappuccina di Alessandria ha le sue missioni. I superiori, però, non glielo avevano permesso e allora aveva scelto di trasferirsi al convento di Napoli, dove si era iscritto alla facoltà di geologia. Lo studio da una parte, il lavoro in un’officina meccanica dall’altra, fino a che, cambiati i superiori, aveva ricevuto il permesso di partire. L’inizio di una importante e fondamentale attività: oltre trent’anni in quei luoghi e in quelle terre segnati dalla grande povertà. Il suo impegno era stato significativo; diverse le opere che era riuscito a realizzare; tanti gli aiuti portati, ma anche molte le difficoltà con le quali aveva dovuto confrontarsi. Lui, però, non si era mai arreso e perso d’animo e avrebbe anche proseguito la sua missione per molto e molto tempo ancora se non fosse stato che le sue condizioni di salute, nel frattempo, erano peggiorate. Nonostante questo, comunque, era riuscito ugualmente a salvare bambini e suore durante un’incursione dei soldati; una settimana nascosti nella foresta e quando finalmente aveva raggiunto l’aeroporto di Kinshasa delirava; subito, allora, ecco il trasporto in aereo, ma durante il tragitto era andato in coma e si era deciso per il ricovero ad Anversa, in un centro per malattie tropicali. Si era salvato e appena riprese un poco le forze aveva chiesto di tornare in Africa: sapeva di dover morire e voleva che avvenisse tra la sua gente, però i superiori non glielo avevano permesso. Gli ultimi anni, pertanto, li aveva trascorsi qui, in Italia, fino a quell’8 gennaio del 2004 quando i suoi occhi si sono chiusi per sempre ed è volato in cielo.

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