Milano / Malpensa
Cinevideogame ultima frontiera
- 30/09/2019 - 12:08
- Over the Game
Il programma sorgente
Da cosa nascono i videogiochi? Dalla volontà di un gruppo d'appassionati riuniti in una stanza a lavorare su un insieme di pixel? O c'è qualcosa di molto più intrinseco e antico all'origine del medium? Per rispondere a queste domande dovremo tornare indietro ai tempi in cui Roma era la culla della civiltà e riscoprire i miti di Ercole, Perseo, Ulisse, Giasone e i suoi Argonauti. Fin dall'alba dei tempi, l'umanità è cresciuta con il mito dell'eroe; un uomo o una donna che affronta un percorso personale di crescita, attraversando terre e mondi lontani che li portano a superare prove e imprese audaci e a fronteggiare orde di nemici e creature fantastiche a dir poco invincibili. Basandosi su questo semplice principio, si è sviluppata l'arte nota come 'narrativa', che ha dato vita a un'infinità di eroi e archetipi tipici della cultura popolare nel corso dei secoli. L'arte di creare e raccontare storie si sviluppo ulteriormente all'alba del XX secolo, con la nascita di due nuove correnti artistiche: il fumetto e il cinema. Inutile dire che quest'ultima si impose subito come nuovo mezzo di comunicazione e intrattenimento per la nostra specie, e per la prima volta la letteratura ebbe l'occasione di diventare viva davanti agli occhi del suo pubblico; ma si sa il sonno della ragione genera mostri, e un po' come fu per il teatro, anche il cinema ebbe delle gravi difficoltà a adattare le grandi opere letterarie del passato e del presente. Gli spettatori che avevano letto in precedenza la versione cartacea, nella maggior parte dei casi rimanevano delusi e amareggiati dalla controparte filmica, che presentava trama e personaggi completamente differenti e non corrisposti rispetto al testo originale. Tale fenomeno si ripeteva anche con i fumetti; a differenza di oggi che possiamo gioire ed essere estasiati davanti ai film Marvel o DC, i primi tentativi non furono dei più memorabili. Infatti la scarsità degli effetti speciali, rendeva tali operazioni dei veri e propri calvari che davano vita a degli autentici abomini. Mentre i filoni dei cinebook e dei cinecomic avanzavano e si evolvevano tra alti e bassi, una nuova tecnologia stava nascendo dalla fusione di cavi elettrici e pezzi di metallo; una macchina che avrebbe dato vita ad un nuovo modo di raccontare storie.
La macchina della realtà
Negli anni tra la fine della Seconda Guerra Mondiale e l'inizio dell'era atomica, un nuovo macchinario nato per decifrare i codici segreti nazisti stava muovendo i primi importanti passi per diventare un nuovo oggetto di uso quotidiano nella vita di tutti i giorni. I primi computer occupavano un'intera stanza ed erano usati per lo più per potenziare le abilità di calcolo e memorizzazione della mente umana. Tra le scoperte e conquiste che hanno caratterizzato la cosiddetta 'terza rivoluzione industriale' c'è ne fu una, che fu cruciale per la nostra storia: nel 1961 sei giovani scienziati del Massachusetts Institute of Technology, riuscirono a dare movimento a dei puntini luminosi sullo schermo di un 'PDP-1': nasceva 'Spacewar', il primo videogioco che la storia ricordi. Però si dovranno attendere gli anni Settanta per avere i primi veri videogiochi, interamente prodotti per il grande pubblico. I primi giochi sfruttavano quasi tutti l'archetipo del viaggio dell'eroe; i giocatori muovevano il protagonista in pixel attraverso un mondo grafico costellato di insidie e pericoli per accumulare punti e passare al livello successivo. Tra i vari esempi del genere ci sono 'Adventure' e 'Zork'; se il primo era un gioco d'esplorazione multi-mappa inspirato all'epica fantasy, il secondo era un'avventura testuale inspirata ai libri game e ai giochi di 'Dungeons&Dragons', dove le decisioni prese andavano a influenzare la storia del personaggio; da qui si può notare che il medium nonostante le varie limitazioni dei processori del periodo, cominciava ad evolversi, non solo per farci spendere tempo e monete, ma anche per raccontarci una storia. È poi interessante notare come spesso i videogiochi prendano spunto dal cinema per le loro storie e messa in scena in generale; infatti è impossibile non fare un paragone con i personaggi di Jena Plissken e Rambo, con il Solid Snake della saga di 'Metal Gear Solid'; o notare cenni e citazioni dei film di Sam Raimi, Wes Craven e Stuart Gordon in un gioco come 'Splatterhouse'; e in fine, è inopportuno non cogliere l'atmosfera carica di tensione e angoscia dei film di George A. Romero nei giochi di 'Resident Evil' o gli scenari distopici e stempunk di 'Brazi' nella trilogia di 'Bioshock'. Con questo saccheggio coatto del medium videoludico nei confronti del cinema, era prevedibile che anch'esso cominciasse a prendere spunto dai videogiochi. E il primo tentativo fu una grande pagina di storia, la più nera che il cinema abbia mai visto.
Nintendo e la maledizione di Super Mario Bros.
Se in precedenza il cinema aveva copiato lo stile dei videogiochi con film come 'Tron', 'Wargames', e 'Giochi stellari'; nessuno aveva ancora realizzato un'adattamento diretto da un videogioco. La causa principale era dovuta anche al fatto che la maggior parte dei giochi usciti in quel periodo erano completamente sprovvisti di trama e si concentravano principalmente su semplici azioni come salta, para, colpisci, spara, esplora e così via. L'altra ragione era che i personaggi dei primi videogiochi non erano così carismatici e riconoscibili come lo sono oggi, fatta eccezione per uno: Super Mario. Con oltre quarantamila copie vendute in tutto il mondo, Super Mario si era guadagnato la fama di personaggio cult della cultura pop anni Ottanta, assieme ad altri idoli come Pac-Man e Link di 'The Legend of Zelda'. All'alba degli anni Novanta, dopo avere saccheggiato la letteratura e i fumetti, Hollywood era dunque pronta per sfruttare il nuovo medium e il personaggio di Mario era il candidato ideale per tentare il grande salto in tutti i sensi. Nel settembre 1990, Lightmotive, la società di produzione personale del regista di 'Urla del silenzio', Roland Joffé, strinse un accordo con Nintendo per produrre un film sul celebre baffuto idraulico di Nintendo. La Lightmotive vinse sulle altre case di produzione perché propose che il film avrebbe avuto una funzione tipo prequel del gioco, come se fosse il primo passo in uno scenario di botta e risposta in cui i film e i videogiochi si sarebbero alternativamente svolti in diversi capitoli della stessa storia, o almeno questo era l'obbiettivo iniziale. Quando il film entro in lavorazione, i produttori incontrarono non pochi problemi, in particolare nella trama considerata fin troppo semplice e sterile per un blookbuster; così dopo il licenziamento di Roland Joffé, l'assunzione della coppia Annabel Jankel e Rocky Morton in cabina di regia e il fallimento della Lightmotive, 'Super Mario Bros.' arrivò in sala nel 1993 e fu come se un gigantesco manto funebre si fosse avvolto intorno alla neonata corrente filmica. Da quel giorno nacque la famigerata 'Maledizione di Super Mario Bros.' destinata a colpire chiunque avesse tentato di trasporre i pixel in fotogrammi per i secoli dei secoli.
Il caso Wing Commander: la fine e il principio
Dopo il disastroso debutto del primo film tratto da un videogioco, altri ne seguirono, e tutti (fatta eccezione per il primo film di 'Mortal Kombat') fallirono miseramente. Il caso più particolare del periodo è senza dubbio 'Wing Commander: attacco alla terra'; perché a differenza degli altri film è l'unico diretto dal creatore stesso: Chris Roberts. Il gioco originale era ambientato nel 2654, e vedeva la Confederazione Terrestre che combatteva contro i Kilrathi, una razza aggressiva simile a felini che aveva scatenato una sanguinosa guerra contro la Confederazione Terrestre. Il giocatore interpretava un pilota senza nome appena entrato a far parte dell'equipaggio della gloriosa TCS Tiger Claw, un'astronave classe Bengal. Il giocatore sceglieva il nome e il soprannome del pilota e iniziava le missioni: se ben riuscite portavano ad avanzamenti di grado e all'utilizzo di mezzi migliori, mentre il fallimento portava a riduzioni di grado o alla perdita della partita nel caso di missioni critiche. Uscito nel 1999, il film di 'Wing Commander' è un notevole esempio che dimostra che neanche il creatore del gioco può fare miracoli per trasporre la sua creatura al cinema: la trama e i personaggi sono molto generici e il copione presenta degli spaventosi buchi logici a livello narrativo; gli effetti speciali ricordano molto i primi film diretti da Peter Jackson: molto funzionali e accurati, ma decisamente fuori posto in un film dal budget così elevato; la regia è simile a quella di Paul W. S. Anderson, in termini di stile e narrazione, ma il risultato è annacquato e depotenziato. In conclusione: il film di Roberts aveva messo fine agli adattamenti dai videogiochi; ma allo stesso tempo era divenuto un'esempio per le generazioni di sceneggiatori e registi che sarebbero venute dopo; una vera e propria checklist in negativo di quanto non bisogna fare negli adattamenti videoludici.
Un nuovo millennio e il trionfo della fantasia sulla realtà
Nello stesso anno in cui Chris Roberts esordiva al cinema, un altro film usciva nelle sale di tutto il mondo, un film destinato a stravolgere e rivoluzionare l'industria cinematografica per sempre, e che avrebbe consacrato Keanu Reeves come idolo della fantascienza cyberpunk. La pellicola in questione era 'Matrix' di Andy e Lana Wachowski, e pur non essendo tratta da un videogioco essa mostrava svariate similitudini con il medium videoludico: dai combattimenti al limite dell'umano, alle sequenze d'azione sparatutto e all'uso del telefono fisso come punto di salvataggio; il film dei Wachowski ha tutte le caratteristiche di un action-game openworld, dove il giocatore deve portare a termine svariate missioni per poter finire il gioco. Tale successo fu di grande ispirazione per due film che sarebbero usciti anni dopo: 'Lara Croft: Tomb Raider' di Simon West e 'Resident Evil' di Paul W. S. Anderson. Entrambi i film mostrano la pesante influenza dello stile action di 'Matrix', unita con le nuove e più avanzate tecniche di computer grafica. Grazie a essa, noi oggi possiamo piegare la realtà a nostro piacimento e varcare le soglie di mondi fino ad ora inesplorati. La seconda era dei cinevideogame era iniziata.
Quell'assassino di Uwe Boll
Uno dei motivi principali per cui i cinevideogame sono sempre stati visti al gradino più basso nelle categorie di genere, è dovuto soprattutto ad un uomo. Tedesco, classe 1965, Uwe Boll è certamente un nome in grado di far tremare le mani ai videogiocatori di tutto il mondo. Ex pugile semi-professionista, Boll comincia la sua carriera negli anni Novanta fondando la casa di produzione 'Boll KG'. Dopo aver diretto un paio di film per il mercato home-video Tedesco, sbarca in America per cominciare la scalata al successo (o almeno così credeva). Dopo una serie di film più o meno buoni, nel 2003 dirige la sua prima trasposizione videoludica, che lo porterà a essere ricordato come il peggior regista del mondo, dopo Edward D. Wood Jr. e Tommy Wiseau. Il film in questione è 'House of the dead' tratto dall'omonimo sparatutto della SEGA, ed è tutt'oggi considerato uno dei film più brutti del mondo. Per certi versi la pellicola di Boll è anch'essa al pari di 'Wing Commander', un manuale di riferimento per chi volesse adattare un videogioco al cinema senza fare disastri: riprese digitali fatte con due lire che scimmiottano lo stile di 'Matrix', concetto di interazione e struttura videoludica azzerato ma, soprattutto, l'utilizzo di cattivi attori e brutte scene per tradire un brand, riciclando un titolo per farne un B-movie di infima rilevanza. Con una trama che omaggia i peggiori zombie-movie made in Italy, una regia simile a quella di Roger Corman sotto acido e un continuo alternarsi di sequenze prese dal gioco, 'House of the dead' è uno spettacolo abominevole, in grado di far sanguinare gli occhi anche ai non videogiocatori. Molti titoli sono caduti sotto la mannaia di questo spietato serial killer videoludico; le perdite più gravi sono certamente 'Alone in the dark' e 'Far cry'.
Bagliori nel buio
Esattamente come è stato per i cinebook e i cinecomic, Hollywood ha continuo a provare e sperimentare, finché non è accaduta una cosa curiosa: i due medium hanno cominciato a copiarsi a vicenda, con risultati a dir poco straordinari. Con l'evolversi della tecnologia, i videogiochi sono passati da semplice passatempo pomeridiano a vero e proprio mezzo di comunicazione e narrazione interattivo. Due degli esempi più significativi di questa nuova tendenza sono 'Dead space' e 'Red Dead Redemption'. Se giocando al primo vengono in mente le atmosfere claustrofobiche del cult 'Alien' fuse con le meccaniche di 'Resident Evil' e 'Silent Hill', nel secondo non può venire in mente l'epica dei film di Sergio Leone unita con l'interazione open-world di 'Grand Theft Auto'. Se da una parte i videogiochi copiano il cinema, dall'altra, sceneggiatori, produttori e registi si sono attivati per comprendere a pieno il modello videoludico, per evitare gli errori del passato e per poterci regalare un'esperienza cinematografica degna della sua controparte virtuale.
La fine del medioevo e l'inizio del rinascimento?
Negli ultimi anni il filone dei cinevideogame nonostante i vari passi falsi compiuti da sceneggiatori e registi, si è guadagnato un posto di rilievo a Hollywood, e stima una larga fetta di fan e appassionati in tutto il mondo. Film come il reboot di 'Tomb Raider', 'Warcraft: l'inizio', 'Rampage: furia animale' e il più recente 'Pokémon: Detective Pikachu' hanno dimostrato che i due medium possono convivere e regalarci storie e personaggi in grado di emozionare e inspirare le future generazioni. Tale successo si deve anche grazie ai film della Marvel, che sono tutt'oggi l'esempio perfetto di viaggio dell'eroe. Sfruttando questo modello, l'industria cinematografica riuscirà a darci un prodotto che ci faccia gioire come 'Pokémon: Detective Pikachu'? Vedremo mai un grande croosover con i più grandi eroi del panorama Nintendo o SEGA? La maledizione di Super Mario Bros. è definitivamente morta o si è solo nascosta in attesa di passare il testimone a un nuovo abominio tratto da un videogioco? Per rispondere a queste domande dovremo attendere l'anno prossimo, con le uscite di 'Monster Hunter' (ritorno alla regia di Paul W. S. Anderson) e 'Sonic il film' (esordio alla regia di Jeff Fowler, prodotto da Tim Miller e Neal H. Moritz). Nell'attesa possiamo solo sperare che dopo il primo film live-action dei Pokémon, Hollywood abbia finalmente capito come approcciarsi al medium senza far danni e che possa in futuro ricevere stima e ammirazione per un genere che merita il giusto trattamento nel mondo dell'entertainment.
Lavori in corso
Mentre aspettiamo i film di 'Sonic' e di 'Monster Hunter', diamo un'occhiata alle produzioni ancora in fase embrionale attualmente in sviluppo nella terra del sole:
Five Nights at Freddy's: un custode che fa il turno di notte in un ristorante per famiglie, quattro animatronici dall'aria inquietante, cinque notti che diventano un incubo ad occhi aperti. Con queste premesse il gioco Survival Horror creato da Scott Cawthon, ha tutte le carte in regola per diventare un potenziale franchise cinematografico al pari de 'la bambola assassina' e 'Puppet Master'. Inizialmente partito dagli studi della Worner Bros. il progetto è ora passato nelle sapienti mani di Jason Blum, che ha sorpresa dei fan, ha affidato la regia a Chris Columbus, regista di 'Mamma ho perso l'aereo', le prime due pellicole di 'Harry Potter' e sceneggiatore del cult 'Gremlins'.
Duke Nukem: più forte di Deadpool. Più fico di Deadpool. E più cafone di Deadpool, lo sparatutto in prima persona della 3D Realms è perfetto per un film d'azione in grado di fornirci un divertimento che possa unire il caro mercenario chiacchierone della Marvel con il John McClane della saga di 'Die Hard'. La prima idea per un film venne a Larry Kasanof nel lontano 1998, ma solo in anni più recenti si è tornato a parlare del personaggio di Duke Nukem negli ambienti di Hollywood. Non si sa ancora chi dirigerà il film, l'unica cosa certa è che il regista Michael Bay ha unito le forze con Jean-Julien Baronnet (Assassin's Creed) per produrre il film sul personaggio, che ha già trovato la sua perfetta incarnazione in John Cena.
Uncharted: considerato l'anti-Indiana Jones dei videogiochi, il personaggio di Nathan Drake merita di diritto un'adattamento al cinema. Però sul grande schermo vedremo un giovane Drake (interpretato da Tom Holland) alle prese con la sua prima avventura, un po' come è successo alla Lara Croft di Alicia Vikander. Con una produzione in cantiere da anni e il cambio di ben cinque registi, l'uscita del film è programmata per il dicembre del 2020 e sarà il primo titolo prodotto da PlayStation Production, neonata casa cinematografica di chiaro stampo Marvel destinata alle produzioni filmiche e televisive delle IP Playstation.
Metal Gear Solid: un soldato geneticamente potenziato mandato a sventare i piani di una misteriosa associazione terroristica, missioni di infiltrazione e spionaggio all'interno di un grande complesso governativo, nemici dalle capacità sovrumane, robot bipedi, complotti, intrighi e tradimenti fanno della saga di Hideo Kojima un soggetto fantastico per un grande blockbuster nel perfetto stile di Hollywood. A dirigere il film è stato chiamato Jordan Vogt-Roberts (regista di Kong: Skull Island), che ha da poco ultimato il copione assieme a Derek Connolly, fresco del successo di 'Pokémon: Detective Pikachu'.
Resident Evil Reboot: nonostante la saga con Mila Jovovich si sia conclusa con il sesto capitolo, i fan sentono la mancanza della trama e delle atmosfere che hanno caratterizzato il primo gioco nel lontano 1996. per questo, a sorpresa di tutti è stato annunciato un Reboot totale della saga, che riprenderà la radice horror dei videogiochi originali. Con una prima bozza firmata da Greg Russo, già autore dell'annunciato reboot di 'Mortal Kombat', a dirigere il nuovo film, sarà Johannes Roberts (regista di '47 metri'), il quale ha confermato che a differenza del primo adattamento, la nuova pellicola sarà super spaventosa.
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