Quando il primo episodio di una serie animata riesce a imporsi nella cultura pop e a scuotere il mondo dell’animazione dalle fondamenta. Un viaggio alla scoperta di un fenomeno di internet divenuto ormai un cult generazionale.
Un uomo si risveglia nel mezzo di una foresta tropicale e scopre di essere uno dei sopravvissuti di un disastro aereo, avvenuto su un isola deserta ricca di misteri. Sulla riva di un lago viene rinvenuto un cadavere avvolto in un pacco di cellophane, dopo i rilevamenti della polizia locale il pacco viene aperto e si scopre contenere il corpo senza vita della giovane Laura Palmer, chi l’ha uccisa e perché? Dopo aver dato le dimissioni, un ex agente segreto dell’intelligence britannica viene catturato e portato all’interno di uno strano villaggio in una località sconosciuta da dove è impossibile fuggire, allo scopo di carpire le vere ragioni delle sue dimissioni. Questi tre incipit, tratti da serie televisive cult (‘Lost’, ‘I segreti di Twin Peaks’ e ‘Il prigioniero’), non hanno niente che li accomuni in apparenza; tutte e tre appartengono a decadi diverse e hanno trame completamente diverse fra loro; eppure qualcosa in comune c’è l’hanno, ossia: l’intrattenimento. No, non è il “mistero” ad essere al centro della trama, ma la capacità di coinvolgere e intrattenere il pubblico da casa; infatti se ci pensate le tre serie TV sopra citate, non hanno avuto una vera e propria risoluzione. Dopotutto qual è il vero significato delle serie televisive? Il saper intrattenere il pubblico con storie avvincenti, dai personaggi interessanti che sappiano coinvolgerci fino alla fine, oppure che sappiano intrattenere e basta? In questo articolo non parleremo di serie TV che hanno fatto dell'intrattenimento il loro cardine portante, parleremo invece di qualcosa di anomalo ed estremamente atipico, approdato su YouTube lo scorso tredici ottobre, tutt’ora disponibile sul canale ‘Glitch Productions’. Un qualcosa che meriterebbe di essere inserito nel Guinness World Records per le sessantasei milioni di visualizzazioni raggiunte in sole due settimane dalla sua pubblicazione. Un qualcosa che è già diventato un cult, nonostante sia solo la prima stagione di una serie animata paragonabile a mostri sacri come ‘Adventure time’ e ‘Regular show’. Benvenuti in un mondo ricco di incredibili meraviglie, pieno di divertimento e colpi di scena eclatanti. Benvenuti in un mondo dove l’immaginazione regna sovrana e incontrastata. Benvenuti al ‘The amazing digital circus’.
L’altra faccia dello streaming
Negli ultimi due decenni, internet si è evoluto a un livello che nessuno si sarebbe mai immaginato. Da semplice passatempo riservato a pochi, si è trasformato in un vero e proprio mezzo di comunicazione e condivisione dati a livello globale. Grazie a internet possiamo fare qualsiasi cosa, come ad esempio: video chiamate da un continente a un altro, fare acquisti senza muoverci da casa, condividere foto e video in tempo reale e molto altro. Fra gli esempi citati, il fenomeno dello streaming è quello più diffuso e adoperato nella vita di tutti i giorni; se prima eravamo costretti a modificare i nostri programmi per non perdere la puntata del nostro programma preferito, oggi possiamo vedere quello che vogliamo a qualsiasi ora del giorno, su qualsiasi tipo di dispositivo multimediale a nostra scelta. Netflix, Amazon Prime Video, Disney Plus e molti altri siti di streaming offrono un’infinità di contenuti d'intrattenimento non stop a livello mondiale. Oggi possiamo vedere non solo la messa in trasmissione di vecchi programmi del passato, ma anche la messa in onda di contenuti esclusivi disponibili solo su tali piattaforme. Se da una parte i siti di streaming mettono a disposizione degli abbonati prodotti originali e di qualità, dall’altra abbiamo la concorrenza (gratuita) di una vasta quantità di canali disponibili sull’arcinoto ‘YouTube’. Inaugurato nel 2005, con la messa in onda del video ‘Me at the zoo’, la piattaforma video è diventata rapidamente un vero e proprio gigante dell’intrattenimento globale, offrendo la possibilità a chiunque nel mondo di creare contenuti video originali liberi da qualsivoglia vincolo aziendale. Dai video musicali ai video tutorial per il fai da te, dai documentari amatoriali ai video d’approfondimento su svariati argomenti, dalle creepypasta ai meme demenziali di ogni tipo; insomma su YouTube si trova di tutto. Tra i vari contenuti che si possono trovare, il fenomeno dell’animazione indipendente è il più gettonato e ricercato di tutti; infatti col passare del tempo YouTube è diventato a pieno titolo un crogiolo di prodotti innovativi e di qualità superiore rispetto ai canali a pagamento. Tra i vari canali che offrono questo tipo d’intrattenimento, quello di ‘Glitch Productions’ è il più noto e visitato di tutti. Fondata nel 2017 dai fratelli Kevin e Luke Lerdwichagul, la piccola azienda australiana è rapidamente diventata la punta di diamante dell’animazione indie su YouTube, non solo grazie alla creazione di serie originali come ‘Murder Drones’, ma anche grazie alla promozione di lavori di giovani animatori indipendenti. ‘The amazing digital circus’ è l’ultima fatica produttiva dello studio, creata dalla giovane animatrice e compositrice Cooper Smith Goodwin, nota con il nome d’arte ‘Gooseworx’.
Sei personaggi in cerca d'uscita
Ma di cosa parla ‘The amazing digital circus’? La storia tratta di un gruppo di sei persone che si ritrovano intrappolate all’interno di una specie di videogioco per PC a tema circense, dentro il quale devono compiere una serie giochi e missioni organizzate da Caine, un’intelligenza artificiale dell’aspetto di un presentatore da circo con una dentiera al posto della testa e gli occhi situati all’interno di essa. I sei poveretti, imprigionati all’interno dei loro avatr digitali dall’aspetto di giocattoli, non ricordano niente della loro vita passata, come i loro nomi o cosa facevano prima di finire in quel mondo fittizio; l’unica cosa che ricordano è di aver indossato uno strano visore per la realtà virtuale. Lo scopo principale di tali giochi e missioni è quello di distrarre i personaggi dalla loro condizione di prigionieri, al fine di mantenere la loro sanità mentale intatta. In questo prologo assistiamo all’arrivo di un nuovo personaggio: una ragazza dall’aspetto di un giullare a cui viene dato il nome di Pomni. Fra retroscena inquietanti e gag esilaranti assistiamo alle peripezie di Pomni e degli altri strambi personaggi che infestano questo microcosmo, incredibilmente ampio e misterioso. Riusciranno i nostri eroi a sopravvivere e a trovare la tanto agognata uscita o faranno la fine dei personaggi che li hanno preceduti? In questo primo episodio la giovane Goodwin condensa in esso tutto il suo talento di animatrice, narratrice e compositrice (la colonna sonora è qualcosa di grandioso che omaggia grandi nomi come Denny Elfman e Bo En), dando vita a dei personaggi unici e ben caratterizzati in ogni loro aspetto, all’interno di una storia originale dal potenziale illimitato.
Harlan Ellison incontra Popee the Performer
Ma da dove nasce l’idea per una serie così originale e rivoluzionaria? Le fonti d’ispirazione della serie sono molteplici e variegate: si va da serie televisive come ‘Lo straordinario mondo di Gumball’ a ‘Black mirror’; da videogiochi come ‘Super Mario 64’ e ‘The Stanley parable’; fino a influenze letterarie come ‘Alice nel paese delle meraviglie’ e ‘Il mago di Oz’. Ma se c’è una fonte d’ispirazione che ha influito maggiormente nello sviluppo della storia, essa è da ricercarsi in un racconto di fantascienza ad opera di Harlan Ellison, pubblicato nel 1967 sulla rivista ‘If’. Il racconto in questione è ‘Non ho bocca, e devo urlare’ (anche noto con il titolo: ‘Il computer sotto il mondo’), una storia che appartiene alla fiorente corrente della fantascienza ‘New Wave’, e tutt’oggi considerata un grande classico della narrativa sci-fi. La storia è ambientata nell’anno 1995, dopo una disastrosa guerra nucleare scatenata dal super computer ‘AM’. Al centro della vicenda troviamo cinque personaggi tenuti in ostaggio dalla spietata intelligenza artificiale, all’interno di un grande complesso sotterraneo. I cinque sono gli unici sopravvissuti della razza umana, e sono costantemente sottoposti a ogni genere di tortura da parte dell’ormai psicotico super computer, il quale grazie alle tecnologie di cui dispone li ha resi praticamente immortali. Il tutto è incentrato sulle mille peripezie che i protagonisti devono affrontare durante la loro prigionia, e sulle svariate torture fisiche e psicologiche che devono subire da parte dello spietato Dio di silicio. La Goodwin prende a piene mani dalla storia di Ellison e la rielabora in modo estremamente originale, mischiandola con tutto quello che la cultura mainstreaming ha fornito fino ad oggi. Come detto prima le fonti d’ispirazione sono molteplici, ma a parte il racconto di Harlan Ellison, l’altra fonte d’ispirazione che ha influito maggiormente nello sviluppo di ‘The amazing digital circus’ è un anime dei primi del duemila, il primo ad essere realizzato interamente in CGI, noto con il nome di ‘Popee the Performer’. Lo show vede al centro della trama il personaggio di Popee, un apprendista clown, e il suo fidato assistente Kedamono, un lupo dalle mille maschere, che decidono di aprire un circo in cui potersi esercitare in vari spettacoli circensi. Tuttavia, tra una pausa e l'altra, ci sarà sempre qualcosa che farà andare tutto storto, che si tratti di rabbia, gelosia o semplice fame. La serie (completamente priva di dialoghi) è piena di gag demenziali e situazioni al limite dell’assurdo, ed è tutta incentrata sulle performance slapstik di Popee e Kedamono, ma la cosa che rende questo show televisivo così unico è il fatto che sia intriso di un macabro umorismo nero e scene esplicitamente splatter, nonostante sia un prodotto dichiaratamente per bambini e ragazzi. Il pregio principale di ‘The amazing digital circus’ è quello di essere riuscito a fondere la visione distopica e inquietante del racconto di Ellison con l’umorismo nero e demenziale di Popee, creando un perfetto mix dal potenziale infinito.
Orrore liminale
Nel maggio 2019, in uno degli infiniti subreddit di 4Chan, venne pubblicata una foto apparentemente innocua. Si trattava di un ufficio deserto, inquadrato leggermente di sbieco e illuminato da luci al neon. Le pareti erano gialline, ricoperte da un’anonima carta da parati. Non c’erano tracce della presenza umana, presente o passata. L’ingresso alla stanza sembrava dare su di un corridoio, mentre all’interno si intravedevano ulteriori due uscite (di cui una fiocamente illuminata, dando l’impressione che dietro l’angolo ci potesse essere chissà che cosa). ‘The Backrooms’, così furono subito ribattezzati quegli ambienti così sottilmente inquietanti, ebbero un successo immediato. Eravamo nel puro eerie di Mark Fisher, per la precisione in presenza di un “fallimento di presenza” («Niente dove dovrebbe esserci qualcosa»), e l’impatto di quell’immagine portò all’attenzione di tutti l’idea di orrore liminale. La Goodwin fa ampio uso dell’orrore liminale all’interno del primo episodio di ‘The amazing digital cirucus’; infatti, escludendo gli ambienti del lago e della fiera (che verranno con tutta probabilità esplorati in altri episodi), tutta l’azione si svolge all’interno del tendone del suddetto circo. Il posto è rappresentato come un immensa area giochi per bambini piena di scale, scivoli, porte, stanze e giocattoli fuori misura; sotto questa patina colorata e rassicurante da show per ragazzi, si nasconde un ambiente inquietante pieno di misteri e segreti agghiaccianti. Il primo esempio di orrore liminale lo abbiamo nel corridoio dove sono situate le stanze dei personaggi: rappresentato come un ampia galleria con porte su entrambi i lati, sulle quali è posta l’effigie del personaggio a cui appartiene la stanza. La prima cosa che notiamo è che alcune di queste effigie sono barrate da una x rossa, a simboleggiare l’assenza del suddetto personaggio a cui appartiene la stanza; che fine hanno fatto? Questo semplice particolare che salta all’occhio, non è altro che un’anticipazione dell’orrore che i personaggi di Pomni, Ragata e Jax si troveranno ad affrontare di li a poco. L’altro esempio di orrore liminale all’interno del primo episodio, è quando Pomni convinta di aver trovato una via d’uscita, finisce in un ambiente simile alle ‘Backrooms’. Il senso di angoscia e smarrimento è totale, mentre assistiamo alla corsa forsennata della protagonista all’interno di angusti corridoi, anonimi uffici e asfissianti sale d’aspetto, il tutto condito da riprese e sequenze che omaggiano videogiochi come ‘Resident evil’, ‘Silent Hill’ e ‘Dead space’. Nella narrativa horror siamo ampiamente abituati a vedere i protagonisti intrappolati in ambienti isolati come: castelli, case stregate, edifici assediati dagli zombi, astronavi e mondi alieni. L’isolamento è un elemento essenziale di ogni storia horror, solo che trovarlo all’interno di un cartone animato è qualcosa di veramente destabilizzante. I lavori della Goodwin si distinguono per uno spiccato e graffiante umorismo nero e per un senso di capovolgimento dell’ordinario; infatti, in ‘The amazing digital circus’ questa dimensione perturbante si nota, nonostante sia mascherata da show per bambini.
Intrattenimento a tutti i costi
Una volta Charles Bukowski disse: “Che fine ha fatto la semplicità? Sembriamo tutti messi su un palcoscenico, e ci sentiamo tutti in dovere di dare spettacolo”; in questa semplice frase è riassunto il significato nascosto dietro a ‘The amazing digital circus’. Al giorno d’oggi l’intrattenimento è diventato l’obbiettivo principale di ogni forma d’arte e spettacolo. Se prima ogni forma d’intrattenimento era un mezzo per veicolare idee e concetti profondi sulla vita e la società, oggi è solo intrattenimento e nient'altro. Internet è un esempio lampante dell’aridità concettuale che affligge l’occidente; la gente preferisce guardare l’ultimo video demenziale che circola in rete, piuttosto che seguire un podcast sugli effetti del cambiamento climatico o sui pericoli legati all’uso spropositato dei social network. L’obbiettivo principale di tutti è diventato quello di generare intrattenimento, non importa cosa posti su YouTube, TikTock o Facebook, l’importante è che fai il maggior numero di visualizzazioni nel minor tempo possibile. ‘The amazing digital circus’ non è altro che una gigantesca critica alla cultura dello spettacolo digitale; il circo è una metafora di internet, dove più persone entrano più bestie si vedono; i personaggi hanno tutti nomi fittizi, ciò simboleggia la perdita d’identità in favore di nickname accattivanti che facciano presa sul pubblico; per ultimo una volta entrati nel circo, tutti i personaggi devono sottostare ai giochi e alle sfide sottoposte dal presentatore Caine, altrimenti la pena è quella di impazzire per poi finire relegati nella cantina, insieme agli altri personaggi corrotti e astratti. Il senso di questo retroscena inquietante è che quando entri nella cultura di internet, non puoi startene con le mani in mano, devi generare contest; non importa cosa posti sul tuo canale o sul tuo profilo, l’importante è che mantieni alto il numero delle visualizzazioni, altrimenti vieni scartato in favore di qualcos’altro. In un periodo dominato dalla nostalgia, la cultura di massa è sempre più affamata di novità e incomincia a sentire il peso dei remake e dei reboot delle vecchie glorie del passato; ‘The amazing digital circus’ è stato un fulmine a ciel sereno nel panorama dell’animazione indipendente, ma anche un campanello d’allarme sullo stato dell'intrattenimento odierno. Al giorno d’oggi siamo così ossessionati dal mantenere alto il livello delle visualizzazioni, che dimentichiamo ogni concetto o contenuto che volevamo trasmettere all’interno del nostro podcast, canale o profilo, riducendoci a mucchio di buffoni che dovono intrattenere un eterno pubblico invisibile a tutti i costi.
Originale e corrosivo
In conclusione cosa si può dire del nuovo, promettente, progetto targato ‘Glitch Productions’? Che nonostante sia un lavoro indipendente, esso si è rivelato un gigantesco schiaffo morale all’intero mondo dell’animazione; le sequenze, i personaggi, gli ambienti, la colonna sonora e le animazioni sono curate nei minimi dettagli, niente è lasciato al caso e tutto, anche il dettaglio più infinitesimale, è pensato e integrato in funzione della storia. La critica professionista ha definito il lavoro della Goodwin “Originale e corrosivo”, e non c’è termine più azzeccato di questo. Anche se molti hanno paragonato ‘The amazing digital circus’ ai lavori di Tim Burton e John Lasseter, messi a confronto i due elementi si annullano a vicenda; oltre ciò le battute sono state elogiate come "cronometrate con perfezione fotogramma per fotogramma", con un senso dell'umorismo "maturo" ma "non eccessivamente volgare". Anche l'animazione è stata elogiata come "meravigliosa ed espressiva". Ma i veri punti di forza del circo digitale sono tre: la sua storia originale (anche se infarcita di alcune citazioni pop), la sua aura inquietante confezionata all’interno di una cornice ipercolorata, ma soprattutto la sua spietata e corrosiva critica verso il mondo dell'intrattenimento. Al giorno d’oggi l’industria dell’animazione ha avuto pochi guizzi di originalità. Colossi come la Disney e la DreamWorks e servizi streaming come Netflix e Prime Video, si sono alla fine rivelati incapaci di rincorrere le vere esigenze del pubblico, finendo irrimediabilmente impantanati nella stagnazione creativa. Ad aggravare ancora di più la situazione c’è poi la lievitazione dei costi di produzione e dei mancati indici d’ascolto che hanno portato alla cancellazione improvvisa di serie originali e ben avviate come ‘Final space’ e ‘Inside job’. La ‘Glitch Productions’ con ‘The amazing digital circus’ ha ribaltato completamente ogni pregiudizio sul mondo dell’animazione indipendente, dimostrando che per ottenere un buon prodotto d’intrattenimento non servono grandi compagnie o budget astronomici, ma una solida idea di partenza e tanta inventiva. Di recente la prima stagione della serie è stata confermata per un totale di nove episodi, con il secondo episodio pubblicato lo scorso tre maggio su YouTube, battendo il record del primo per un totale di trenta milioni di visualizzazioni raggiunte in un solo giorno. Anche se non ci sono conferme per una seconda stagione, la serie di Cooper Smith Goodwin è rapidamente diventata un fenomeno di culto, al pari di altri prodotti indipendenti come ‘Happy tree friends’ e ‘Don't Hug Me, i'm Scared’. Una serie anomala e strepitosa, in grado di far sorridere e inquietare il pubblico di tutte le età, e di cui aspettiamo con ansia nuovi episodi sulle avventure di Pomni e degli altri strambi personaggi di questo fantastico circo digitale.