Milano / Malpensa
La celebrazione del 4 Novembre
- 04/11/2009 - 08:28
- Attualità
Nella notte tra il 23 ed il 24 maggio 1915 l’Italia entrava in guerra: era l’occasione per completare il processo di unità nazionale e liberare il Trentino e la Venezia Giulia dal dominio austriaco. Il nostro esercito, nel marciare verso la frontiera con l’Austria, passò sul fiume Piave che espresse poeticamente la sua gioia con il tripudio delle onde. 24 ottobre 1917, il nemico ruppe il fronte orientale italiano a Caporetto; tutte le nostre forze ebbero l’ordine di arretrare onde evitare l’accerchiamento. Le perdite furono pesanti e ad esse si accompagnarono le polemiche. Si dovettero richiamare le riserve e arruolare i giovani di 18 anni che, per il valore ed il coraggio dimostrato, meritarono l’appellativo di ‘classe di ferro’. Il Piave divenne il simbolo della Patria che fu difesa con determinazione sotto la guida del Generale Armando Diaz. Sulla nuova frontiera Monte Grappa - Piave si decidevano le sorti della guerra. La poderosa offensiva scatenata dagli austriaci nel giugno 1918 cozzò contro l’eroica resistenza degli italiani. La battaglia del Piave è stata una delle più gloriose della storia d’Italia: costò all’Austria 150 mila uomini e fu l’inizio della sconfitta. Gli austriaci e gli alleati tedeschi videro cadere ‘come foglie morte’ nelle acque del Piave le lo speranze di vittoria. Il 24 ottobre 1918, l’esercito italiano lanciò una massiccia e generale offensiva che portò alla vittoria, chiamata di Vittorio Veneto, dal luogo dove avvenne per primo lo sfondamento delle linee nemiche. L’avanzata italiana fu travolgente; dopo aver catturato centinaia di migliaia di prigionieri, il 3 novembre, le truppe italiane entrarono a Trento e Trieste. Lo stesso giorno l’Austria si arrese e firmò l’armistizio, che sanciva la cessazione della guerra per il 4 novembre. Solo allora si placarono le acque del Piave, quando furono sconfitti gli imperi oppressori e la Pace trovò gli italiani liberi sul patrio suolo, dalle Alpi al mare.
La leggenda del Piave
Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio dei primi fanti il ventiquattro maggio: l’Esercito marciava per raggiunger la frontiera, per far contro il nemico in barriera. Muti passaron quella notte i fanti; tacere bisognava e andare avanti. S’udiva intanto dalle amate sponde sommesso e lieve il tripudiar de l’onde: era un passaggio dolce e lusinghiero. Il Piave mormorava: ‘Non Passa lo Straniero’. Ma in una notte triste si parlò di tradimento, e il Piave udiva l’ira e lo sgomento. Ahi, quanta gente ha visto venir giù, lasciare il tetto, per l’onta consumata a Caporetto! Profughi ovunque! Dai lontani monti venivan a gremir tutti i suoi ponti. S’udiva allor dalle violate sponde sommesso e triste il mormorio de l’onde: come un singhiozzo in quell’affanno nero. Il Piave mormorova: ‘Ritorna lo Straniero’. E ritornò il nemico, per l’orgoglio e per la fame, volea sfogar tutte le sue brame. Vedeva il piano aprico di lassù: voleva ancora sfamarsi e tripudiare come allor... ‘No’ disse il Piave, ‘No’ dissero i fanti, ‘mai più il nemico faccia un passo avanti’. Si vide il Piave rigonfiar le sponde! E come i fanti combattevan l’onde. Rosso del sangue nemico altero, il Piave comandò: ‘Indietro Va’ Straniero!’. E indietreggiò il nemico fino a Trieste, fino a Trento. E la Vittoria sciolse le ali al vento. Fu sacro il patto antico: tra le schiere furon visti, risorgere Oberdan, Sauro e Battisti. Infranse alfin l’italico valore, le forche e l’armi dell’impiccatore. Sicure l’Alpi... libere le sponde. E tacque il Piave: si placaron l’onde. Sul patrio suol, vinti i torvi imperi, la pace non trovò Nè Oppressi, Nè Stranieri.
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