Milano / Malpensa
Nome in codice: Jocker
Jocker. È questo il nome di battaglia di Andrea, 23 anni, che vive a Turbigo. Al contrario di tanti suoi tranquilli coetanei che ascoltano musica e vanno in palestra, questo ragazzo si è scelto un hobby ben più elettrizzante, movimentato e, a volte, pericoloso: softair. “Ci sono vari modi per giocare, -ci spiega lui stesso- ma, fondamentalmente, si tratta sempre di ricreare un ambiente di guerriglia e tattiche militari. Ci sono tornei tra team e partite in cui si affrontano due sole squadre; l’obbiettivo può essere quello di conquistare la bandiera degli avversari, le loro basi, o anche il cosidetto ‘sterminio totale’ dei componenti dell’altra squadra”. Niente sangue o feriti, ovviamente: a softair si gioca con un attrezzatura autorizzata, che può anche essere noleggiata, composta da divisa, protezioni e riproduzioni di armi, che possono essere elettriche, a gas o ad aria compressa e sparano pallini di plastica o biodegradabili del diametro di 6mm e del peso di 0,20 grammi. Il campo di gioco è uno spazio delimitato e convalidato, che può riprodurre diversi ambienti: dalla boscaglia all’urbano. Come hai cominciato? “Un amico di mio padre, conoscendo la mia passione per le simulazioni di guerriglia, mi ha portato al campo ‘Charlie One’ a Cameri. Ho iniziato a farmi conoscere nell’ambiente e, alla fine, sono anche diventato accompagnatore nelle partite: controllo che si rispettino le regole e che nessuno si faccia male”. Nonostante possa sembrare un gioco violento, come tutte le attività ludiche, anche quello del softair è un ambiente in cui fare nuove conoscenze, ma… ci sono lati negativi? “Per giocare a softair si richiede una grande onestà: i pallini non lasciano tracce sulle divise e quindi bisogna fidarsi dei giocatori per sapere chi è stato colpito e quindi eliminato dal gioco. Purtroppo, non sempre i propri avversari dimostrano una tale onestà e lì sì che si litiga per davvero… Lo scopo del gioco, invece, dovrebbe essere solo quello di divertirsi”. Ma softair è un gioco internazionalmente regolamentato? “Certamente. In Italia, ogni Regione ha la sua federazione ed è anche uno sport riconosciuto dal CONI, di cui si organizzano campionati ufficiali. Io stesso volevo creare una squadra registrata che partecipasse a competizioni e tornei, ma questo sogno non si è realizzato. Per ora…”
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