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sabato 30 novembre 2024 | ore 02:51

"Tutti fratelli sotto lo stesso Cielo"

Si è concluso oggi il viaggio del Papa in Iraq: lì dove i fanatici dell'Isis hanno profanato, distrutto, bruciato, ucciso... si è fatto pellegrino tra le macerie della guerra con un messaggio di pace e fratellanza.
Sociale - Papa Francesco e il viaggio in Iraq (foto da Internet)

Pellegrino in Medio Oriente dove, tra due fiumi, i Sumeri più di quattromila anni fa fecero fiorire una grande civiltà. Pellegrino nella terra del patriarca Abramo, ‘padre’ di tutti i credenti, a cui fanno riferimento le grandi religioni monoteiste. Pellegrino nei luoghi devastati dalla furia jihadista dove, sette anni fa, gli attivisti dell’Isis cancellarono la maggior parte dei simboli, croci e scritte in caldeo arcaico, assiro e aramaico. Si è svolto ‘da pellegrino’ il viaggio in Iraq del Papa, da venerdì 5 marzo ad oggi, 8 marzo. Un viaggio già sognato, e poi rimandato, a fine millennio, da Papa Giovanni Paolo II, che adesso Papa Francesco ha voluto compiere in modo straordinario, nonostante i pericoli e la pandemia, per portare conforto, pace e speranza a un popolo che ha tanto sofferto e che è tanto desideroso di risollevarsi. Il motto “Voi siete tutti fratelli”, in riferimento alla recente enciclica “Fratelli tutti”, ha attraversato le diverse tappe del viaggio, a partire dall’arrivo venerdì all’aeroporto di Baghdad, fino all’incontro con il presidente Barham Salih, i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose. Sabato è stato accolto nella moschea di Ali dal grande ayatolla-h Al-Sistani,la figura più autorevole dell’islam sciita. Presso la piana di Ur, accanto alla grande ziggurat sumera, è avvenuto poi l’incontro interreligioso con il forte l’appello di trasformare gli strumenti di odio in strumenti di pace. Un messaggio rivolto non solo all’Iraq ma all’umanità intera. Il futuro dell’Iraq si intravedeva nei volti della gente comune, che già sta cambiando la storia con la volontà e la forza dell’amore. Nel pomeriggio la messa, tra canti festosi, celebrata a Baghdad nella cattedrale caldea di san Giuseppe.
Domenica mattina tra le macerie di Mosul, nella spianata con le rovine di quattro chiese cristiane, dove l’occupazione per tre anni dell’Isis aveva seminato morte e terrore, il Papa ha portato la luce della fede e della speranza. Prima di recitare la preghiera per le vittime della guerra, il Papa ha ribadito che “se Dio è il Dio della vita - e lo è -, a noi non è lecito uccidere i fratelli nel suo nome. Se Dio è il Dio della pace - e lo è - a noi non è lecito fare la guerra nel suo nome. Se Dio è il Dio dell’amore - e lo è - a noi non è lecito odiare i fratelli”. Dopo Mosul, il Papa ha raggiunto la piccola comunità di Qaraqosh, per incontrare la piccola comunità e pregare nella chiesa dell’Immacolata Concezione, ricostruita dopo le distruzioni di Daesh, del campanile abbattuto, le statue decapitate, i libri al rogo, la chiesa incendiata con le panche annerite, che la gente del posto ha ripreso con amore per ricavarne una grande croce nei giorni precedenti all’arrivo del Papa. Nel pomeriggio di domenica la messa, nel grande stadio di Erbil, alla presenza di oltre 10.000 cristiani, con le preghiere in italiano, tradotte simultaneamente in iracheno, e il Padre Nostro in aramaico, nella stessa lingua con cui Gesù l’aveva insegnato agli apostoli. Oggi il Papa, al termine del suo viaggio apostolico, si è congedato dal popolo, ma il suo messaggio “che siamo tutti i fratelli sotto lo stesso Cielo” rimarrà certamente nei cuori.

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