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"Stimato e caro dottore..."

L'Arcivescovo di Milano, Monsignor Mario Delpini, scrive una lettera ai medici delle realtà ospedaliere e di base presenti nel vasto territorio della diocesi ambrosiana.
Attualità - Scrivere una lettera (Foto internet)

Si intitola "Stimato e caro dottore...", la lettera che l’Arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, intende inviare a tutti i medici delle realtà ospedaliere e di base presenti nel vasto territorio della diocesi ambrosiana. Nella Lettera, datata 18 ottobre 2019, memoria liturgica di San Luca, patrono dei medici, L’Arcivescovo avvia un dialogo diretto e personale con il mondo medico, in nome di "Quello spirito di servizio che al di là della fede ha sempre visto alleati uomini di Chiesa e uomini di scienza". Con tono familiare e confidenziale, come traspare sin dal titolo, mons. Mario Delpini esorta i medici a restare fedeli ad una vera e propria «motivazione vocazionale» che li rende particolarmente inclini a percepire la richiesta di aiuto e di soccorso da parte di chi si trova in una situazione di malattia. Proprio per questo esorta ciascun medico ad avere attenzione anzitutto a se stessi, curando i tratti della propria umanità, affinché si eviti di essere sopraffatti da alcune fatiche che spesso affliggono questa professione: l’organizzazione del servizio sanitario che esaspera procedure e protocolli, la preoccupazione a far quadrare i conti o a garantire ai proprietari delle case di cura il profitto sperato e le attese di pazienti e dei loro familiari che talora diventano pretese irrealistiche. L’invito pertanto è a coltivare la capacità di relazione con il paziente e le condizioni psicologiche e spirituali che la favoriscono. A sostegno di questo l’Arcivescovo osa raccomandare momenti di sosta, di meditazione, di silenzio, di confronto pacato con altri, di preghiera per chi crede in Dio e confida in lui. Alla base delle convinzioni più profondo di chi esercita la professione medica, deve esserci "La persuasione comune che la persona non è solo un meccanismo, non è solo un corpo che può ammalarsi. In ciascun uomo e ciascuna donna c’è una dimensione fisica, una dimensione psicologica, una dimensione spirituale". Per questo diventa sempre più necessario favorire "Un lavoro sempre più connesso tra medici e specialisti in scienze piscologiche", ai quali anche gli operatori di pastorale sanitaria, i cappellani preparati potranno offrire un contributo". In questo senso anche "La diocesi si è attivata per offrire percorsi di formazione ai cappellani, nella convinzione che il personale della cappellania può essere un interlocutore prezioso per malati, medici e personale sanitario anche oltre le appartenenze religiose". Quella che l’Arcivescovo auspica è, dunque, una comunità della cura intono al malato, in ospedale e a domicilio, che consideri le persone nella loro integrità e non si sottragga al confronto sulle questioni fondamentali sul senso della vita che la malattia induce il paziente ad affrontare. "Io sono convinto – scrive l’Arcivescovo - che prendersi cura della persona significhi anche credere possibile un confronto che propizi la crescita di tutti, una testimonianza che offra umilmente e fiduciosamente un aiuto a sperare". Monsignor Delpini, attraverso i cappellani presenti nelle quasi cento realtà mediche e ospedaliere, farà pervenire ai tutti i medici una copia della lettera. Da domenica 27 ottobre, sul portale della Diocesi (www.chiesadimilano.it) è riportato il pdf della Lettera al fine di permettere ai sacerdoti e fedeli della Diocesi ambrosiana di poterla scaricare, con l’impegno di consegnarla a nome dell’Arcivescovo al proprio medico di base.

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