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venerdì 27 dicembre 2024 | ore 17:26

I racconti di guerra di Raffaello

Generica - Militari in montagna durante la Guerra (da internet)

Una storia intensa, commovente e dal sapore acre della guerra quella raccontata dal signor Raffaello residente nel Comune di Vanzaghello, classe 1921. Ricordi di vita vissuta, enunciati con fermezza e vigore, caratteristiche che accomunano tali uomini di valore. Questo racconto inizia a metà settembre del 1943. Raffaello, faceva parte del XX gruppo, III batteria, quinto corpo d’armata dell’esercito italiano, e si trova con i suoi compagni in una località della Costa Azzurra in Francia quando un giorno i tedeschi durante un’ operazione li catturano. Caricati su dei vagoni per il bestiame vengono trasportati fino a Munzingen, un paese situato pressoché sul confine tra Germania e Svizzera, un estenuante viaggio di quattro giorni; da qui partono nuovamente per Einberg, situato in Germania, vicino a Mathausen in Austria, erano XII batterie (circa 2000 persone); arrivati a destinazione vengono suddivisi in capanne di legno per poi essere ripartiti in quattro divisioni tra cui Monte Rosa e San Marco, di cui della prima faceva parte Raffaello. A questo punto è opportuno citare una frase che un colonnello dice a Raffaello, la quale recita “qualunque cosa succeda io vi riporterò in Italia e lì se riuscite fuggirete”, un elemento questo più e più volte ribadito durante il racconto. Infatti, la metà di maggio del 1944, si riparte da Einberg e come promesso dal colonnello riescono ad arrivare in Italia, a Santa Margherita ligure. Da qui partono per Limone (CN) e, aspetto importante, è che ormai Mussolini, come ben noto,, il 25 luglio 1943 si dimise, tuttavia in seguito diede vita alla Repubblica di Salò. Raffaello prende parte infatti all’esercito repubblichino. Giunti in Val Limone, nei pressi di Cuneo, subiscono un attacco da parte dei confinanti partigiani francesi e, avendo a disposizione poche armi, sono costretti alla ritirata. Arrivano alla caserma di Borgo San Dalmazzo dove si approvvigionano di cannoni, fucili, bombe a mano, mitragliatrici. Nell’ottobre dello stesso anno arrivano in Val Stura, a S. Anna di Vinadio, dove piazzano i cannoni e Raffaello viene promosso sergente. Era necessario costituire un osservatorio per notare eventuali movimenti; sono sul Becco Rosso a novembre a 3100 mt. Non hanno un telefono e nessun altro mezzo di comunicazione per riferire le varie coordinate alla base, allora è proprio Raffaello che parte per il campo base per ristabilire la comunicazione. Fortunatamente a 2100 mt trova una baita in cui si ferma per riposare, il tempo peggiora ed è obbligato a sostare per tre lunghi giorni. Al quarto giorno il tempo migliora e Raffaello può partire, da 2100 mt e, con le racchette che aveva rudimentalmente realizzato, riesce ad arrivare, nonostante la neve fresca, al campo base posto ad 800 mt. Riesce qui a fornire le coordinate e si ferma a rifocillarsi e a dormire. Con esse i cannoni riescono a individuare il bersaglio e a sparare tre colpi. Raffaello riceve una licenza premio, ritorna a casa. Tuttavia, il podestà gli rende noto che non può rimanere lì perché, se i partigiani ne venissero a conoscenza, fucilerebbero lui e tutta la famiglia. È obbligato a rinnovare la licenza per rientrare nell’esercito. I carabinieri lo accompagnano alla stazione di Vicenza per ripartire, tuttavia aveva già ipotizzato di fermarsi presso una sua conoscenza lungo il tragitto, dove si fermerà tre giorni. A questo punto, non avendo ottemperato ai doveri dell’esercito, è considerato un disertore. Tutto sembra procedere bene, ma il quarto giorno i tedeschi eseguono una retata. Raffaello viene portato prima ad Alessandria e poi al campo di concentramento di Mathausen. Inizia a lavorare nella cava dello stesso campo, dove si estraeva la pietra per la recinzione e le capanne. Un giorno, a Raffaello viene proposto di andare a lavorare in una fattoria che riforniva di cibo il campo. Arrivato, trova una famiglia di contadini, gli offrono del pane e del latte; era un inganno. Infatti, se avesse accettato sarebbe morto dato che pesava 40 kg. Arriva il maggio del 1945, gli alleati effettuano continui bombardamenti aerei e lui nello scompiglio fugge con una scorta di cibo e acqua. Dopo circa 60 km lo riprendono e lo riportano indietro. Rifugge. Arriva a Stoccarda. Prosegue verso Innsbruck. Trova un gruppo di italiani, riesce a fuggire, ma per passare il confine si disperde. Arriva finalmente a Pescantina dove viene raccolto dagli americani (VR), arriva a Ponte Vescovo e poi a casa sua, è la fine del 1945. Il paese è in festa perché Raffaello era già considerato disperso, un’immensa sorpresa per tutti, dal parroco al sindaco. Una storia travagliata, commovente e raccontata da un uomo pieno di entusiasmo per la vita. Una storia che si è impressa nella memoria. La storia di un uomo che ha veramente combattuto per la patria.

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