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lunedì 31 marzo 2025 | ore 23:58

Cinque anni dopo la pandemia

L’intervista al dottor Roberto Burioni, uno dei volti della campagna vaccinale anti Covid.
Dott. Roberto Burioni

A cinque anni dallo scoppio della pandemia da SARS-CoV-2 che ha messo in ginocchio l’Italia e il mondo intero, facciamo un’analisi insieme al professor Roberto Burioni, medico e virologo all'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.

Dopo cinque anni, abbiamo una visione chiara di ciò che è successo?
Per la maggior parte delle cose sì, perfettamente. Sappiamo che è arrivato un virus nuovo, per cui nessuno era immunizzato. Una pandemia può ritenersi conclusa quando la stragrande maggioranza della popolazione è immunizzata. Nel caso recente, ciò che ha fatto la differenza rispetto ad altre pandemie della storia è che il mondo ha avuto l’opportunità di immunizzarsi non ammalandosi ma tramite vaccinazione. Un’impresa formidabile, perchè il vaccino ha permesso alla popolazione, soprattutto più fragile, di incontrare il virus già immunizzati. Bisogna però tenere conto che non c’era solo il Covid e i pronto soccorso erano saturi. Inoltre, noi siamo stati il primo paese democratico ad incontrare il virus dopo la Cina, da cui però non si è saputo nulla. C’è ancora un dettaglio che non conosciamo: non siamo certi dell’origine di questo virus, complice anche l’omertà della Cina che ha distrutto tutti i campioni.

Se dovesse ripresentarsi uno scenario simile, sapremmo rispondere in modo diverso?
Spero di sì, anche se sono questioni politiche e non scientifiche. Nel gennaio 2020 discutevo sul fatto che bisognava provvedere in modo più drastico alla chiusura delle frontiere e quello che mi si contestava non era l’opportunità scientifica ma politica. Sappiamo di più e sicuramente abbiamo più strumenti. Alla fine la risposta ad una pandemia non è solo scientifica ma strategico-politica.

Pensando alla figura del medico, come spiega questa perdita di fiducia nei confronti dei sanitari?
La cosa surreale è che questo succede dopo una delle più grandi conquiste dell’umanità. Purtroppo un medico questa dinamica non la sa spiegare, forse ci vorrebbe un sociologo, ma la cosa più probabile è che la sapranno spiegare gli storici.

Parliamo di obbligo vaccinale, lo ritiene opportuno?
Si tratta di una questione squisitamente politica. La scienza non ci può dire se è giusto o no, sono scelte politiche. Quello che è importante dire è che chi non si è vaccinato ha messo in pericolo se stesso e gli altri. Per dare un’idea: quando nel 2015 la Lorenzin impose la vaccinazione obbligatoria, l’Italia registrava una copertura vaccinale inferiore a quella della Nigeria. La scelta dell’obbligatorietà è politica e io la rispetto.

Guarda il video dell'intervista:

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