Milano / Malpensa
La loro vita al servizio della Patria
- 06/11/2010 - 15:57
- Attualità
LA STORIA DI MATTEO, 20 ANNI: Una scelta coraggiosa e forte, che ti obbliga a rinunciare agli affetti e alle amicizie, ma che regala tante soddisfazioni. È quella che ha fatto Matteo, 20 anni, di Nosate, che, qualche tempo fa, ha deciso di diventare un soldato, di entrare nell’Esercito Italiano per servire la Patria. “Sicuramente ci vuole coraggio – ci ha raccontato – E’ stato un po’ per interesse personale, un po’ anche perché ritengo che sia un’esperienza importante, sia dal punto di vista formativo che per la crescita”. Si inizia con la compilazione dei moduli, poi le visite mediche e, quindi, l’addestramento. “Sono stati giorni e settimane estenuanti. Non è solo lavoro per quanto concerne il fisico, ma molto a livello psicologico. Si vuole, infatti, testare la tua resistenza mentale. Non è semplice, infatti, diversi miei compagni hanno deciso di lasciare… Inoltre, sono previsti test teorici e pratici”. Finalmente, a luglio, per Matteo è arrivato il momento del giuramento a Verona. Per quest’anno, sarà d’istanza alla caserma Santa Barbara di Milano col grado di Caporale, abituandosi a vivere in caserma, a rientrare a dormire tutte le sere, a prepararsi per il saluto ogni mattina ed a tornare a casa molto raramente. Missioni all’estero? “Penso che sia un’esperienza doverosa per un soldato che vuole difendere la propria Patria – continua il 20enne – La divisa significa questo. Però, devo ammettere, che fa anche molta paura. Tutte le realtà sono differenti le une dalle altre. E, poi, per quanti addestramenti tu possa fare, in azione sotto il fuoco nemico può accadere qualsiasi cosa. Bisogna essere preparati, ma anche capaci di visualizzare e capire la situazione in cui ci si trova, pronti ad intervenire ed a salvaguardare la salute tua e dei compagni che ti stanno accanto”. Una scelta importante, lo ribadiamo ancora una volta, a dimostrazione di come ancora oggi Matteo e tanti altri giovani come lui credono in veri valori e li difendono, nonostante tutti i rischi che ciò comporta.
(DI ALESSANDRA CACCIA)
MARIO E I RICORDI DELLA GUERRA:Di uomini che hanno fatto l’impresa, scrivendo la storia, ne esistono davvero pochi e le loro gesta ci sono state tramandate attraverso i libri di scuola, ma molta parte degli accadimenti storici non sarebbero stati possibili se non ci fossero stati altri uomini, semplici soldati dotati di enorme coraggio, pronti a combattere per un ideale. È il caso questo di Mario Introini, classe 1920, originario di Samarate, ma residente a Buscate da ormai 60 anni, dove è stato panettiere per oltre 30 anni assieme alla moglie Gina e che, domenica scorsa, in occasione delle celebrazioni per il 92° anniversario della Vittoria, è stato insignito dall’Amministrazione comunale di un riconoscimento per essersi contraddistinto in battaglia durante la Seconda Guerra Mondiale e per essere uno dei reduci della Campagna di Russia. “A soli 20 anni partii per Alba per essere arruolato nel Reparto Battaglione – Mortai Quarantatreesima Fanteria, ma da lì a poco l’Italia entrò in guerra e così, con gli altri commilitoni, fui costretto a marciare verso il fronte francese, dove si consumò una breve battaglia che portò subito ad un armistizio – racconta – Successivamente venni scelto per la campagna di Russia”. “Partii con la tradotta da Venezia il 3 maggio 1941 – continua Mario – Mentre alcuni miei compagni furono destinati a combattere al fronte, io grazie alla mia professione, avevo il compito di approvvigionare le truppe”. Poi dopo lo sfondamento centrale del fronte italo – tedesco nel dicembre del 1942 ad opera dell’armata rossa, iniziò la ritirata di Russia… “Furono 3 mesi di marcia per un totale di 2 mila chilometri a -25°C. Impossibile scordare quei momenti: fame, freddo e tanti compagni fatti prigionieri o lasciati morire lungo il cammino. Infine, il 15 marzo 1943, presi la tradotta per l’Italia, destinazione Tarvisio, prima, e Voghera, poi, dove attesi la fine della guerra. Quel treno per me significò la libertà e il ritorno alla vita”. (DI FRANCESCA FAVOTTO)
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