Milano / Malpensa
Disuguaglianza, lavoro, povertà
- 25/01/2018 - 18:03
- Nostro mondo
Quando sono rimasta incinta mi hanno messo a lavorare in un magazzino. C’erano tanti scatoloni pieni di scarpe e il mio lavoro consisteva nell’apporre il timbro. Queste scarpe andrebbero benissimo a mio figlio, sono molto belle. Vorrei che mio figlio avesse delle scarpe come queste, ma non è possibile. Credo che gli piacerebbero e mi dispiace per lui. Le scarpe sono molto belle. Sapete che un paio delle scarpe che facciamo vale più del nostro salario di un mese?
Lan, lavoratrice vietnamita del settore dell’abbigliamento. Testimonianza raccolta da Oxfam per il dossier Ricompensare il lavoro, non la ricchezza
Se dal 1990 al 2010 il numero di coloro che vivono in estrema povertà (cioè con meno di $ 1,90 al giorno) è dimezzato, le disuguaglianze sono in aumento; l’1% della popolazione mondiale possiede quanto il restante 99% e, nell’ultimo anno, l’82 % della ricchezza globale creata è andata all’1% più ricco, mentre il 50% meno abbiente non ne ha tratto alcun vantaggio. Questo è il quadro che emerge dal rapporto di Oxfam presentato al World Economic Forum di Davos.
Secondo l’ong inglese, la disuguaglianza a livello globale, pur rimanendo alta, tende a diminuire progressivamente grazie alla crescita economica e all’aumento di reddito delle fasce medie e basse della popolazione che si registra in America Latina, Cina e in altri paesi asiatici; tuttavia, è in notevole espansione quella all’interno dei singoli paesi, che incide in maggior misura sulla vita quotidiana dei cittadini. Tale disparità può ridimensionarsi grazie a uniformi provvedimenti politici, in primo luogo nazionali. Occorre precisare infatti che i profitti accumulati da pochi non derivano, in numerosi casi, dal lavoro o da investimenti; circa un terzo del patrimonio dei miliardari risulta essere ereditato e successivamente tutelato tramite monopoli economici. Controllare settori vitali dell’economia porta a diffusi fenomeni clientelari, a causa di privatizzazioni incontrollate, esenzioni fiscali, svendita di risorse dello stato e corruzione. Insomma, i grandi patrimoni sanno proteggersi ma a scapito della mobilità sociale, già pregiudicata dall’impiego temporaneo e precario, con salario basso e poche tutele, che è la norma nei paesi in via di sviluppo e che si sta diffondendo anche in quelli più industrializzati. Il lavoro femminile e quello giovanile sono due categorie particolarmente colpite; si stima che il divario retributivo- a parità di posizione- tra un uomo e una donna sia in media del 23% e che nei paesi in via di sviluppo 260 milioni ragazzi non studino, non lavorino e non ricevano alcun tipo di formazione professionale. Oltre 150 milioni di bambini e adolescenti tra i cinque e i diciassette anni sono sfruttati nel lavoro minorile. I salari sono inferiori a quanto è necessario per sopravvivere e manca qualsiasi forma di tutela, quale ad esempio la contrattazione collettiva.
Analizzando alcuni investimenti pubblici in campo sanitario, educativo e sociale in 150 paesi (dal 1970 al 2009) si è rilevato che la forbice tra i più ricchi e più poveri tende a ridursi, perciò l’Oxfam propone interventi ambiziosi ma che dimostrano una certa coerenza nell’insieme. Rivolgendosi sia al settore pubblico che al privato, l’ong suggerisce di limitare il lavoro precario, di eliminare il lavoro schiavitù, i salari di sussistenza e le discriminazioni di genere; nel contempo si favoriscano le forme di organizzazione dei lavoratori e si incentivino quei modelli aziendali che diano priorità a una più equa remunerazione. Occorre inoltre tutelare i servizi pubblici in termini di sanità e di istruzione e fissare un’imposizione fiscale progressiva che pesi più sui grandi patrimoni che sui redditi da lavoro.
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