Milano / Malpensa
La pioggia continua. Il Po sfiora le cascine
- 12/11/2014 - 12:06
- Attualità
- Territorio
In piedi sull’argine Danilo Barbieri, 73 anni, agricoltore alla frazione Mezzana Casati di San Rocco al Porto (Lodi), da ieri guarda il Po che oggi ha invaso la golena: “Fra Lodi e Piacenza saranno andati sotto almeno 600 ettari di campi”. La sua cascina è proprio lì, fra l’argine maestro e quello secondario, in quella che viene chiamata isola San Sisto perché racchiusa fra la riva del Po e la strada. Per Barbieri non è la prima piena e non è neppure la peggiore: “Avevo 10 anni nel 1951 quando ci hanno sgomberato sui trattori perché il fiume aveva sfondato. Era la piena che si è poi vista nel film di Peppone e Don Camillo con le scene della gente che carica tutto sui carri per sfuggire all’acqua e don Camillo che resiste asserragliato nel campanile della chiesa. Per noi fu la stessa cosa. La paura era negli occhi dei miei genitori e delle altre persone”. Adesso che di anni ne ha 73, l'anziano agricoltore guarda ancora il fiume che – secondo le analisi della Coldiretti Lombardia - in tre giorni è salito di oltre 3 metri al Ponte della Becca a Pavia: “Ora – dice Barbieri - aspettiamo l’acqua deve venire giù dal lago Maggiore” dove il livello ha già sfondato i 300 centimetri a Sesto Calende. Coldiretti Lombardia ha mobilitato i propri tecnici per monitorare la situazione del fiume e delle cascine lungo il Po fra le province di Lodi e Piacenza, quella del lago Maggiore e del lago di Como (che a Malgrate sta sfiorando i 119 centimetri di altezza) e dei principali fiumi dall’Adda al Ticino, quest’ultimo in 72 ore a Oleggio è salito da 193 a 271 centimetri. Fra San Rocco al Porto e Mezzana Casati – spiega la Coldiretti Lombardia – sono almeno 5 le cascine presenti a ridosso del Po, fra i due argini, mentre più a monte c’è la località Isolone con gli argini “mobili” da aprire nel caso la pressione dell’acqua diventasse insostenibile e fosse necessario dare sfogo al fiume per proteggere i centri abitati e le infrastrutture. Anche perché fra le province di Lodi e di Piacenza – analizza la Coldiretti – si trovano i principali collegamenti, stradali, autostradali e ferroviari, fra Lombardia e Piacenza. “Il vero problema – conclude Barbieri – è l’isolotto Maggi al centro del fiume che da quando sono state vietate le escavazioni e non viene più ripulito da detriti e ghiaia si è alzato e sta diventando una specie di diga. In caso di piena eccezionale rischiamo che l’acqua prenda così tanta forza che una volta libera arrivi a spazzare via tutto”.
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