Una classifica dei migliori film di piccoli mostri degli anni ottanta. Cinque pellicole con creaturine ripugnanti come protagonisti, Tra risate e orrore puro.
Nel gennaio 1961 nella serie ‘Ai confini della realtà’ andò in onda l’episodio dal titolo ‘Gli invasori’: nella puntata vediamo una donna di provincia rurale che deve fronteggiare da sola dei piccoli invasori alieni. Con questo episodio, sceneggiato da Richard Matheson, vennero piantati i semi di quello che negli anni ottanta diventerà noto come il genere dei ‘Little monster movies’, ossia, quei film dove un gruppo di persone deve fronteggiare un’orda di piccole creature ripugnanti. La paura delle cose piccole, anche detta ‘Microfobia’, è molto diffusa nelle varie culture del pianeta. Che si tratti del Piccolo Popolo del nord Europa, dei Kappa del Giappone o degli sconosciuti Tokoloshe della mitologia africana, il pensiero di trovarsi accerchiati da un’orda di creature alte quanto un piede è qualcosa di agghiacciante e seriamente disturbante. Durante gli anni Ottanta, con l’evoluzione della tecnologia animatronica, il mondo del cinema venne invaso da una serie di piccole creature assetate di sangue e con uno spiccato gusto per la violenza. In questa rubrica, escludendo film di produzione recente come: ‘Non avere paura del buio’ e ‘Unwelcome’, tratteremo cinque film degli anni Ottanta con al centro un gruppo di creaturine da brivido: dai più noti ‘Gremlins’ di Joe Dante ai pestiferi ‘Ghoulies’ di Charles Band. Ecco a voi una classifica di sei pellicole con protagonisti dei mostriciattoli tutt’altro che amichevoli.
The pit
Jamie Benjamin, un dodicenne introverso e solitario, ha due due soli amici: Teddy, un vecchio orsacchiotto di pezza, e i "Trogs", misteriose creature del sottosuolo che ha sentito grugnire in fondo ad una cavità naturale, nel bosco vicino casa. Jaime si preoccupa di nutrire i "Trogs": dapprima compra per loro pezzi di carne cruda, poi, terminati i risparmi e avendo difficoltà ad attirare nel pozzo gli animali da cortile, vi precipita le persone che gli sono antipatiche. Qualche anno prima dell’uscita di ‘Gremlins’, il genere dei ‘Little monster movies’ mosse i primi timidi passi con questo film indipendente diretto da Lew Lehman nel 1981. Nonostante la presenza dei ripugnanti “Trogs”, il film appartiene all'ampio filone dei bambini problematici: ragazzini nel migliore dei casi disadattati, socialmente incapaci di stringere relazioni col prossimo, dileggiati, grandi appassionati di amici immaginari nonché sessualmente attratti da qualche ragazza più cresciuta che naturalmente può solo trattarli con tenerezza. Al Jamie di questo film non manca nulla per entrare di diritto nell'ampia cerchia: parla col suo orsacchiotto di peluche (il quale ha occhi che brillano come tizzoni ardenti e funge da ricetrasmittente fra lui e i “Trogs”), è preso di mira da vicini e compagni di scuola, è innamorato della sua baby sitter e, in aggiunta, è l'unico a sapere che nel bosco vicino a casa c'è una buca in cui si nascondono dei mostriciattoli cannibali, che se ne stanno lì in attesa che il loro piccolo amico gli porti un po' di carne da mangiare. E quando la carne finisce ecco che Jamie la sostituisce con qualche suo personale nemico, spinto a forza nella buca e dato in pasto ai piccoli antropofagi cui la sua baby sitter si rifiuta di credere. Sotto certi aspetti il film è una semplice favola nera senza troppe pretese e senza colpi di scena eclatanti, che fa dell’atmosfera e dell’ossessione morbosa del giovane protagonista i veri punti di forza della vicenda; è interessante notare come sia centrale il rapporto tra il protagonista e la dolce baby-sitter, che cerca con pazienza di fargli capire quanto il loro sia un amore impossibile. E' infatti solo da metà film in poi che la buca comincia a ricoprire un ruolo importante, diventando lo sfogo per un Jamie che decide di prendere due piccioni con una fava: cibare gli amici ed eliminare i nemici, mentre la polizia al solito brancola nel buio senza riuscire a trovare alcuna traccia delle persone scomparse. Anche senza la presenza dei “Trogs”, il film di Lehman è una pellicola raccapricciante e fortemente disturbante ancora oggi, nonostante all’epoca sia passata completamente inosservata dal pubblico del periodo.
Gremlins
Rand Peltzer, un inventore fallito, compra a Chinatown, nella bottega di un vecchio cinese, un regalo di Natale per il figlio Billy. Si tratta di un delizioso animaletto, un Mogwai, che non può soffrire assolutamente la luce, l'acqua e non deve mangiare dopo la mezzanotte. Billy però, pur non volendo, trasgredisce queste disposizioni e succede un finimondo: dal grazioso e mite animale nascono dei mostriciattoli orripilanti e malvagi che iniziano a seminare il terrore nella cittadina americana dove vive la famiglia Peltzer. Anni dopo il raccapricciante ‘The pit’, i registi Joe Dante e Steven Spielberg, unirono le forze per dare vita a un film destinato a fare la storia del cinema di quel periodo. L’idea di partenza venne all’esordiente sceneggiatore Chris Columbus, che prese spunto dall’omonimo libro di Roald Dahl del 1943, da cui lo stesso scrittore aveva anche tratto una sceneggiatura commissionata dalla Disney destinata però a restare un progetto irrealizzato. Nel libro si raccontava di queste creature impertinenti che si diceva causassero danni inspiegabili agli aerei della Royal Air Force durante la guerra. Dall’opera di Roald Dahl, in realtà, Columbus prelevò solo i gremlins, scrivendo poi una nuova storia tutta sua. Dopo tanto girare, la sceneggiatura arrivò sulla scrivania di Spielberg; la storia di un gruppo di creaturine orripilanti che semina scompiglio e distruzione in una città di provincia durante il periodo natalizio, gli piacque così tanto che approvò il progetto, ma ad una condizione: dev’essere un film per tutti. La prima bozza di sceneggiatura aveva un taglio molto più cupo e orrorifico, con varie scene gore e splatter. Oltre al fatto che Gizmo (il Mogwai) avrebbe dovuto essere l’antagonista principale, che si trasforma volutamente in gremlin. Dopo un ulteriore riscrittura per ammorbidire i contenuti macabri e l’inserimento del gremlin dal ciuffo bianco come nuovo antagonista, il film fu pronto a partire con Joe Dante in cabina di regia. La storia unisce fantastico, orrore e commedia. L’approccio con cui Dante ci presenta il suo Gremlins è quello di una favola nera, a partire dalla voce fuori campo di Randall Peltzer che introduce la vicenda in abbinamento alla suggestiva ambientazione di Chinatown che ospita il pittoresco negozietto di Mr. Wing. Il primo atto serve ad impostare un contesto quasi rassicurante che farà più fragore nel momento in cui dovrà essere capovolto. Vigilia di Natale, piccola ed innevata cittadina americana, allegra famigliola un po’ sopra le righe ma genuina ed unita, l’arrivo di un cucciolo tenerissimo (Gizmo, il mogwai). Ad un tratto, il capovolgimento della medaglia. Entrano in scena i gremlins e la horror comedy praticamente deflagra in un modo rivoluzionario. Piccoli mostri assassini che seminano morte e distruzione in un film per famiglie. Un gioco di contrasti fatto di scene che riescono, allo stesso tempo, a proporre violenza risultando divertenti o, altre volte, inquietare nonostante il tono leggero. Con i suoi straordinari effetti speciali, le sue citazioni e ester egg ai film di genere degli anni cinquanta e l’indimenticabile colonna sonora composta da Jerry Goldsmith, ‘Gremlins’ è un film che può andare in onda in televisione tranquillamente durante l’ora di cena nonostante ci sia gente che muore male per mano di mostriciattoli assassini.
Ghoulies
Jonathan, orfano dei genitori, ritorna con la fidanzata nella vecchia casa di famiglia, dove ora risiede soltanto il silenzioso e spaventoso custode Wolfgang. Durante una serata con amici evoca degli spiriti maligni attraverso delle pratiche occulte, ma il potere che deriva dalla magia nera lo affascina e lo cattura in una spirale di perdizione, che lo porta a resuscitare il padre, deceduto e sepolto in giardino, il quale, preso il controllo delle ripugnanti creature, scatena una feroce mattanza nei confronti degli sventurati ragazzi. Dopo il grande successo di ‘Gremlins’ non passò molto tempo prima che qualcuno decidesse di percorrere il solco lasciato dal film di Joe Dante, con una pellicola dalla trama alquanto casereccia, ma che poteva contare sulla presenza di piccoli esserini dall’aspetto ributtante. Quel qualcuno era Charles Band, che un anno dopo l’uscita di ‘Gremlins’ propose i ‘Ghoulies’ al pubblico di mezzo mondo. I Ghoulies del titolo si inspirano alle creature del folclore britannico note come “Imp”; secondo la cultura popolare gli “Imp” sono un genere di demoni di ceto basso, evocati dagli stregoni e dalle streghe allo scopo di servirli durante le loro malefatte. Il film prodotto da Band riprende queste antiche credenze popolari e le rielabora in chiave moderna; purtroppo il risultato finale è alquanto discutibile. Nonostante i suddetti mostriciattoli siano ben fatti e curati nei minimi dettagli, essi non sono i veri protagonisti della vicenda; tutta la trama del film (abbastanza confusionaria come quasi tutte le produzioni di Band) ruota intorno al personaggio di Jonathan e alla sua lenta discesa negli abissi dell’occultismo e della follia. Il tutto viene reso più pesante da un livello tecnico generale non propriamente eccelso, dalla regia acerba dell’esordiente Luca Bercovici e da uno script che tenta palesemente di allungare il brodo con il solo scopo di raggiungere una durata accettabile. Il problema più grave è che viene a mancare proprio quella scorrevolezza che dovrebbe essere consona a prodotti di questo tipo, alle volte capaci di risultare godibili nonostante le imperfezioni. Negli ultimi 20 minuti, però, ci si diverte tra morti che tornano in vita, strani nani e una serie di efferatezze ad opera dei nostri mostriciattoli, ingredienti che rendono il terzo atto la porzione migliore di questo film assurdo. ‘Ghoulies’ non è certo all’altezza del film di Joe Dante, ma grazie alla sua carica di nonsense e alla presenza dei suddetti piccoli abomini, è riuscito a ritagliarsi lo status di cult del trash anni ottanta, oltre a diventare un icona per i fan dell’horror di tutto il mondo.
Critters – gli extraroditori
Fuggiti dalla prigione di una galassia aliena, i critters, pelose creature assassine che mangiano qualsiasi cosa, inseguiti da feroci cacciatori di taglie, finiscono sulla Terra, in una fattoria del Kansas dove scoprono che gli esseri umani sono un cibo davvero appetitoso. I contadini dovranno combattere con ogni mezzo per evitare di essere divorati dagli spietati extraterrestri. Dopo i Gremlins e i Ghoulies, nel 1986 un altro gruppo di mostriciattoli ripugnanti arrivò dallo spazio profondo per seminare morte e distruzione. considerato un cult degli anni ottanta grazie allo humour nero e agli ottimi effetti speciali pratici forniti dai fratelli Chiodo (futuri registi del cult ‘Killer klowns from outer space’), ‘Critters – gli extraroditori’ segna l’esordio alla regia del giovane montatore Stephen Herek. L’idea di base venne allo sceneggiatore Domonic Muir, il quale strinse amicizia con Herek mentre questo stava lavorando al montaggio del film low-budget ‘I cavalieri del futuro’; la bozza iniziale trattava di questa famiglia alle prese con invasori alieni dall’aspetto da rettile, decisi a banchettare con la loro carne prima di rimettersi in viaggio nell'iperspazio. Dopo l’uscita di ‘Gremlins’, Herek pensò fosse meglio modificare il design degli alieni per renderli meno simili ai mostriciattoli di Joe Dante; per farlo si inspirò a un incubo che fece da bambino, dove veniva attaccato da dei mostri pelosi dalle bocche larghe irte di denti acuminati. Anche i fratelli Chiodo contribuirono al design finale delle creature inspirandosi a Taz il diavolo della Tasmania dei Looney Tunes; il risultato furono una specie di ricci dalle bocche smisurate con ben tre file di denti aguzzi. Dopo aver proposto il loro film a vari studios, trovarono finalmente appoggio dal produttore Robert Shaye della New Line Cinema che, dopo il grande successo di ‘Nightmare – dal profondo della notte’, stava cercano un nuovo progetto a sfondo horror in cui investire. A differenza dei Gremlins, i Critters sono più cupi, pericolosi e violenti. Non aspettiamoci quindi di vedere mostriciattoli simpatici e politicamente scorretti perché le palle di pelo spinoso venute dallo spazio sono fatte di tutt’altra pasta. Oltre alle bocche irte di denti, le pestifere creature possono anche sparare aculei narcotizzanti per immobilizzare le prede, il ché li rende ancora più pericolosi e subdoli. Nonostante la loro pericolosità, il gore presente nel film è veramente poco per non dire nullo: le scene dove i Critters dovrebbero sbranare i poveri malcapitati a colpi di morsi da tagliola, sono solo suggerite o mostrate parzialmente; il sangue che viene mostrato è alquanto esiguo e i danni più grossi sono provocati dai maldestri tentativi dei due cacciatori di taglie spaziali per catturare i Critters. I mostriciattoli di Herek non sono certo all’altezza di quelli di Dante, ma riescono comunque a divertire e intrattenere con il loro aspetto repellente e le loro gag al limite del ridicolo.
Non aprite quel cancello
La rimozione di un albero colpito da un fulmine apre una grossa voragine nel giardino di Glen. Il ragazzo, insieme al suo amico Terry, appassionato di occultismo, si rende conto che in realtà il buco collega il nostro mondo con quello degli inferi. Aiutati dalla sorella di Glen, i ragazzi cercano di evitare che diavoli e demoni invadano la terra. Se i Ghoulies e i Critters sono dei cloni mal riusciti dei Gremlins, non si può dire lo stesso dei demonietti di questo horror adolescenziale uscito nel 1987. Diretto dall’esordiente Tibor Takács, ‘Non aprite quel cancello’ (meglio noto con il titolo ‘The gate’) è una summa di tutto il cinema fantastico e orrorifico degli anni ottanta. A distanza di anni il film sfoggia ancora un notevole appeal, anche grazie ad una serie di incursioni nel dark fantasy e nella cultura haevy metal che lo rendono un mix molto originale che regala ancora oggi qualche nostalgico brivido, specie per i notevoli effetti speciali che omaggiano Ray Harryhausen e Phil Tippett. Nel film i mostri non compaiono fin da subito e l’azione esplode solo nella seconda parte. Nella prima metà invece ci si concentra molto di più sui tre protagonisti e sul rapporto che c’è tra loro. In questa prima parte, nonostante l’attenzione perlopiù incentrata sui tre personaggi principali, assisteremo a eventi strani e sovrannaturali che ci prepareranno per il delirio che seguirà dopo. Quando i demonietti entrano in scena è un susseguirsi di possessioni, morti che tornano in vita e situazioni che ricordano il cinema di Steven Spielberg e Sam Raimi; il tutto culmina con lo scontro finale tra il protagonista e il signore dei demoni, un essere mostruoso che sembra uscito da un incubo lovecraftiano. A differenza delle altre produzioni del genere, il film di Takács non vuole copiare ‘Gremlins’, al contrario, il film vuole metterti paura e ci riesce a pieno titolo. Fra i mostriciattoli visti finora i malefici demonietti di ‘Non aprite quel cancello’ sono qualcosa di sinceramente aberrante e terrificante; qualcosa in grado di farti controllare sotto il letto prima di andare a dormire e di lasciarti con il timore di essere osservato da una miriade di occhietti che brillano nel buio della tua stanza.