Milano / Malpensa
Dalla cronaca, la forza del perdono
Un uomo normale nella vita, ma gigante nella fede. Questo è Carlo Castagna, suo malgrado protagonista del fatto di cronaca passato alla storia come la ‘strage di Erba’ dove, ormai quasi 5 anni fa, perse in un sol momento la moglie Paola Galli, la figlia Raffaella Castagna e il nipotino Youssef, sgozzati efferatamente dalla coppia di vicini Olindo e Rosa Romano, condannati all’ergastolo dalla Corte di Cassazione giusto la settimana scorsa. Ospite della Parrocchia di Buscate, invitato da Don Giuseppe nella serata di martedì scorso, il signor Castagna, davanti a un’assemblea raccolta e attenta, ha raccontato la sua testimonianza, quella di un uomo che, nonostante la tragedia, non ha imprecato o maledetto chi gli aveva portato via le persone a lui più care, ma anzi ha trovato la forza di perdonarle quasi immediatamente, portando ‘scandalo’ in una società che invece avrebbe accettato più facilmente il desiderio di vendetta. “Ricordo tutto nitidamente di quella serata. Non appena ebbi saputo dell’accaduto, ebbi una reazione composta, un senso di tranquillità mi pervase, l’accettazione di quello che era successo fu immediata – racconta – Come mi accorsi che ormai ero solo al mondo, così capii anche che coloro che avevano ucciso i miei familiari erano vittime del demonio, quindi inconsapevoli e per questo andavano perdonate a prescindere”. La voce è serena, calma, a tratti spezzata, soprattutto quando parla delle due figure che più gli hanno illuminato la vita: la moglie Paola, a cui era legato da profondo affetto e dagli stessi valori e Lidia, sua suocera, una specie di seconda madre per lui che quella vera l’aveva persa a soli cinque mesi di vita. “È stato anche grazie a mamma Lidia se ho trovato da subito la forza di reagire e perdonare. Mi ricordo che, non appena successo l’omicidio, ne parlai con lei e mi consigliò da subito di trovare per gli assassini uno spazio nelle mie preghiere poiché erano ancora dei ‘fratelli in Cristo’ da abbracciare e a cui voler bene”. Una fede incrollabile, un cuore enorme e generoso, pieno di misericordia, così difficile da trovare al giorno d’oggi. “Io sono solo un misero, che il Signore ha ricoperto di grazie. Non smetterò mai di ringraziarlo per tutto quello che ho ricevuto ed è tanto, davvero”. Parole a cui si stenta a credere, se accostate all’immane tragedia che l’ha colpito e davanti alla quale tutta Italia è rimasta ammutolita e sgomenta. Ma il signor Castagna stupisce ancora: “Ora non ho ancora avuto modo di incontrarli, ma che bello sarebbe se il cappellano del carcere mi chiamasse, dicendomi che Olindo e Rosa vogliono vedermi, sarebbe la telefonata più attesa”. E cosa farebbe, come si comporterebbe? “Li abbraccerei forte e senza parlare, piangerei con loro di gioia, perché il Signore ci avrebbe fatto l’ennesima grazia”. A questo punto, la voce è rotta dalla commozione, unico tentennamento in un racconto senza esitazioni. Forse, perché il suo perdono sia compiuto e perché anche il suo cuore trovi la pace, il signor Castagna ha bisogno proprio di questo.
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