Milano / Malpensa
Da 70 anni vivono di amore
- 28/05/2010 - 11:56
- Territorio
Chiamatelo amore o storia ‘da record’, ma non diteglielo, perché loro continuano a ripetere di sentirsi come tante altre coppie. E non basta neanche il fatto che quest’anno stiano per festeggiare il loro 70esimo anniversario di matrimonio a fargli cambiare idea. Severino e Maria sono fatti così: persone semplici, un marito ed una moglie d’altri tempi che hanno fatto della complicità e della passione, l’uno per l’altra, il loro punto di forza per crescere insieme e diventare, oggi, un vero e proprio esempio. 95 anni, di origine veneta lui, 90 anni turbighese ‘doc’, invece, lei, Severino Ferrari e Mariuccia (come è conosciuta a Turbigo, dove vivono), si sono incontrati, la prima volta, nell’estate del 1937. “C’era la festa del paese e lui era di leva al campo di aviazione a Lonate Pozzolo. Il pomeriggio veniva giù in bici con gli amici perché c’erano le giostre e quel giorno mi invitò a fare un giro con lui. Beh io, senza pensarci troppo, risposi di sì – racconta Mariuccia - La stessa sera, poi, andammo al cinema e così iniziammo una frequentazione, che proseguì per via epistolare quando lui ripartì per Camponogara, la sua città natale, in congedo”. Un’amicizia destinata a crescere nel tempo, confermata dal profondo affetto di Severino che, appena ne aveva la possibilità, tornava a trovarla. “I tempi, come si dice, stavano diventando maturi. Ci eravamo innamorati, ma non sapevamo come portare avanti la nostra storia a distanza, così Severino cercò lavoro come meccanico qui in zona”. Da lì, il passo fu breve e il 28 ottobre 1940 convolarono a nozze. “Nel 1942 nacque il nostro primogenito Rinaldo e fu una grande gioia, ma nel 1944 a causa dei bombardamenti io e il piccolo dovemmo partire alla volta di Camponogara, lasciando Severino da solo. Rimanemmo separati per qualche mese, fino a quando io decisi di tornare da sola a Milano per ritrovare mio marito e, insieme, ripartimmo per Venezia dove rimanemmo fino alla fine della guerra, per poi fare, nuovamente, ritorno a Turbigo”. Gli anni passarono sereni e, nel 1953, arrivò la secondogenita Tiziana: la famiglia Ferrari era al settimo cielo, ma purtroppo Mariuccia perse il lavoro, perché la sua ditta chiuse. “A quel punto, Severino insistette per trasferirci tutti in Veneto, ma mi opposi perché non volevo lasciare mia mamma vedova e mia sorella. Dovevo trovare una soluzione e quindi feci una scommessa con mio marito, che da un po’ di tempo rivendeva degli scampoli di stoffa per arrotondare il salario: mi proposi come aiutante per la vendita e se fosse andata male, ci saremmo trasferiti senza batter ciglio. Invece... andò bene e non ce ne andammo più”. Insomma, una coppia inossidabile, tutta dedita al lavoro e alla famiglia, che però non ha mancato di attraversare momenti difficili e tristi che ha saputo, però, affrontare grazie allo spirito di unione. Dopo il lungo racconto, proviamo a chiederle di svelarci la ricetta per una vita di coppia così lunga e felice. “Non esistono ricette- dice - Sappiamo solo che non bisogna mai scoraggiarsi e non avere paura di affrontare i problemi o di fare sacrifici, se sono per il bene della famiglia”. Severino, rimasto in silenzio per gran parte dell’intervista, ma attento al racconto dettagliato della moglie, prende la parola per dirci: “Da giovane ho fatto più di 300 chilometri in bicicletta, ma alla fine ho trovato la donna giusta. Sono proprio contento di averla sposata” e le dà un bacio sulla fronte, un sigillo che vale più di mille parole e un esempio che vale più di mille consigli, ricambiato dalla stessa Mariuccia, che lo guarda ancora con lo stesso sguardo innamorato, quello di 73 anni fa.
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