Milano / Malpensa
La Shoah nell'arte
- 23/01/2018 - 17:14
- fanne pARTE
Mancano pochi giorni alla Giornata della Memoria, celebrata il 27 gennaio di ogni anno. Una ricorrenza internazionale per commemorare i milioni di persone uccise crudelmente, senza nessuna pietà, oltre 70 anni fa, che inevitabilmente ci conduce a riflettere anche sulla persecuzione e il clima di odio e di violenza che portò a scrivere una delle pagine più buie della storia. Ci lasciamo accompagnare alla scoperta di un'opera particolare, forse non da tutti conosciuta, dell'artista Marc Chagall, uno dei più importanti pittori del Novecento. Di origini ebraiche, nato nel 1887 nell'attuale Bielorussia, dipinse la 'Crocifissione bianca', una delle sue più grandi opere, nel 1938, a Parigi, dove risiedeva da tempo con la famiglia. L'anno precedente l'artista aveva ottenuto la cittadinanza francese ma gli fu tolta dalle leggi antisemite. Un'opera ispirata in particolare all'esperienza vissuta dall'artista, che visitò il ghetto di Varsavia e constatò direttamente il crescente antisemitismo. Hitler avrebbe invaso la Polonia l’anno seguente e per gli ebrei era iniziato il tempo del dolore: risale proprio all’autunno del ‘38 la 'Notte dei Cristalli', un evento che segnò l’inizio della fase più violenta della persecuzione antisemita condotta dal nazismo. Al centro dell’opera spicca il grande crocifisso illuminato da un fascio di luce bianchissima e divina che proviene dall’alto: Cristo, con il volto reclinato e gli occhi chiusi, pare dormire. La luce che investe il crocifisso lo avvolge e nel contempo tenta di isolarlo dall'orrore che è nel mondo attorno a Lui. Il ventre è cinto non dal perizoma ma dallo scialle rituale della preghiera, il tallit, mentre ai suoi piedi arde la memorah, il candelabro ebraico a sette braccia, che sembra vegliare Gesù sulla croce. Attorno a Lui un susseguirsi di scene di violenza, distruzione, dolore.
Uomini stremati su una piccola barca chiedono aiuto agitando le braccia, cercando di ancorarsi per mettersi in salvo; soldati dell’armata rossa avanzano con le loro bandiere mentre le case capovolte di un villaggio mostrano la devastazione dei pogrom, termine russo per definire le razzie antisemite che, tra il 1881 e il 1921, hanno colpito anche gli ebrei russi. In alto, quasi come angeli, quattro figure dolenti piangono alla vista di tutto questo dolore. Una sinagoga è avvolta dal fuoco appiccato da un uomo in divisa e stivali neri, un nazista, mentre in cima notiamo le tavole dei dieci comandamenti e la stella di Davide, simbolo della religione ebraica; una madre spaventata, una “madonna contadina”, fugge stringendo a sé il figlio, cercando di proteggere, accarezzando e calmando, il suo piccino. Un ebreo scappa portando in salvo la Torah, la legge ebraica, simbolo di come, anche in mezzo alle persecuzioni, la Parola di Dio resta la cosa più importante da proteggere e custodire e un altro, dalla veste lunga e verde, attraversa le fiamme che si sprigionano da un altro rotolo, con un sacco sulle spalle. Un vecchio, con una targa bianca appesa al collo, si mostra umiliato e vulnerabile, le braccia spalancate, pregando che l'orrore finisca presto. La lingua di fuoco che esce dalla porta della sinagoga sale, lambendo il braccio destro della croce ed entrando nel fascio di luce proveniente dal cielo.
Case rovesciate e in fiamme, abitanti che fuggono, impauriti. È un villaggio ebraico incendiato e distrutto dai soldati armati. Il cielo è soffocato da nuvole di fumo. Orde rivoluzionarie saccheggiano e appiccano fuoco.
Ci immergiamo nel dolore. Ne facciamo pARTE... Tutto è avvolto in un pallore mortale per evocare la sofferenza e denunciare le persecuzioni subite dal suo popolo. Cristo crocifisso diventa simbolo dell'innocente condannato ingiustamente, vittima della prevaricazione e della violenza dell'uomo.
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