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"Tante le forme di discriminazione"

Milano - Angelo Scola nuovo Arcivescovo di Milano

“Sono tante le forme di discriminazione che ancora perdurano nelle nostre terre e che - pur nella nostra debolezza - possono essere ridotte, contenute, perché la dignità di ognuno si affermi” ha spiegato nella sua omelia. “Noi siamo “figli del Regno” e come tali dobbiamo comportarci come persone libere, coinvolte in una trama di relazioni buone a partire da quella essenziale della famiglia. Vivendo quotidianamente, in spirito di sobrietà evangelica, affetti, lavoro, riposo, affrontando il male fisico e morale, prendendoci cura della nascita, dell’educazione e della morte, promuovendo la giustizia e la pace, le donne e gli uomini segnati dal battesimo di Cristo danno corpo alla Chiesa e contribuiscono, in autentica amicizia civica, all’edificazione di una società civile dal volto umano”. Concludendo l’omelia il cardinale Scola ha invitato a vigilare “sul nostro stile di vita. Pratichiamo una sobrietà fatta non solo di privazione, ma intessuta dal dono di sé e dalla condivisione con i fratelli e al termine della Messa il cardinale Scola ha invitato a pregare “per chi è nel travaglio e nella fatica e in particolare per chi si trova senza una casa”.

L'Omelia dell'Arcivescovo Angelo Scola del 23 novembre 2014

1. Chi sono i figli del Regno
Le letture di questa II domenica di Avvento ci mettono davanti al fatto che ogni uomo è chiamato a partecipare al Regno, alla comunione filiale con Dio Padre (I figli del Regno).
Lo è anzitutto il popolo che Dio si è scelto e al quale rimane fedele anche nella prova dell’esilio: un popolo provocato a non arroccarsi nella falsa sicurezza della propria elezione, ma chiamato a continua conversione. Nell’inarrestabile disegno della misericordia di Dio la chiusura del popolo di Israele si trasforma in occasione perché il Vangelo sia annunciato a tutti i popoli della terra.

2. Il mio vanto è in Gesù Cristo
Nel Vangelo di Matteo il Battista dichiara: «Colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali» (Vangelo, Mt 3,11). E San Paolo afferma: «Questo dunque è il mio vanto in Gesù Cristo nelle cose che riguardano Dio. Non oserei infatti dire nulla se non di quello che Cristo ha operato per mezzo mio» (Epistola, Rm 15,17-18a).
Giovanni Battista e Paolo proclamano e testimoniano la precedenza, il “venir prima” della persona di Gesù. L’«io non sono degno» del Battista ed il «vanto» di Paolo «in Gesù Cristo» scaturiscono dal riconoscimento di questa precedenza di Gesù. È questa la condizione per annunciare il Regno, cioè la persona stessa di Gesù Cristo, a tutte le genti: «Il tuo nome, o Dio, si estende ai confini della terra» (Salmo responsoriale).

3. Giovanni e Gesù: essere voce di un Altro
Giovanni anticipa, in sé e nella sua opera, la persona e l’opera di Gesù: in entrambi c’è lo stesso forte richiamo alla conversione («Convertitevi perché il regno dei cieli è vicino», Mt 3,2: queste parole di Giovanni sono le stesse di Gesù in Mt 4,17); entrambi, fedeli al loro compito, entrano in conflitto con il potere sia religioso che politico («Razza di vipere…», Mt 3,7b; le parole con cui il Battista apostrofa farisei e sadducei sono le stesse che userà Gesù in Mt 12,34 e 22,33). Per queste parole e questi atteggiamenti vengono messi a morte. Possiamo allora riconoscere che accogliere Giovanni e imitare San Paolo significa accogliere chi porta a Gesù. Il precursore e Paolo sono testimoni. Sono voce di un Altro.
«Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaia quando disse: “Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore”» (Vangelo, Mt 3,3). Le parole del Vangelo indicano che la figura del testimone non è comprensibile al di fuori del rapporto con Colui che lo rende tale. Si capisce il sacrificio del Battista solo alla luce di quello di Gesù. Il Santo Padre ha detto: «Il senso della vita di Giovanni è indicare un altro. … La figura di Giovanni a me fa pensare tanto alla Chiesa: la Chiesa esiste per essere voce del suo sposo, che è la Parola» (Omelia in Santa Marta, 24 giugno 2013). E in questo senso è importante riconoscere che il testimone è sempre sproporzionato, in difetto, rispetto a Colui cui rende testimonianza.

4. Trasformati dallo Spirito Santo per essere dimora di santità
Tra la figura e l’opera di Giovanni Battista e quella di Gesù c’è continuità, ma anche discontinuità, perché Gesù introduce una radicale novità. È il Battista stesso a svelarcela: «Io vi battezzo nell’acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me… vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco» (Vangelo, Mt 3,11). Il battesimo che Giovanni conferisce è un battesimo di preparazione, quello di Gesù è il battesimo definitivo. In esso, come nel fuoco di un crogiuolo, l’uomo verrà interiormente trasformato dallo Spirito Santo.
Come si documenta, nella vita dell’uomo di oggi, l’efficacia di tale battesimo che la stragrande maggioranza del popolo ambrosiano ha avuto in dono? Ce lo indica il Battista.
Giovanni Battista «portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico» (Vangelo, Mt 3,4). In sostanza dal Battista ci viene un forte richiamo ad uno stile di vita sobrio ed essenziale.

«La sobrietà è virtù che nasce e cresce attraverso un sapiente e coraggioso discernimento, che la mantiene intimamente collegata con la sua finalità: essere via privilegiata che conduce alla solidarietà, alla condivisione vera e concreta di tutto ciò che è necessario per vivere secondo la dignità umana, che è di tutti, senza alcuna discriminazione» (Benedetto XVI, Omelia del 31 dicembre 2008).
Sono tante le forme di discriminazione che ancora perdurano nelle nostre terre e che - pur nella nostra debolezza - possono essere ridotte, contenute, perché la dignità di ognuno si affermi.

Vivendo con consapevolezza il battesimo, il cristiano realizza la sua vera natura di “figlio nel Figlio”. Noi siamo “figli del Regno” – è il tema di questa II domenica di Avvento – e come tali dobbiamo comportarci come persone libere, coinvolte in una trama di relazioni buone a partire da quella essenziale della famiglia. Vivendo quotidianamente, in spirito di sobrietà evangelica, affetti, lavoro, riposo, affrontando il male fisico e morale, prendendoci cura della nascita, dell’educazione e della morte, promuovendo la giustizia e la pace, le donne e gli uomini segnati dal battesimo di Cristo danno corpo alla Chiesa e contribuiscono, in autentica amicizia civica, all’edificazione di una società civile dal volto umano.

5. La vigilanza dei “figli del Regno”
Giovanni Battista predicava e battezzava nel deserto della Giudea. Il Vangelo ci propone la scena della richiesta del battesimo da parte dei farisei e sadducei. Il battista si scaglia contro di loro, senza buonismo perché poggiavano la loro appartenenza al popolo eletto su una meccanica e falsa sicurezza di avere Abramo come Padre. Ci è invece richiesta la continua conversione.
Ciò che nel deserto, cui talora si riduce il nostro cuore, si può solo domandare con energica volontà, avviene quando il Signore viene (Avvento) nella nostra umana miseria per farne il luogo della sua dimora di santità. Egli realizza l’oracolo del Profeta Isaia: «… felicità perenne sarà sul loro capo, giubilo e felicità li seguiranno, svaniranno afflizioni e sospiri. Io, io sono il vostro consolatore [colui mediante il quale (cum) l’uomo diventerà intero (solus), si compirà]» (Lettura, Is 51,11b-12). La Cappella canterà alla Comunione: «Da nobis pacem Domine… tu nostra spes et salus (Dacci la pace Signore… tu nostra speranza e salvezza)».
Si apre così per tutti i battezzati, per noi quindi, la speranza affidabile che intendiamo alimentare, con continuità nell’attesa di questo Avvento.
In questa II settimana di Avvento vigiliamo sul nostro stile di vita. Pratichiamo una sobrietà fatta non solo di privazione, ma intessuta dal dono di sé e dalla condivisione con i fratelli. Siamo figli del Regno.
Questo dono non può essere tenuto nascosto: siamo invitati, come Giovanni Battista, ad indicare, in tutti gli ambienti dell’umana esistenza, “Colui che ci precede”, “Colui che è venuto tra noi”, Colui che accoglieremo, con Sua madre Maria, nella gloria. Amen.

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